2/11/2022 ● Poesia
Di bene te ne voglio un sacco
Di bene te ne voglio un sacco*
A Pier Paolo Pasolini
Proclamano nelle edicole
l’atroce notizia scandalosa
grossi titoli freschi d’inchiostro:
morto è Pasolini
pestato ed arrotato da un riccetto
cha ha rifiutato la copulazione.
Speculano le matrone
durante il tea-time sui particolari
nelle sontuose dimore dei Parioli:
- Una faccia atroce, invizzita dal vizio,
ha fatto la fine che si meritava! -
Ronzano le ironie nei salotti
dei Novissimi avanguardisti
mentre il tuo corpo puro di pederasta
riposa non ancora incenerito nella bara.
Ti hanno ritrovato in una pozza
di sangue tra rifiuti immondi
della città di Pietro,
poco distante dal litorale
senza verzura sul quale s’infrangono
onde di fetida schiuma.
All’età della ragione
con in bocca il sapore della lingua
dei gelsi eri scappato giù
dalle sponde del Piave
nella stupenda, misera città
e per l’ansiosa volontà di essere
diverso, nel polveroso, melmoso
Testaccio, impero di accattoni
di bulli e di puttane, a due passi
dall’Aniene, t’eri immerso nel caos
non ancora proletario ed avevi vissuto
l’interno dominio della volgarità.
Mortale peccato non è
Il groviglio delle buie viscere,
ma ardore di redenzione;
ben più nera è l’anima del beffardo
fariseo e del politico minchione
che lancia tante pietre
sul tuo errore pagato con la vita.
Riposa in pace, caro voyeur voyant,
una vampata di disperata vitalità
ti ha bruciato le ali,
riposa in pace, sacrilego usignolo.
Ora sai se esiste
la sacra matrice del vivere,
l’eterna redenzione che l’inesausta
tua passione ti additava
e ti rendeva cantore inguaribile
della vita vera
che non fa parte della Storia
e ti faceva disperatamente amare
il contadino dalla pelle scura
che nell’universo delle sue colline
apprezza ancora il significato
dell’età del pane,
odiare il borghese perbenismo
offerto come modello nei caroselli
per l’acculturazione conformistica.
Vorrei poter asciugare,
ringentilito contadino,
eroe della sconfitta nella guerra
col progresso in questa città
nordamericana, le lacrime di ferro
inchiodate negli occhi della vecchia
friulana che soffre, come nel Vangelo
di Matteo, la fine impietosa
di suo figlio sul Calvario.
N.B. Questa poesia é stata scritta da Filippo SALVATORE il 2 novembre 1975,
subito dopo la notizia dell’assassinio del poeta, scrittore, polemista e regista
Pier Paolo Pasolini sul lido di Ostia. Fa parte della raccolta bilingue
italiano-inglese Suns of Darkness/ Tufo e Gramigna, Guernica, Montreal,1980.
* (verso di un sonetto scritto per Pasolini dalla madre)