5/9/2024 ● Cultura
"La fabbrica brucia", tra lavoratori, sindacati e contrattazioni, l'intervista all'autore Sorella
“Inossidabile delegato Fiom”, così è definito Antonio Isidoro Sorella
nell’articolo del Corriere della Sera (12 febbraio 2024), redatto da
Paolo Coccorese in occasione della presentazione del libro “La fabbrica
brucia” a Torino, pubblicato dallo scrittore guglionesano.
Da Guglionesi, borgo del Molise adriatico passato durante gli anni Settanta
dalla vocazione agricola a quella operaia in particolare con la presenza dello
stabilimento FIAT a Termoli, il viaggio in treno di Antonio Isidoro Sorella
verso il Piemonte non fu solo, come per ogni speranza del Meridione racchiusa in
una valigia, l’assunzione in una grande fabbrica del nord, ma un confronto
sociale tra realtà culturalmente diverse. Una parte importante della storia di
vita di Antonio, nel mondo operaio e nella tutela sindacale, riemerge dalla
lettura del suo libro.
La redazione di Fuori Porta Web ha intervistato l’autore del libro “La
fabbrica brucia”, per presentarlo ai lettori del blog in un breve dialogo tra il
passato e il presente alla luce di un futuro incerto nel settore metalmeccanico.
Come presenterebbe l’autore Isidoro Antonio Sorella?
L’autore risulta determinato a perseguire l’obbiettivo prefissato, che è quello
di dare conoscenza della realtà del mondo operaio e sindacale del secolo scorso.
Un'attività di ricostruzione dal basso della vita aziendale finora poco
esplorata e consegna questa memoria storica, che è un evento non ripetibile,
alle nuove generazioni.
Invece, come presenterebbe il suo libro in una scuola?
La fondazione ISMEL si sta interessando a contattare alcuni istituti tecnici
della città di Torino per presentare più che il libro la storia del movimento
operaio e sindacale nella città, dove massima è risultata la cultura industriale
nel secolo scorso. Ci ho pensato, se andrà a buon fine, avrò una platea che è
nata nel nuovo secolo, non devo fare didattica ma portare conoscenza e, come
dice mio nipote diciassettenne, da me consultato, bisogna essere stringati,
andare dritto al punto senza fronzoli.
Farò una lezione comparata tra cosa succedeva il secolo scorso e cosa succede in
questo.
Si può invitare i ragazzi a pensare che prima c’era l’assunzione a tempo
indeterminato oggi il tempo determinato è dominante, specie i primi anni,
chiediamoci quali cambiamenti provoca. Pensare che oggi la tecnologia ha
soppiantato il lavoro manuale (sto parlando in generale) vuol dire che
l’utilizzo dei sistemi informatici per un aspirante lavoratore deve essere un
requisito essenziale così come la lingua inglese. Ed altro ancora.
Il titolo del libro, la scelta?
La scelta del titolo mi venne in mente quando stavo catalogando i documenti e,
nello specifico, stavo rileggendo gli appunti di Giovanni Gaude che ha descritto
puntualmente ciò che era successo quel giorno di agosto del 1989 e i giorni a
seguire. Nello specifico dopo aver spento l’incendio si mise a telefonare a
tutti quelli rintracciabili che erano in ferie, non c’erano ancora i telefonini
e allora si faceva sponda con le famiglie, cioè si avvisava la famiglia perché
avvisasse il lavoratore. Quei giorni stavo in ferie con altri due delegati della
Fiom e relative mogli in Corsica, quando Sergio Melchiori andò a telefonare a
sua madre per dirgli che andava tutto bene lì in Corsica, la madre gli disse che
doveva tornare a Torino perché la fabbrica era bruciata, così ci riferì e noi
sorridendo lo prendemmo in giro perché ci pareva impossibile. Ci siamo auto
convinti che non era vero che “la fabbrica brucia”. E invece sì, era tutto vero
e più di 100 lavoratori tornarono in fabbrica sospendendo le ferie. Noi tornammo
dopo il 15 agosto e visto tutto quello sfacelo, ci sentivamo tremendamente in
colpa perché noi, rappresentanti dei lavoratori, stavamo tranquillamente il
ferie mentre altri rimettevano a posto la baracca.
