17/8/2009 ● Cultura
La strada smarrita, da "Serafino da Vicenza" a "Napoleone III"
Caro Luigi, traendo spunto dal
sondaggio che proponi in questi giorni in merito all’intitolazione a G. Manente
del nostro Cinema Teatro e che ritengo una cosa da farsi, vorrei proportene un
altro che accenda i riflettori sull’opportunità di riparare il torto fatto ad
uno dei personaggi storici da me più amato per la sua sanguignità e per l’atto
eroico che fece in un contesto storico alquanto tragico per il nostro paese.
A questo personaggio fu intitolata a furor di popolo, la strada che partiva
dalla porta inferiore della cinta muraria e che era stata teatro delle sue gesta
nell’anno 1567.
Mai attribuzione fu più meritata, ma qualcuno, come direbbe il nostro amico
comune Felice, ha semplicemente ”cassato” la strada.
Quando e perché, io non lo so ma ho la netta sensazione che sia avvenuto nel
nome di una modernità spicciola e paesana.
Percepire il “progresso” come un ripartire da zero, rimuovere il passato come
vecchio, scaduto, andato, ammuffito, inutile, è una distorsione congenita in
molte nostre istituzioni locali e nazionali.
E’ quello a cui assistiamo ogni giorno: passato un governo si butta tutto ciò
che ha fatto di bene o di male e si ricomincia punto e a capo definendo incapaci
i passati amministratori.
Questo circolo vizioso ci rende tutti più poveri, ci nega il vero progresso e ci
fa annaspare in una sostanziale e tragica fibrillazione permanente.
Per progredire bisogna certamente protendersi in avanti ma i piedi devono avere
radici solide aggrappate all’humus della nostra storia, è così che si evita di
“sfrsciart u muss”.
Nel caso di Guglionesi, poi, la scarsa attenzione alla nostra storia denuncia
una “colpevole” ignoranza a livello personale, se pensiamo al lavoro
appassionato che tanti guglionesani hanno fatto nel corso del tempo e a diverso
titolo per offrirci le tante fonti di cui oggi disponiamo.
Per verità e giustizia, non possiamo dimenticare il lavoro basilare che ha fatto
e che continua a fare il nostro don Gabriele che, pur non essendo guglionesano
di origine, nei fatti lo è più di tutti noi per l’amore dichiarato e dimostrato
che ha per la nostra città.
Ormai avrai già capito che la strada smarrita che ho nel cuore è quella
intitolata a Serafino da Vicenza.
Di essa, fino a qualche anno fa, resisteva ancora la targa sul muro adiacente
alla chiesa del SS. Rosario.
Rimase lì, in qualche modo protetta dall’albero che si trovava sul marciapiede,
fino a quando il muro stesso non è stato ristrutturato.
Nella pubblicazione Guglionesi - Guida turistico-culturale, Edizioni
Enne,1989 a cura dei proff. Gizzi e Lemme viene riportata una planimetria
toponomastica di fine 1700 in cui compare l’antico nominativo della via e una
nota in cui gli autori la dichiarano inesistente già alla data cui sopra.
Per comodità e diletto di chi volesse rileggere questa pagina tragica e nello
stesso tempo eroica della nostra storia, riporto con vero piacere il racconto
pieno di vigore e di partecipazione che fece Rocchia.
(Dalla Cronostoria di Guglionesi di Angelo Maria Rocchia edizione luglio 1991 a
cura di Gabriele Morlacchetti, pag.134 e 135)
"(...) Nel che stando, si distesero alcune compagnie di Turchi sino a Coionese
Terra verso la montagna, i Terrasani della quale intendendo che venivano i
Turchi, volevano fuggire alla montagna, ed abbandonare la Terra.
Nella cui avendo noi una casa con D.Serafino da Vicenza nostro Canonico, il
quale tolto l'archibugio in collo, ed il morione in testa, corse(col valore di
sangue Vicentino)da' Sindaci della Terra, dicendo: ah ch'egli non si fa così
Signori; volete voi sì vilmente abbandonare la vostra Terra e case fornite per
quattro ladroncelli che vengono alla brusca, scorrendo la campagna; noi siete
voi in Terra ben murata, di chi temete? credete forse che condurranno
artiglierie da battere le mura, o che abbiano le ali da volare? non siete voi a
loro cavalieri? fermatevi dunque e riportasi la gente alle mura, se non volete
acquistarvi eterna infamia e venir meco, e punto non dubitate,fidandovi nel
divino ajuto, quale vedrete tosto in vostro favore.
Fu tale la persuasione dell'animoso Religioso, che armandosi di fatto tutti,
andarono seco a distrubuire la gente per le mura, portando le donne tutti i
sassi che trovavano per il paese, attorno le mura, con cui eglino volevano
altresì combattere.
Onde posta tutta la gente in ordine a combattere nelle mura aspettando
coraggiosamente il nemico. Dirizzò il prefato Religioso con alquanti
Archibusieri verso la Porta inferiore della Terra, la cui porta vecchia avea
molti buchi, e larghe fessure, nè a raccordo d'uomo era stata chiusa, ove stando
alla mira che giongessero i Turchi, i quali non guari indugiarono a comparire,
facendo ala alquanto discosti alla porta. Fra questi vi era uno riccamente di
cremisino, che si giudicava essere alcun Capitano, o altro personaggio
segnalato.
Disse allora D.Serafino: lasciatemi tirare il primo a quello vestito d'armisino,
e tosto ciascun di voi togli di mira uno di que' primi che pajano principali.
I Turchi alzando le voci fino al cielo,fecero una solenne gridata,come son
soliti per atterrire gli animi;nel cui mentre D.Serafino tirò al vestito d'armisino,a
cui colpendo nel petto, buttollo colle gambe all'aria;e di mano in mano facendo
gli altri lo simile, prendendo in collo il vestito d'armisino, so posero in
fuga, sicchè la Terra rimase salva e lieta mediante il valore industria e
persuasione del nostro prefato D.Serafino (...)" [Anno 1567]).