17/3/2009 ● Cultura
Fellini, Berlusconi e la televisione
Gli Italiani? 60 milioni di pecoroni, prigionieri della televisione di Silvio Berlusconi. Questo è il messaggio subliminale che Federico Fellini lanciava nel lontano 1986 nella pellicola Ginger e Fred, che ho rivista con grande piacere qualche giorno fa, otto anni prima che il Cavaliere si lanciasse nell’agone politico.
Nel 2009, dopo 15 anni di regime berlusconiano, colpisce l’infima qualità dei palinstesti televisivi italiani dominati dall’autocensura o da un becero servilismo, dai reality show, dalle cosce e dagli ombelichi di vallette, veline e ballerine. In Ginger e Fred Federico Fellini presenta icasticamnete e fa la satira dei macroscopici difetti dell’Italia degli anni '80 già trasformatasi in un paese teledipendente ed afflitto dalla malattia collettiva del consumismo galoppante e pacchiano.
Ginger e Fred è con Lo Sciecco Bianco, La Strada, I Vitelloni, La Dolce Vita, 81/2, Le Tentazioni del Dottor Antonio, Amarcord, Intervista e La Voce della Luna una delle migliori opere di Federico Fellini. Il film racconta la storia di due ex ballerini sulla sessantina, Amelia Bonetti, in arte Ginger ( Giulietta Masina) e Pippo Botticella, in arte Fred (Marcello Mastroianni). Invitati ad esibirsi nello special natalizio della trasmissione televisiva ‘Ed Ecco a Voi’, ripropongono un saggio del loro vecchio repertorio: l’imitazione del tip-tap della celeberrima coppia di ballerini americani Ginger Rogers e Fred Astaire.
La trama della pellicola è lineare, facilmente decifrabile.Comincia con l’arrivo alla stazione Termini di Roma di Ginger e termina con il suo triste addio a Fred, sempre alla stazione ferroviaria, dopo averlo rivisto in albergo ed aver ballato con lui negli studi di una emittente televisiva privata. L’intento satirico nei confronti della società italiana, dove regna un consumismo sfrenato, risalta in modo prepotente grazie alla maestria con la quale un prestigiatore come Fellini sceglie le immagini. Per mezzo di un incisivo montaggio parallelo di dettagli grotteschi, ( la sagoma di un maiale gigantesco sospesa dal soffitto, volti e primi piani di corpi di donne appetitosamente provocanti) quali possono apparire alla vista di una piccola borghese di provincia un po’ all’antica ed anche un po’ ingenua, come è appunto Amelia Bonetti nell’arrivare alla stazione Termini, Fellini fa, dicevo, una satira feroce della società dei consumi e dei tic comportamentali del popolo italiano, captati alla perfezione,- la devozione religiosa con la quale il personale dell’albergo segue alla televisione una partita di calcio, trascurando di occuparsi dei clienti-.
All’albergo vengono trasportati in furgoncino tutte le comparse della trasmissione natalizia. Ed è sempre attraverso il prisma della falsa ingenuità di Ginger che il regista sottolinea gli aspetti più deteriori o bizzarri dell’Italia degli anni ’80. Veniamo cosi’ a conoscere Evelina Pollini, ‘ la benefattrice delle carceri’, ovvero un transessuale che ha come ragione di vita il consolare, offrendo il proprio corpo, i reclusi. Durante la cena un avvocato, come se nulla fosse, parla dell’obbligo di versare venti miliardi di lire se si vuole evitare che la persona sequestrata venga gradualmente sfigurata dai rapitori. Ma è l’indomani negli studi del Centro Spaziale Televisivo, che l’intento graffiante di Fellini acquista tutta la sua forza d’urto.
