20/6/2023 ● Lettera a FPW
Lettera aperta a mio figlio
Caro Eugenio,
a suo tempo , già la scelta del nome , più che un’imposizione anagrafica, è stata una constatazione di fatto ; significa “ nato bene” e questo, alla tua nascita ci ha sollevati da tradizioni e ricorsività generazionali . Rispetto alla scelta del nome con cui identificare gli umani , mi permetto un rapido excursus , poiché in passato era più appropriata la modalità praticata dagli indiani del Nord America , che dopo aver a lungo osservato le adolescenziali capacità dei loro ragazzi : la destrezza nell’esercizio delle attività quotidiane , l’acuità visiva nell’avvistamento di una preda, l’osservazione del cielo meteorico ... a seconda della pratica in cui più erano abili o maggiormente versati gli anziani del villaggio sceglievano il nome che gli indiani ( dopo il genocidio diventati per il grande schermo “ piccoli, grandi uomini “ ) nella cerimonia del rito di passaggio tra adolescenza ed età adulta avrebbero portato : cavallo pazzo, occhio di lince , toro seduto, nuvola rossa … in una comunione ambientale con il resto della natura , specie con quella animale, che nel tempo storico di avvicendamento delle diverse civiltà non ha più avuto eguali . Oggi nelle nostre comunità di appartenenza in modo residuale resta solo l’eco antropologico di tale pratica di rinomi nazione che consiste nell’ attribuire a qualcuno un soprannome , che spesso, purtroppo , in modo malevolo è solo un’evidente , esagerata storpiatura di qualche suo difetto fisico. Eugenio dall’inizio della sua esistenza , come oggi accade a tanti , dopo un lungo periodo d’istruzione alla vita iniziato soprattutto in famiglia , proseguito nei diversi cicli dell’infanzia e dell’adolescenza , di seguito culminato con la formazione universitaria alla ”Sapienza” di Roma , poi con il completamento specialistico all’ospedale “Torrette” di Ancona . Un lungo iter formativo , che dall’epoca della maggiore età , giocoforza , lo ha allontanato dalla nostra famiglia . Una lontananza che di fatto ha comportato per Eugenio una reinvenzione dei rapporti amicali attraverso una relazionalità che comunque lo ha fortificato rinsaldandone l’autonomia nella cura della riproduzione del suo quotidiano nonché nella scelta perseverante del sempre dinamico e purtroppo oggi problematico spaccato socio-professionale della medicina che nelle sue svariate diramazioni innerva e impronta di sé la struttura e le istituzioni dello stato moderno . La medicina : una scienza umana che nella sua operatività quotidiana è impegnata a tenere sotto osservazione quell’ equilibrio dinamico del corpo sempre precario, spesso in bilico tra la salute e il suo possibile sconfinamento nella patologia che spesso fa sì che i chirurghi devono operare sul filo del bisturi organi già compromessi o mal funzionanti , intervenendo risoluti in quell’oscillante baratro che alle volte , preoccupante, si interpone tra la vita e la morte assicurando in genere al paziente una speranza di vita che molto dipende dall’affido competente alle mani chi opera , degli infermieri coadiuvanti e di quanti concorrono alla buona riuscita dell’intervento . Eugenio, al di là della sua attuale o futura “ glocalizzazione” è comunque figlio della nostra terra molisana poiché in parallelo ai cicli di istruzione locali ha vissuto il suo tempo bambino di imprinting caratterizzante l’identità personale in un ambiente di area vasta salubre e al tempo perfino incontaminato . Che dire di Eugenio ? Ogni dire , da parte di un genitore sarebbe inevitabilmente adulatorio ; vale pertanto il detto napoletano che provo a riportare :“ ogni scarrafone e bell ‘a mamma soja”. Ma per i tanti che lo hanno conosciuto sia in modo amicale sia per lavoro che svolge , ed oggi hanno ritenuto di essere qui per festeggiarlo insieme alla sua consorte partecipi convalidanti ed oculari di questo importante rito di passaggio e di avvicendamento generazionale . E, per certo , voi amici, parenti , conoscenti che avete vissuto nel suo quotidiano di prossimità ed avete condiviso le vostre esistenze con la sua siete i migliori e più giudiziosi osservatori della sua persona e inevitabilmente siete i sicuri depositari di parte del suo e del vostro vissuto insieme così come lo è gran parte del suo vissuto privato e professionale in comune con Mary che inevitabilmente s’inscrive e si circoscrive nel comune lungo tempo di convivenza che maturando è sfociato nel matrimonio che qui si è celebrato oggi in questa bella cornice ambientale di Erice in terra di Sicilia.
Un matrimonio celebrato con rito religioso da Don Pietro Paiusco (cugino e
coetaneo dello sposo nonché amico fraterno dei loro comuni giochi estivi
dell'infanzia) nella suggestiva chiesetta gotica dei quartieri Spagnoli
quel giorno avvolto da un'autunnale fitta nebbia. Un rito antico, quello del matrimonio , di conservazione della specie che segna , con un po’ di amarezza da parte mia , il passaggio del testimone generazionale dal padre, dalla madre al figlio nella speranza che possa esserci in futuro quella continuità biologica che di fatto è la sostanza del ricambio della specie . Noi genitori: Marisa ed Arcangelo oggi riscrivendo per sottrazione il nostro stato di famiglia facciamo un passo indietro per fare spazio alla vostra nuova promettente generazione formulando un augurio e una speranza : che la vita futura vi sia prospera e lieve.
Arcangelo Pretore 16 giugno 2023