15/5/2024 ● Eventi
Salone internazionale del Libro 2024, reportage 12 maggio: incontro con Erri De Luca
Erri De Luca
Torino 12 Maggio 2024
Cercatori d’acqua
Arriva con il suo passo dinoccolato, da ragno delle pareti.
Mi smarco dalla fila e gli vado incontro per salutarlo.
Mi posso permettere la libertà di stuzzicarlo, ci incontriamo ancora una volta,
quanto basta perché lui mi riconosca, anche se non ricorda ancora il mio nome.
“Erri, ma perché hai scelto la pista sul tetto del lingotto per raccontarci
il tuo libro?
Lo so che sei un appassionato di montagna, ma qui è un’impresa arrivarci e
soprattutto fa un caldo da deserto!”.
Gli occhi sono fessure aperte in maniera quasi impercettibile a nascondere gli
occhi chiari rubati a sua madre, e mi risponde così:
“Devo parlare proprio del deserto, quello attraversato dal popolo israelita,
quale migliore location?...ci sono pure gli effetti speciali”
Con un cenno della testa mi indica alcuni ragazzi che hanno sulla testa ,a mo’
di turbante, le magliette per proteggersi dai raggi infuocati.
In effetti il caldo è insopportabile, l’asfalto della pista rischia di
sciogliere le suole delle scarpe. Sedersi a terra, impensabile. Alle donne, la
casa editrice presente all’evento, distribuisce gli ombrelli che avevano portato
temendo la pioggia, ma sono pochi.
Il genere maschile si arrangia.
Io rimedio un cappellino, alcuni versano l’acqua dalle bottigliette sulla testa.
“Devi sapere” continua Erri, “che io, anche essendo napoletano non vado mai
sott’acqua e non amo la speleologia”.
Vedendo la mia faccia un po' stupita chiosa: “Sì, è così…diciamo che sono un
uomo superficiale!” e scoppia a ridere.
In effetti il libro evoca il caldo e il sole, perché Erri parte da un passo del
Qoelet (Ecclesiaste):
“Ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo
sotto il sole”.
Secondo lui il fatto che dica “sotto il sole”, vuol dire sotto la più potente
forza che esiste in natura.
Dunque, sotto questa immensità di forza e di sprigionamento di energia, niente è
degno di essere chiamato nuovo.
Succede, si rinnova, ma non è degno di essere chiamato nuovo.
A contrappunto di questo c'è invece un finale di una poesia dell'argentino
Borges, uno scrittore del Novecento che dice: “Non c'è niente di antico sotto
il sole, tutto è nuovo per la prima volta, però in un modo eterno. Chi sta
leggendo le mie parole le sta scrivendo”.
Erri è un lettore di ebreo antico, si è intestardito con questa lettura negli
anni in cui faceva l'operaio.
Si trovava in Africa a fare un lavoro di volontariato, attivava le rotative a
pale per estrarre l’acqua dai pozzi e così si era ritrovato in un posto dove
l’unico libro che aveva a disposizione e poteva leggere, era una Bibbia scritta
in ebraico.
Da curioso qual è, si appassionò e s’impose di impararla.
Gli interessava cercare di capire questa lingua, che si era preso il compito
d’introdurre il monoteismo nel Mediterraneo.
Il più politeista dei mari del mondo dei luoghi del mondo
Come aveva fatto cioè, questa divinità ultima ad affacciarsi su tutte le altre,
a farle scadere in una sorta di riassunto generale.
E come era stato possibile, senza avere né una lingua maestosa come la greca, né
una lingua sopportata dalle forze militari dell'esercito romano.
Come aveva fatto questa piccola lingua a sbaragliare con quella “notizia” così
impossibile e farla attecchire nel Mediterraneo facendo fare bancarotta a tutta
la teologia precedente.
Doveva esserci qualche segreto ed era quello che lui voleva assolutamente così
si è messo a studiare la grammatica di ebraico antico usando un vocabolario che
si era procurato in maniera rocambolesca.
“Mi sono trovato a leggere questo libro e ho capito che mi piaceva, ma non
aveva niente di tutte le cose belle che io trovo nella letteratura.
Il fascino di raccontarmi nei dettagli un'epoca, una circostanza, delle
condizioni umane, farmi immedesimare dentro qualcuno di questi personaggi dei
libri che leggo, farmi riconoscere qualcosa di me dentro quei personaggi, ecco
niente di più questo aveva a che fare con quel libro che era invece un verbale,
un verbale tra una divinità e un suo gruppo di ascoltatori, che si sono trovati
a dover sentire i discorsi della divinità”.
Dal pubblico qualcuno gli domanda: “ Io volevo chiederle, con quali occhi lei
vede il futuro e se lo vede”.
“Con un occhio sì e uno no. Ma questo per nascita. Perché da piccolo ho avuto un
incidente nell'occhio destro e l'occhio destro è rimasto così a lungo tappato
che si è dimenticato di mettere a fuoco. Divaga. Invece il sinistro è
napoletano, guarda tutto ha dieci decimi, controlla tutto. Il sinistro, dunque,
con questo occhio sinistro diciamo riesco a vedere nei paraggi ma con l'occhio
destro invece mi affaccio sul lontano che è quello dove non ci sarò. Quello che
mi piace del lontano e che non ci vado, per quello lo posso guardare
simpaticamente… non sono costruito biologicamente per andare in quel lontano,
ormai il mio futuro è fatto, si svolge giorno per giorno.
Però ecco che mi accorgo che vedo un futuro in cui tutte queste nostre
preoccupazioni di oggi, saranno puntualmente dissipate dalle generazioni future,
che inventeranno un'economia della riparazione, non un'economia dello
sfruttamento, ma un'economia della riparazione delle cose del mondo.
Faccio un esempio che però già esiste nella regione Campania.
Stanno rimettendo in vita il fiume Sarno.
Il fiume Sarno sta per essere di nuovo abitato dai pesci, per esempio.
Era il fiume più inquinato d'Europa.
Ecco, su grande scala, questo è solamente una piccola virgola dentro questo
testo magnifico che sarà scritto, si farà questa economia della riparazione.
Ma tutto questo avverrà in una trasformazione così profonda degli stili di vita
delle persone da poter chiamare questa trasformazione Conversione”.