BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000
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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 è attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali è in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (circa 3.200.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


24/11/2008 ● Cultura

Destra e sinistra dopo le ideologie


  Pietro Di Tomaso ● 1509


"Cari amici di 'Fuoriportaweb', ho letto con particolare interesse l'articolo e la lettera di Cloridano Bellocchio pubblicati il 17 e il 20 novembre scorso. Condivido molto del suo argomentare e mi permetto formulare alcune riflessioni da ritenersi assolutamente provvisorie e scritte al solo scopo di avviare un dibattito.
Nel rapporto annuale (2007) 'Demos' per La Repubblica su "Gli Italiani e lo Stato" (diretto da Ilvo Diamanti) in merito alla distinzione fra destra e sinistra, metà degli italiani la considera ancora utile; ma l'altra metà la pensa diversamente, oppure non pensa nulla. Insomma: più che "liquida" (per evocare la felice definizione di Zygmunt Bauman) la società italiana oggi appare "paludosa". Priva non solo di appigli a cui afferrarsi, per trovare stabilità e sicurezza. Ma anche di punti di riferimento, in base a cui orientarsi. Rimane l'area della cosiddetta "antipolitica" (un atteggiamento di totale rifiuto e disaffezione della politica) che occupa attualmente il 22% dello spazio politico. Sono cittadini che rispetto alle tradizionali categorie di destra, di centro e di sinistra, rifiutano assolutamente di definirsi. Non si sentono vicini a nessuna forza politica. Non hanno fiducia nelle istituzioni e rispetto ai problemi del paese pensano che sia tutto inutile, perchè la casta dei politici non sarà mai in grado di fare qualcosa.
Dico subito che il superamento delle ideologie e delle retoriche di destra e di sinistra è un processo ritenuto da molti non solo auspicabile ma inevitabile. Ma se l'approccio ideologico è insufficiente, non significa che tutto è uguale e tutto è indifferente. Si è decretato la morte delle ideologie del Novecento da cui vengono innegabilmente le nostre radici, ma - come osserva il grande giurista Natalino Irti - in questo modo la politica cammina in solitudine nel deserto della quotidianità, nella povertà di orizzonti culturali strategici. A me sembra cruciale - guardando alla situazione italiana - pensare a un futuro in cui uno degli scopi centrali della politica sia quello di consentire alle persone, sullo sfondo dell'uguaglianza delle opportunità, di realizzare i propri progetti di vita. In fondo è una reinterpretazione, alla luce del XXI secolo, dell'articolo 3 della Costituzione italiana. "Patriottismo costituzionale" è l'espressione inventata dal filosofo Habermas. L'idea è quella che solo il riferimento alla legge fondamentale potesse generare la coesione sociale, lo stare assieme. Occorre, a mio avviso, prendere sul serio la libertà delle persone, la loro dignità ed avere a cuore l'equità delle condizioni di partenza per cui le persone possano esercitare responsabilmente la loro libertà. Una prospettiva progressista richiede che ci si lascino alle spalle i residui ideologici che hanno dato anche prove tragiche di sé. Dunque la teoria della democrazia è una cosa, e l'ideologismo è tutt'altra cosa.
La democrazia è sempre a rischio, poggia sempre su un equilibrio precario, può facilmente precipitare nell'autocrazia, nella teocrazia, nella demagogia. Eppure risorge di continuo dalle sue ceneri perchè rappresenta il solo sbocco possibile degli spiriti liberi e dell'aspirazione incomprimibile verso l'equità, il dialogo, la pace, l'esercizio dei diritti di ciascuno e di tutti. In estrema sintesi, oggi si sente l'esigenza di trasferire nuove riflessioni etiche e filosofiche nella pratica politica in modo da comprendere e affrontare i problemi correnti. Servono nuovi strumenti teorici per includere nel discorso elementi inediti intervenuti prepotentemente nel corso degli ultimi anni. Questi elementi sono principalmente la crisi del rapporto tra umanità e ambiente e il dissolversi di identità e istituzioni tradizionali, quali Stati, Etnie, Culture, Nazioni e le strutture che li rendono operativi. La direttiva conservazione/progresso va discussa in modo diverso rispetto ad alcune categorie comuni nel linguaggio e nel pensiero contemporaneo. Oggi, la discriminante tra conservazione e progresso oltre che a livello di modello sociale si pone anche nel rapporto con l'ambiente, la tecnologia e la scienza da una parte, e dall'altra nella questione della globalizzazione che aggiunge a questi temi quello della cittadinanza e delle culture. Il problema fondamentale, oggi, è quello di come ripensare la politica nell'epoca globale, nel mondo globalizzato.
Dobbiamo immaginare la politica - osserva il filosofo Giacomo Marramao (in 'Globalizzazione e Filosofia', Casini editore) - partendo dall'esaltazione di ciò che ci rende singolari, differenti. In breve: dobbiamo pensare una politica che sia guidata dal criterio della differenza e non dell'identità. La globalizzazione ci obbliga al confronto con una serie di alterità culturali, con civiltà ed esperienze diverse. Dobbiamo pensare, dunque, al costituzionalismo come a una nuova dimensione post-statuale in grado non solo di ampliare l'orizzonte dei diritti, ma anche di liberare energie, soggettività e forme di vita aperte al futuro. Qui il nocciolo di un costituzionalismo globale in grado di lasciarsi alle spalle l'epoca delle "passioni tristi" (come le chiamava Spinoza) e di riaprire la dimensione, oggi interdetta, del futuro.
Cordialmente, Pietro Di Tomaso"

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