21/10/2008 ● Cultura
La svolta gollista di Gianfranco Fini
Ci sono voluti 65 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, ma finalmente è nata la destra
democratica italiana. La dichiarazione fatta da Gianfranco Fini il 13 settembre
2008 alla Festa di Azione Giovani di Alleanza Nazionale a Roma, costituisce una
‘coupure épistémologique', per dirla con Michel Foucault, per la destra
italiana. In cosa consiste la linea di demarcazione irreversibile, lo
spartiacque storico, ‘la svolta gollista', come preferisco definirla, del capo
di Alleanza Nazionale? In queste parole:
‘ Chi è democratico è antifascista. E perché le tre parole d'ordine cui si
richiama la nostra destra sono libertà, uguaglianza e giustizia sociale, è
chiaro che non si puo' non ricusare chi (Mussolini ndr) in primo luogo soffocò
la libertà e poi arrivò a produrre aberranti leggi razziali sostenendo che un
uomo era uomo più di altri per costituzione genetica'. Mussolini aveva infatti
definito il suo regime nel 1925 con tre appellativi.
La nuova destra in cui Gianfranci Fini si riconosce è diversa da quella espressa
dal MS e, dopo il suo discorso di Fiuggi,da AN. È una destra antifascista che
accetta i valori di libertà, uguaglianza e giustizia sociale contenuti nella
Costituzione della Repubblica Italiana, una destra come possono essere i
conservatori nel Regno Unito, in Canada o in Australia o i gollisti in Francia.
Il 13 settembre scorso Fini ha tagliato nettamente, in blocco, gli ancoraggi al
Ventennio fascista, mettendo da parte la logica prevalsa nel revisionismo
storico degli ultimi anni che sceglieva quello che andava assolto e condiviso e
quello che andava condannato. ‘ I resistenti stavano dalla parte giusta, i
repubblichini dalla parte sbagliata': giudizio lapidario, di portata storica,
irreversibile. Giudizio, quello di Fini, agli antipodi di quello espresso l'8
settembre a Porta San Paolo a Roma, - luogo simbolico e deputato della rivolta
popolare italiana contro le truppe di occupazione tedesche - dal Ministro della
Difesa Ignazio La Russa e dal sindaco di Roma Gianni Alemanno.' Farei un torto
alla mia coscienza - aveva detto La Russa - se non ricordassi che altri
militari, come quelli della Nembo dell'esercito della RSI, soggettivamente, dal
loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della Patria". Il
sindaco di Roma Gianni Alemanno, dal canto suo, in una intervista ad un
quotidiano aveva dichiarato che ‘ il male assoluto non fu il Ventennio' bensì ‘
le leggi razziali: furono quelle a segnare la fine della politica del fascismo.
Le dichiarazioni di La Russa e di Alemanno hanno creato un putiferio.Decise le
condanne del leader del PD Walter Veltroni, che si dimette in segno di protesta
dal Comitato per il museo della Shoah, nei confronti di Alemanno. Altrettanto
chiara la reazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che chiede
di ricordare la Resistenza ‘nella sua interezza' alle parole del Ministro
LaRussa. La reazione che forse suggella meglio l'opposizione ai tentativi di
riabilitare il regime di Mussolini e la Repubblica Sociale Italiana è stata
quella del presidente dei senatori PD Anna Finocchiaro che ha dichiarato : ‘ ...
Non esistono un fascismo buono e uno cattivo. È la natura stessa di quella
dittatura ad essere incompatibile con i valori della democrazia e della
Repubblica'.