Il libro si sviluppa in due parti, attraversando l’incendio della fabbrica nel
1989 si racconta la parabola di una delle tante aziende a gestione
multinazionale. Oltre la cronaca di una media azienda del torinese…
La fabbrica e lo dice la parola stessa, fabbrica qualcosa, nel nostro caso
fabbricava fanali per auto. Il fanale è un dispositivo di sicurezza e ogni
fanale per marca di auto deve essere omologato dal ministero competente, esso
deve rispondere a certe caratteristiche, come la visibilità di notte e di
giorno, il colore a secondo dell’azione che il guidatore intraprende il tutto
per segnalare a quello che sta dietro cosa si intende fare. Se si guarda un
fanale degli anni sessanta esso era quasi sempre un rettangolo, se guardiamo
quelli di oggi sono “stilizzati” e seguono la conformazione della carrozzeria
quindi sono più complessi. Mi interessava far conoscere dall’interno una media
fabbrica da che inizia il suo percorso in un garage di via Aosta a Torino fino
alla sua chiusura avvenuta nel sito di Grugliasco nel 2005. In questo lasso di
tempo sono successe molte cose, si è cambiato 4 volte il sito produttivo con
tutte le problematiche che ne seguono. Sono cambiate le tecnologie che da quasi
tutte manuali sono divenute quasi tutto automatizzate. Sono cambiati i materiali
di produzione, si sono avvicendate tre generazioni, quelli nati negli anni
30/40, quelli nati negli anni 50/60 e quelli nati negli anni 70/80 tutte che si
sovrapponevano per un periodo di tempo, con concezioni ed esigenze diverse.
Anche il sindacato si modificato nel tempo, prima commissione interna (C.I.) poi
consiglio di fabbrica (CdF) e infine rappresentanza sindacale unitaria (RSU). Da
ultimo le proprietà: Aimone Altissimo che l’ha fondato, la multinazionale
americana ITT che lo ha rilevato, poi ancora è subentrata la multinazionale
italiana Rigamonti e ancora la multinazionale italiana Seima ed infine la
Magneti Marelli che l’ha chiusa.
Tutto ciò interasce dentro il luogo di lavoro e crea, se incanalato, il senso di
appartenenza che se lo si vuole vedere, lo si riscontra benissimo nella foto di
copertina. Ecco mi interessava parlare degli “ultimi” di quelli che ogni tanto i
media fanno vedere davanti ai cancelli di qualche fabbrica in crisi, con le
bandiere rosse in mano e il groppone in gola perché non vedono il futuro.
In questo caso la storia ha preso una piega diversa per le azioni che hanno
messo in atto insieme ai loro rappresentanti.
Io non potevo esimermi dallo scrivere questa storia perché ho studiato la loro
storia dall’inizio dell’avventura fino al 1985, sono stato poi eletto loro
rappresentante nel 1987 fino alla fine avvenuta nel 2005, ho creato presso il
Polo del ‘900 di Torino il “fondo Isidoro Antonio Sorella - Consiglio di fabbrica
Altissimo archiviando tutti i documenti inerenti che negli anni ho raccolto e,
schedandoli, mi è passato davanti agli occhi tutto il divenire di questa
fabbrica.
Nel libro si avverte il sostegno di autorevoli studiosi sulla storia del lavoro
in Italia. Nel panorama delle pubblicazioni, emerge la carenza di una certa
letteratura autenticamente vissuta e scritta da protagonisti del mondo del
lavoro, dal cuore di una fabbrica?
Già quando stavo archiviando i documenti e li sintetizzavo sulle schede più di
una volta ho avuto il plauso degli archivisti che controllavano come stavo
andando, per me era relativamente semplice poiché i documenti fino all’85 li
conoscevo già perché su quelli dopo averli archiviati come “archivio del
consiglio di fabbrica Altissimo” li ho utilizzati per la composizione della mia
tesi, gli altri documenti che ho accumulato fino al 2012 in prevalenza li avevo
scritto io perché ho ricoperto il ruolo delegato Fiom/Ggil dall’1987 al 2012
consecutivamente.
