23/9/2022 ● Poesia
Croce di ruggine rossa
Il sepolcro
I
Eccola, la belle dame sans merci,
la nostra sorella morte corporale
che termine di tempo reclama
ed impone coscienza di fragilità.
II
Di rischio estremo, di timore d’eterno,
con lei ragiono ed in oblio pongo
i meschini garbugli del mondo.
III
Da spartiti e pentagrammi traggo
e dallo zibaldone della memoria
fra volti ed accenti stranieri,
ad intermittenza, ritornelli in dialetto
e gioia, tristezza, pianto
sono echi di note e di canto.
IV
Scia di brezza è il fruscio d’ali
della libellula e candida favilla
la luce intermittente di lucciola
tra il ramo d’oliva ed il roseto,
energia dei miei fervidi anni.
V
Severa s’avvicina nella sera
la donna che offre desio e dolce addio.
Il suo utero è madre di ogni utero.
Avida preme le sue labbra sulle mie,
l’alito suo il mio rantolo rende
ed a mutevole forma m’invita, a dipartita.
VI
Di rado s’arresta tra le tombe ed i cipressi
chi a lucro agogna e grami rende gli umani
VII
Di primo mattino sapor di salsedine
la brezza spande ed odora il rosmarino
che saluta l’Adriatico turchino.
Piange una donna, velo sul capo,
su una croce di ruggine rossa.
Prof. Filippo SALVATORE