Dopo soli cinque giorni dopo le dichiarazioni di La Russa e di Alemanno arriva
anche il discorso di Gianfranco Fini che è un colpo di mannaia reciso, che
spazza via ogni legame di continuità con il Ventennio, con la sua ideologia
antidemocratica e con i suoi simboli, i suoi labari e gagliardetti. Ci fu buona
fede o senso del dovere in tanti giovani che combatterono per la Repubblica di
Salo', ammette Fini, ma bisogna evitare di confondere un fotogramma accettabile
con il film. Ed il film ‘ se si è intelletualmente onesti' e non si vuole
occultare la logica della storia ha dimostrato che ‘ Il fascismo fu dittatura
... e non si puo' equiparare chi stava da una parte e combatteva per una causa
giusta e chi stava invece dalla parte sbagliata. Sono dati fattuali, c'è una
verità storica'. Parole queste che non ammettono fraintendimenti. Hanno la
valenza semantica di un epitaffio storico. E, a guardar bene, sono il punto di
arrivo nel ripensamento politico di Gianfranco Fini dopo il suo discorso di
Fiuggi, dopo il suo giudizio negativo su Mussolini e dopo il suo omaggio alle
vittime dell'olocausto al mausoleo di Yad Vashem durante la sua visita in
Israele a novembre del 2003 e dopo il divorzio ideologico con Francesco Storace,
segretario del partito La Destra. Interessante a questo riguardo il ripensamento
anche di Daniela Santanché, candidata per la Destra a premier alle ultime
elezioni nazionali.Ella ha rotto con Storace e si è avvicinata al PdL per ‘ non
rimanere confinata in un'area di estremismo extra parlamentare di vago
nostalgismo'.
È evidente, se si tengono presenti tutti questi tagli con la ideologia di
matrice neo-fascista, che le parole di Gianfranco Fini vanno viste come un
taglio epistemologico, uno spartiacque storico, come la sua ‘ svolta golista'
.Egli è giunto a dare dopo diversi decenni di auto-giustificazione di matrice
fascista una interpretazione post-ideologica, oggettivamente storica, degli
avvenimenti occorsi in Italia dalla metà degli anni Venti alla metà degli anni
Quaranta nel ventesimo secolo.
Qual è il parallelo da tracciare tra l'atteggiamento di Gianfranco Fini e quello
di Charles de Gaulle? Dopo la sorprendentemente breve ed ignominiosa sconfitta
dell'esercito francese e la creazione del regime fantoccio di Vichy , Charles De
Gaulle nel 1940 rifiuta di collaborare con il regime di Vichy e con il
Maresciallo Philippe Pétain e si mette alla testa di una resistenza di destra
che si allea agli anglo-americani e combatte al loro fianco sui fronti francese
ed italiano. Cio' facendo ridà dignità ed onore al popolo francese ed alla fine
delle ostilità riesce a ridimensionare il ruolo svolto dal maquis comunista. La
Francia che aveva perso la guerra finisce così, grazie a de Gaulle, con l'essere
vista come una delle nazioni vittoriose.
Charles de Gaulle riesce ad ottenere quello che il Maresciallo Badoglio avrebbe
voluto ma non riesce ad ottenere. Il contributo militare dei badogliani, è stato
indubbiamente molto più importante della resistenza armata dei partigiani. Ma
sono i partigiani soprattutto di matrice marxista,che certo hanno svolto un
ruolo utile, ma marginale, che assurgono al ruolo di eroi della sconfitta del
regime mussoliniano.Registi come Roberto Rossellini con film come Roma Città
Aperta o Paisà ed in genere tutta la cultura neorealista celebra l'antifascismo
e crea per ragioni storiche contingenti mitologie collettive scaturite da una
netta, inevitabile, dicotomica interpretazione tra dittatura e libertà.Per
decenni, in un'Italia dominata culturalmente dalla visione nazionale-popolare di
stampo gramsciano, buona parte della storiografia ha ingigantito il ruolo svolto
dai partigiani, circondando di un'aureola il termine ‘partigiano'. Poi ci sono
state le rivolte in Ungheria, in Cecoslovacchia ed in Polonia e c'è stata
soprattutto nel 1989 e la Caduta del Muro di Berlino che ha una valenza storica
tanto importante quanto la Rivoluzione Francese. La rivolta dei sans culottes in
Francia porta a compimento il processo di conquista del potere della borghesia,
mentre la riunificazione della Germania sancisce il fallimento del marxismo come
modello di aggregazione sociale ed economica transnazionale del proletariato. La
caduta del Muro di Berlino sancisce anche la nascita di fare politica in Italia
ed in Europa in genere in un modo post-ideologico, dove quello che conta sono i
risultati, l'approccio fattuale, empirico, pragmatico. Ed è a fatica che anche
il vecchio PC si trasforma, grazie alla lungimiranza di gente come Occhetto e
Dalema in particolare, nel PD di oggi, anche se remore del vecchio PC
permangono, ancora pesanti, al suo interno. È questa la sua palla di piombo al
piede. Parallelamente al trapasso da partito rivoluzionario marxista a
social-democratico e riformista del PC, inizia e si afferma, grazie a gente come
Gianfranco Fini, un ripensamento anche all'interno della destra italiana, sempre
meno nostalgica e sempre di più proiettata verso il funzionamento democratico
dello stato di stampo liberale.