Gli invitati rappresentano un ventaglio umano al limite dell’incredibile. C’è Fra’ Girolamo da Trivento, una sorta di nuovo Padre Pio molisano, che viene invitato a fare un miracoluccio in diretta, a librarsi nell’aria come fa quando celebra la messa. C’è un ex sacerdote che, usando una tecnica imparata in Amazzonia, riesce a mettere incinta le donne con lo sguardo. C’è una donna che s’è innamorata di un extra-terrestre perchè, la capisce, contrariamente ai tanti ‘cosi su due gambe’ del nostro pianeta. C’è Loris Tartina, una specie di Brigitte Barbot italiana, che guida una crociata contro la caccia, fomentatrice di aggressività nell’uomo. C’è il sindaco di Borgo Sole che fa vedere a tutta l’Italia una mucca straordinaria con la bellezza di diciotto mammelle. C’è un onorevole che digiuna da quaranta giorni ed anche se si regge appena in piedi, tiene molto a partecipare alla trasmissione. C’è anche una creatura straordinaria, Petruzza Silvestri, che ha accettato di vivere un mese senza televisione. Ma, apprendiamo, non ripeterà mai più il suo gesto eroico.Oltre a barboni autentici ed un mafioso anche lui autentico uscito apposta di prigione con tanto di manette, ci sono Los Lilliput, un gruppo di ballerini nani e c’è la banda dei centenari di cui fa parte un ex ammiraglio che viene presentato al pubblico appunto dalla coppia Ginger e Fred.
È il mondo e la logica della televisione dietro le quinte che Fellini decifra e smaschera. La sua è una satira grottesca sul processo attraverso il quale si arriva a creare la malattia collettiva della teledipendenza.Viene così sottolineata e condannata la falsa democrazia del presidente dell’emittente che fa qualche passo di danza con Ginger e saluta fraternamente i vari invitati alla trasmissione mentre si fanno truccare nei camerini. Il riferimento alla falsa amabilità di un magnate di reti televisive private, a Silvio Berlusconi, è appena velato.Va infatti ricordato il dissidio tra Federico Fellini e Silvio Berlusconi il quale aveva introdotto l’abitudine di interrompere la proiezione di un film con l’inserimento di una serie di annunci pubblicitari. Proprio l’abuso della pubblicità che intacca l’integrità di una pellicola era stato fortemente criticato dal regista romagnolo.
Ginger e Fred è quindi una risposta di Fellini alla manipolazione del pubblico fatta dai canali privati che allora proliferavano in Italia. Per mezzo del personaggio di Fred, diventato un emarginato dopo essere stato abbandonato dalla moglie e di essere stato ricoverato in manicomio, Fellini esprime la sua critica acerba di quella che gli appare come una ‘ organizzazione di merda’ o ‘un gigante dai piedi d’argilla’. Fred è intenzionato a creare uno scandalo in diretta, ossia accusare i sessanta milioni di Italiani di essere dei ‘ pecoroni’ che si lasciano intontire da finzioni fasulle. Se Ginger è falsamente ingenua, Fred è cinicamente lucido. Si prende gioco di un famoso scrittore spiegando che l’origine del tip-tap corrisponde all’alfabeto morse degli schiavi neri americani, ed è quindi un linguaggio d’amore e di morte. Il punto culminante della sua lucidità è raggiunto allorché, nel bel mezzo della danza con Ginger, manca la luce. La coppia decide allora di svignarsela senza essere vista, lasciando a bocca aperta tecnici e produttori dello spettacolo televisivo. E mentre sono in procinto di mettere in atto la loro decisione, ritorna la luce e... the show must go on.
Nel nostro mondo dominato sempre di più dai mezzi d’informazione (e dagli anni ‘90 dalla realtà virtuale della rete telematica), una riflessione sul loro ruolo e sull’impatto che stanno avendo sulla nostra quotidianità, era inevitabile. Altrettanto logico era aspettrsi che fosse fatta da Federico Fellini, uno dei principali creatoridel ventesimo secolo di miti e di sogni per mezzo di immagini.
Con Lo Sceicco Bianco, 81/2 e Intervista egli smitizza la finzione cinetografica presentandocela dall’interno.Con Ginger e Fred egli svela il significato ontologico del medium televisivo e ne sottolinea tutta la sua enorme e deleteria portata sociologica, ossia la deliberata e sistematica manipolazione dell’opinione pubblica. Questa pellicola, malgrado la sua valenza ludica, va considerata una profonda riflessione ed una critica sociale acerba, una summa degli aspetti più grotteschi veicolati in tanta TV spazzatura in Italia, ma la satira felliniana è applicabile a tutte le società post-industriali. Le situazioni ed i personaggi al limite del credibile ci fanno ridere, ma anche riflettere e ci lasciano l’amaro in bocca. Non era proprio questo era lo scopo che si era prefisso un burattinaio geniale come Federico Fellini?