Si giunse così a fare alcune riunioni coi responsabili degli istituti di
ricerca, tutti erano concordi nello scrivere un libro su questa insolita
esperienza non sapendo da dove iniziare ho chiesto un tutor che mi desse una
mano a strutturare il libro poiché io non ero in grado farlo da solo. Con il
sociologo Giancarlo Cerruti impostammo il racconto, dapprima mi chiese di
leggere il libro di Antonio Pennacchi “Mammuth” che parla della fabbrica dove
egli lavorava ed era delegato ma pur avendo letto il libro “non avevo visto la
fabbrica” a me interessava che chi leggeva il libro avesse la visione della
fabbrica e del suo procedere nel tempo. Alla prima presentazione, quando il
libro era solo on line, tra i relatori c’era Stefano Musso, docente di storia
contemporanea e uno dei massimi studiosi della storia del movimento operaio, che
ne parlò in modo lusinghiero tanto che successivamente fece una recensione sulla
rivista quadrimestrale “Sindacalismo” edito da Rubbettino Editore e
successivamente si rese disponibile a scrivere la prefazione al libro.
Lei è laureato in…?
Scienze politiche con indirizzo storico, laureato con una tesi in storia del
sindacato il titolo è:
Ristrutturazione produttiva e contrattazione aziendale negli anni ’80, l’azione
del consiglio di fabbrica “Altissimo”.
La docente della sua tesi di laurea spinge nella pubblicazione, come ricorda la
circostanza?
La raccolta e la catalogazione dei documenti sindacali. La stesura narrativa del
libro si avvale dei contenuti d’archivio?
Successe che la mia docente Dora Marucco, che sporadicamente frequenta il Polo
del ‘900 a Torino, ha saputo casualmente che un suo laureando aveva presentato
un libro on-line e un fondo archivistico al Polo, telefona alla fondazione
Nocentini, dove lei nel 1988 aveva depositato la copia della mia tesi e dà il
suo numero di telefono alla responsabile Marcella Filippa dicendo che voleva
parlarmi. Così le ho telefonato e mi ha invitato a casa sua, dopo una lunga
conversazione che ha toccato vari temi, di botto mi dice che aveva letto il
libro apparso on line e aveva apprezzato l’archivio che avevo fatto con tutti i
documenti che avevo accumulato in 25 anni. In modo molto perentorio mi dice che
non poteva finire lì bisognava che la gente sapesse che c’era questo fondo e la
cosa migliore era scrivere un libro, ma l’ho già scritto rispondo, no, c’è
bisogno di un libro fisico e devi fare in modo di farlo conoscere il più
possibile, io ti darò una mano per renderlo leggibile; ecco, devi semplificare
gli argomenti tecnici, devi metterci delle foto, delle vignette, devi stare
sotto le 200 pagine, mi raccomandò, e così fu, il 13 settembre ho la nona
presentazione a seguire altre.
L'editore ha subito condiviso il tema?
La cosa più difficile è trovare un editore. Come altri ho spedito il file del
libro a molti editori senza avere neanche una risposta. L’editore Baima & Ronchetti
l’ho trovato una mattina mentre giravo in via Roma a Torino dove c’era
l’iniziativa dei “portici di carta” che si ripete tutti gli anni. In questa
occasione editori e librai mettono bancarelle lungo tutta la strada di via Roma
che è porticata ed è lunga oltre un chilometro.
Giro per le bancarelle vedo Catia, che conosco, ha una libreria vicino casa mia
e gli chiedo se conosce qualche editore, mi indica quello a fianco, suo amico,
me lo presenta gli spiego il tutto e mi dice di mandargli il file del libro. Era
interessato, così facemmo il contratto di li a due mesi dove si diceva che
inizialmente avrebbe stampato 500 copie di cui 300 a suo carico il rimanente a
mio.
Le belle immagini fotografiche del libro, un supporto al lettore contemporaneo
per
vivere o rivivere il clima. Come è cambiata una fabbrica metalmeccanica nel
corso della vita in stabilimento?