Gianfranco Fini ha il merito di aver saputo leggere ed interpretare con
intelligenza gli eventi politici internazionali degli ultimi tre decenni, di
rimanere in sincronia con l'evoluzione storica, di aver capito che lo Stato
italiano di oggi ha come base di funzionamento la democrazia e la libertà da cui
la destra non può prescindere se vuole diventare una credibile espressione di
governo. La memoria storica condivisa del popolo italiano non può quindi essere
nostalgica ed avere come paradigma la dittatura fascista. Patriottismo si', ma
non nazionalismo, perchè il nazionalismo di gente come Mussolini ed Hitler ha
portato a intolleranza, guerra, morte. È in questa acquisizione di
consapevolezza di sano patriottismo, ma di pericolo insito nel nazionalismo, che
io vedo la ‘svolta gollista' di Gianfranco Fini. Charles de Gaulle ha fatto nel
lontano 1940 un ragionamento simile a quello che Fini sta proponendo oggi al
popolo italiano. Charles de Gaulle si era ribellato contro il collaborazionismo
francese di Vichy per patriottismo, per far valere un sano principio etico
contro il nazionalismo nazista.
Ce n'è voluto del tempo! Si dirà nel parlare di Fini. Certo, ma è meglio tardi
che mai. Inoltre questo ritardo è dovuto alla retorica antifascista della
sinistra ha impedito la naturale evoluzione del MS verso una destra democratica.
I tempi sono finalmente maturi e Fini va lodato per volere e speriamo sapere far
‘corrispondere l'operato suo alla qualità dei tempi' per dirla con Niccolo'
Machiavelli. Gli anziani di AN e gente come Ignazio La Russa e Gianni Alemanno
farebbero bene a diventare alleati, non oppositori, di Gianfranco Fini. Rimane
da vedere e sperare che egli riesca a imporre la sua ‘svolta gollista'
all'interno del suo partito.Il suo radicale riposizionamento di prospettiva
storica è la conditio sine qua non di una destra democratica italiana. Del tutto
gratuiti- perchè espressione di un moralismo spicciolo e di una esplicita
pregiudiziale ideologica - mi appaiono i dardi di ‘ democrazia demagogica', di ‘
richiami impliciti ma evidenti del futurismo, del
dannunzianesimo,dell'irrazionalismo, del nazionalismo' lanciati contro
Gianfranco Fini ed il legittimo governo di centro destra attualmente al potere
in Italia, in un suo recente editoriale da Ezio Mauro ( La Repubblica 14
settembre 2008 ‘Democrazia e Fascismo ai Tempi della Destra').
Filippo Salvatore | Concordia University, Montreal | News ITALIA PRESS
http://www.newsitaliapress.it/pages/dettaglio.php?id_lnk=3_147300