31/12/2008 ● Cultura
Il Molise che farne?
"Giuseppe Tabasso, Il
Molise che Farne?, Campobasso, Edizioni Cultura e Sport, 1998" - Giuseppe
Tabasso, affermato giornalista campobassano, ma residente a Roma, ha raccolto in
questo volume i suoi migliori pezzi apparsi sul mensile Molise (da giugno 1992 a
novembre 1993) che aveva condiretto con l’isernino Tarquino Maiorino, anche lui
perspicace giornalista. Il libro consta di una introduzione, delle seguenti tre
parti: “Caro Molise, Molisolamento, E se domani” e di un’appendice, definita
“galleria”, una serie di ritratti di personaggi illustri (il giornalista Gaetano
Scardocchia o il cantante Fred Buongusto, tra gli altri).
La prefazione è di Federico Orlando che definisce il libro, con un pizzico di
apodittica certezza, “ il primo libro serio scritto sul Molise”.
É comunque certo che Tabasso adotta uno sguardo non contemplativo, non
compiaciuto, non convenzionale, non sentimentale nei confronti della sua regione
di origine e si pone, al contrario, problematicamente nei suoi confronti.
Tabasso rifugge così dalle memorie storiche sannitiche, così care ai retori, e
si chiede quale debba essere l’avvenire di una terra in gran parte montuosa e
radicata nella cultura del recinto, ossia in una forma di auto-isolamento
storico. A suo avviso occorre “rompere il MOLISOLAMENTO e proiettare il mondo
nel Molise ed il Molise nel mondo” per far sì che si arrivi all’autogestione ed
al rinnovamento della classe dirigente. Un buon punto di partenza sarebbe
l’inserimento del Molise nella Regione Adriatica ( che dovrebbe comprendere le
Marche, l’Abruzzo ed il Molise. Se la raccomandazione della Fondazione Agnelli
venisse realizzata, costituirebbe un ottimo canale collettore per far defluire
il Mezzogiorno nell’ Europa e far irrompere l’Europa nel Mezzogiorno e così “
sottoporci all’elettrochoc civile ed imprenditoriale di cui c’è bisogno”.
Un’altra raccomandazione, fatta questa in tono faceto, è di eleggere alla
Regione – secondo la raccomandazione del sociologo De Masi- “ solo i candidati
che sanno parlare almeno due altre lingue”.
Il tema ricorrente di Il Molise Che Farne è la necessità di “
sprovincializzazione” che non deve limitarsi a scimmiottare la cultura
americana. Molto meno provinciali sono alcune coppie decorosamente vestite che
si parlano con garbo in un ristorante di Agnone di tanti giovani che si lasciano
intontire dai suoni cacofonici del rock mentre mangiano fast food in locali con
pacchiane scritte in inglese. Non si tratta che di un esempio di un discorso che
il Tabasso fa in filigrana in tutto il volume.
Il Molise ha tanto bisogno di leggere, di un discorso critico per svegliarlo dal
torpore e dall’accidia cui è in gran parte ancorato. Deve sapersi mettere in
sincronia con il mondo post-industriale, approfittando dell’occasione unica che
la rivoluzione nelle comunicazioni offre la cibernetica. Il Molise deve
diventare un magnete di cervelli senza intaccare l’integrità del territorio,
che, anzi, va sempre di più strenuamente difesa.
L’autore definisce questo suo libro un “ antologico zibaldone di spunti,
riflessioni e provocazioni”. Non avrebbe potuto dargli definizione migliore.
L’apparente frammentarietà acquista una logica precisa quando si tratta di far
valere le ragioni delle “risorse immateriali su cui sarebbe vitale programmare
gli investimenti, pena la definitiva condanna al fanalino di coda nazionale”.
Il discorsi del Tabasso oscilla tra la schietta simpatia ed ammirazione della
ricchezza umana presente nel Molise – i suoi ritratti ne sono la conferma- ed il
sottile “postumo spirito di polemica – anche se lo nega- nei confronti di una
classe dirigente che avrebbe dovuto fare di tutto per assicurare la continuata
pubblicazione del mensile Molise, veicolo privilegiato per creare una coscienza
sociale nuova, in vera sincronia con il mondo che conta. ‘Bastava- fa notare
Tabasso –che ogni socio delle camere di commercio regionali versasse un milione
di lire all’anno per riuscirci!’
Giuseppe Tabasso ha il merito di saper guardare dall’esterno la realtà molisana
e di vedere così in maniera lucida i suoi valori, ma anche i suoi tanti limiti.
La delusione di un’operazione di svecchiamento intrapresa ma finita male, è
presente soprattutto nell’introduzione che funge da sintesi concettuale al
volume. Tabasso ha il merito, veramente raro, di aver non solo criticato, ma di
proporre alternative concrete per fare in modo che la sua terra d’origine venga
a far parte del novero del mondo civile con tutti i crismi. Il libro finisce
così col diventare un grido d’amore. Sarà ricambiato?
Post Scriptum: Cos’è diventato il Molise nel 2008? L’analisi impietosa di
Giuseppe Tabasso è ancora attuale? A che serve mantenere in vita una Regione
come il Molise, senza una precisa identità, malgrado i tentativi agiografici
fatti per dargliene una? Il mio convincimento è che in un’Italia che si avvia a
diventare un Paese federale, piccole realtà come il Molise dovrebbero scomparire
e venire a far parte di enti amministrativi geograficamente più estesi. La
classe dirigente molisana si è rivelata politicamente inetta, rissosa, pronta a
difendere solo i suoi tanti privilegi.E lo stesso vale per l’Università del
Molise. Nè c’è da aspettarsi cambiamenti se la classe dirigente avrà come base
un piccolo territorio che riesce a controllare fino all’ultimo voto o all’ultimo
studente. C’è bisogno di un choc collettivo, di un confronto critico, di una
selezione dei quadri capace di competere con altre realtà, sia a livello
nazionale che internazionale.
Il Molise è una realtà in letargo che ha bisogno di svegliarsi. Come riuscirci?
Apriamo un dibattito pubblico, libero, indipendente, aldilà della logica di
partito e della faziosità che la difesa del proprio piccolo ‘particulare’
comporta.