Oltre ai documenti, ho archiviato anche le foto che avevo trovato e altre che
abbiamo fatto negli anni, così su indicazione della mia docente ne ho inserito
qualcuna, ho inserito anche alcune vignette che erano riportate nel nostro
giornalino di fabbrica e alcune copertine del giornalino anch’esso archiviato.
La fabbrica, come si diceva cambia, cambia l’organizzazione del lavoro da
“linea” a “isola”, cambiano le tecnologie da prevalentemente manuale a
prevalentemente automatizzate, cambia anche pulizia sui luoghi di lavoro quindi
il pavimento da cemento a verniciato, indicatori di direzione strisce pedonali,
cartelloni sulla qualità del prodotto, ecc. Sicuramente migliorata da un punto
di vista estetico, non già perché l’imprenditore è diventato più buono me perché
studi sull’organizzazione hanno rilevato che lavorare in ambienti puliti
l’operaio rende di più, fa meno scarto e si fa meno male. In Fiat viene chiamata
Word Class Manufacturyg (W.C.M.)
Vent'anni di contrattazione e mobilitazioni in una media impresa torinese con lo
sguardo dal basso. C’è un argomento latente nella pubblicazione?
Il rapporto con il sindacato esterno, volutamente ne faccio poca menzione perché
nelle grandi organizzazioni dove il cambiamento ha bisogno di una stressante
liturgia dove difficilmente si muove qualcosa. Mentre in fabbrica devi decidere
subito sulla base delle richieste dell’imprenditore o delle tue richieste.
Per esempio lo straordinario a compensativo obbligatorio è stato attuato in
Altissimo dal 1981, esso rispondeva all’esigenza di non permettere che ci
fossero lavoratori che stavano a casa in cassa integrazione ed altri che
facevano straordinario, cosa che peraltro succede ancora oggi.
Ad una necessità aziendale di produrre un dato articolo anche il sabato si era
d’accordo a condizione che si retribuisse solo la maggiorazione spettante per
lavoro al sabato al lavoratore e questi aveva l’obbligo dia stare a casa un
giorno entro un mese ,così facendo il lavoratore che restava a casa in
compensativo lasciava il posto ad uno che è in cassa integrazione Il CCNL
introdusse il compensativo volontario nel 1996.l’organizzazione sindacale per
unificare un po’ tutti diceva “blocco dello straordinario al sabato con presidio
ai cancelli”non sempre i cancelli erano presidiati e non sempre i lavoratori
autonomamente si astenevano al lavoro al sabato, così l’azione non incideva per
ciò che doveva servire.
Fuori dai cancelli di una fabbrica, il potere operaio tra etica del lavoro e
difesa della fabbrica. Quale il messaggio alle nuove generazioni?
La fabbrica che ho descritto appartiene al ‘900, certo ci sono ancora degli
strascichi ma non c’è dubbio che la sociètà verrà soppiantata dalla società dei
servizi. Quando ha chiuso una fabbrica dove lavoravo nel 1978 ero un operaio
specializzato, ho messo una inserzione sulla stampa: aggiustatore stampista
ventisettenne offresi, mi sono arrivate circa 30 richieste ed io selezionandole
una per una ho preso quella che soddisfaceva di più.
Credo che allo stesso modo le nuove generazioni devono far si che la loro
preparazione sia la più ampia possibile in modo tale da avere la possibilità di
scegliere i lavori che più li soddisfa.
Cosa pensa delle attuali vicende Stellantis in rapporto all’operaio del terzo
millennio?
