21/10/2009 ● Cultura
Il "calice" nei documenti del 1548
Sin da quando ero sui
banchi di scuola, mi stupivo che la storia che studiavamo parlasse solo di re,
imperatori, guerre, vittorie, sconfitte. E mi chiedevo: ma la gente comune
dov’era? cosa faceva? Come viveva? Che pensava? Quasi sempre, questa veniva
menzionata solo quando c’erano saccheggi e stragi. Eppure ero convinto che non
fosse stata messa a questo mondo solo per essere ammazzata durante le guerre o
morire a causa di carestie e pestilenze. Pur non prendendo parte alle decisioni
importanti, essa viveva la sua vita propria, umile forse, ma pur sempre densa di
avvenimenti, quali procurarsi il cibo, maritare una figlia, acquistare o vendere
una casa, delle merci, litigare, fare festa; Tutto ciò come lo vogliamo
chiamare: “storia minore”? E sia. Ma per questo è meno importante? E bisogna
essere un grande storico per trattare tali argomenti? Non credo. Anzi, molte
volte, questo genere di storia viene percepita appena da costoro, mentre per la
gente comune è proprio questa la parte più interessante; quella che spiega certi
comportamenti attuali e un certo modo di pensare.
Questo mondo minore, lontano dalle corti e dai grandi personaggi, ci viene
raccontato dai notai. Umili burocrati statali la cui opera importantissima ci
permette di ricostruire un mondo di cui non sarebbe rimasta traccia.
A Guglionesi, come ho già detto abbiamo la fortuna di possedere quattro volumi
di atti notarili del XVI secolo. Essi ci permettono di ricostruire la vita del
nostro paese e in fondo di tutti i paesi del regno di Napoli in quel secolo.
Il frontespizio di un paio di essi, come ho accennato in precedenza, presenta
una scritta che forma un calice. Ecco il contenuto di quello che si trova nel
volume del 1548, cioè di quello presentato nel numero precedente di
Fuoriportaweb.
“Nel nome di nostro signore Gesù Cristo amen. Questo è un libro, ossia
protocollo scritto da me Giovanni Leonardo di Manfrodino della città di
Lanciano, abitante a Guglionesi; ovunque e per tutto questo regno di Sicilia al
di qua del faro, con apostolica e imperiale autorità e per tutto il predetto
regno, regio pubblico notaio; fatto nell’anno dello stesso signore nostro Gesù
Cristo mille cinquecento 48, sesta e settima indizione. Regnanti i serenissimi
illustrissimi signori nostri don Carlo V d’Austria, per grazia e clemenza
imperatore sempre augusto
dei romani, re di Germania. E donna Giovanna d’Aragonia, madre dello stesso
Carlo suo figlio primogenito, re dei castelli di Aragona, delle due Sicilie,
Gerusalemme, Ungheria, Dalmazia, Croazia, loro regni. In questo regno di Sicilia
di qua del faro, nell’anno trentatreesimo di età, al diciannovesimo anno
felicemente regnante. Nel quale si scrivono tutti i trattati, testamenti e
rogazioni dell’anno predetto che saranno richiesti e infrascritti di mia propria
mano. A fede perpetua ho scritto e segnato il presente titolo col mio proprio
usuale segno notarile.”
A partire da questo numero, di volta in volta, esamineremo i documenti più
significativi che ci permetteranno di ricostruire la vita che si svolgeva a
Guglionesi in quel periodo.