L’operaio del secondo millennio era il cosiddetto “operaio massa”
prevalentemente venuto dalla campagna, senza o con poca istruzione, il suo
lavoro nelle fabbriche era monotono ripetitivo e mal retribuito. Imperversava il
“fordismo”, sempre la stessa operazione in un tempo breve di alcuni secondi,
dopo aver preso coscienza dello sfruttamento sistematico, anche perché erano in
prevalenza nella stessa condizione, essi si coalizzarono intorno ai loro
rappresentanti e scoppiò “l’autunno caldo” nel 1969. Quest’azione provocò nella
società una forte richiesta di cambiamento e come una palla di neve che va giù
da un pendio si ingrossava e trascinava tutto con sé, quindi si ebbe da parte
sindacale lo “statuto dei lavoratori”, i sindacati metalmeccanici si unirono
intorno alla sigla F.L.M. (federazione lavoratori metalmeccanici). Da un punto
di vista sociale si ebbe la legge sull’interruzione della gravidanza, la legge
sul divorzio, la riforma del diritto di famiglia e altro ancora. Questa valanga
si arrestò davanti ai cancelli di Mirafiori e la valanga si squagliò come neve
al sole nel 1980. Intanto la fabbrica cambiava, nuove tecnologie, nuova
organizzazione del lavoro all’operaio massa non gli si chiedeva più di usare
solo le mani ma anche la testa a parità di condizione. I successivi decenni
hanno visto il declino della Fiat che passando per F.C.A. e adesso con
Stellantis hanno insieme avuto sempre lo stesso problema: carenza di
investimenti in ricerca e sviluppo,assenza di visione industriale di medio-lungo
periodo; ne segue che anche il personale del terzo millennio segue il declino
dell’industria nonostante abbia più competenze e più scolarizzazione e segue il
destino della fabbrica o meglio le decisioni di un amministratore delegato che
ha uno stipendio 1000 volte quello di un operaio
La nostra realtà locale, nel Molise adriatico, ha vissuto della potenzialità di
uno stabilimento come la FIAT dagli anni Settanta attivo nel territorio.
L’invecchiamento, lo spopolamento, la denatalità sono la causa e nel contempo
l’effetto di una classe operaia che svanisce anche in contesti come il nostro?
Come diceva qualcuno le fabbriche non durano all’infinito, la fabbrica di
Termoli è nata perché ci furono incentivi statali che rendevano conveniente
allocazione in Molise, oggi con la riduzione delle produzioni l’aumento del
costo del lavoro dovuto anche solo a seguito degli aumenti del contratto e
dell’anzianità di servizio non è più remunerativo e quindi dapprima si riducono
i costi con l’espulsione di mano d’opera poi si arriva al punto che il fatturato
viene superato dalle spese fisse, si chiude e si alloca in altri siti dove il
costo del lavoro è minore. Quindi non è questione di denatalità o invecchiamento
o spopolamento ma puramente economico. Fintanto che le aziende non si assumono
la responsabilità sociale delle loro scelte assisteremo sempre più a questo modo
di fare perché come diceva qualcuno “il capitale non ha frontiere”.
Dalla sua lunga esperienza, da emigrato, da operaio, da militante FIOM, da
studioso, da archivista e da testimone-scrittore, quale consiglio di vita
lascerebbe all’avvenire di un giovane di questa terra molisana?
Come dicevo prima gli anni ’70 sono stati una vera rivoluzione culturale, ed io
c’ero avevo 20 anni ed ero in una grande città industriale a seguito di ciò ho
pensato che dovevo diplomarmi e se ci riuscivo anche laurearmi. Dopo l’Ottanta
le cose sono cambiate rapidamente, chi aveva preparazione stava al passo, chi no
era risucchiato nel precariato. Oggi siamo andando verso una società
post-industriale, società dei servizi genericamente detto laddove il servizio è
portare una pizza ad un tavolo o quantificare l’acqua che ci vuole per irrigare
un pescheto in tempi di carestia idrica.
La conoscenza fa la differenza.
Concludiamo con una curiosità del libro.
Si dice che ogni libro è un dono al lettore, per sempre. Alla prima esperienza
di scrittura, la dedica del libro è “a mia moglie, Maurizia”. Quindi,
concludendo l'intervista...
Mia moglie, come me è stata rappresentante Fiom per gli impiegati dell’Iveco del
1975 al 2009, quindi conosce tutte le problematiche sindacali e umane di una
fabbrica.
L’approvazione per questo mio scritto, quindi, deriva da una sua esperienza
ultradecennale. Ha quindi condiviso con me tutto il periodo dell’archiviazione
del materiale presso il Polo del ‘900 a Torino, durato quattro anni, la
successiva stesura del libro e non ultimo la dedica deriva dal grande affetto
che ho voluto dimostrargli.
Per informazioni sul libro contattare l'autore:
isidorosorella@gmail.com