5/4/2022 ● Agricoltura
Documento nazionale associazioni e movimenti autonomi agricoltura italiana
Documento inviato a:
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Roma
ISMEA Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare Roma
CREA Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e le analisi dell'Economia Agraria
Roma
Commissione Agricoltura Senato Roma
Commissione Agricoltura Camera dei Deputati Roma
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Noi uomini e donne che da sempre ci occupiamo di agricoltura siamo stati colpiti
da una crisi profonda e senza precedenti che ci sta costringendo a vendere il
nostro prodotto al di sotto dell’effettivo costo di produzione.
Sono oltre dieci anni, infatti, che gli agricoltori e gli allevatori italiani,
riuniti in associazioni e movimenti autonomi, denunciano il crollo dei prezzi al
campo, l’aumento vertiginoso dei costi delle materie prime, la concorrenza
sleale di altri Paesi extra-europei. Processi questi che hanno causato un
conseguente crollo dei redditi.
A questo, ultimamente, si sono aggiunti anche i danni causati dalle varie
calamità naturali come conseguenza delle variazioni climatiche in atto: gelate
primaverili, grandinate, tempeste di vento, bombe d’acqua, siccità oltre ai
danni causati dalle nuove fitopatie. Tutto questo ha avuto come conseguenza lo
svuotamento, l’abbandono delle campagne e l’indebitamento continuo delle aziende
agricole in ogni parte d’Italia. La situazione si è aggravata ancor più negli
ultimi due anni con la pandemia del Coronavirus contestualmente all’aumento
vertiginoso dei costi fissi di produzione, all’aumento della corrente elettrica,
del gasolio agricolo, dei concimi, delle sementi e di tutte le altre materie
prime.
La politica in questi anni, sia a livello regionale che nazionale e comunitaria,
invece di ascoltare le istanze di noi produttori continua ad ascoltare e a
tutelare i grandi gruppi commerciali che stanno trasformando l’Italia da
straordinaria terra di produzione di cibo di qualità in una grande piattaforma
commerciale nelle mani della speculazione finanziaria. Il tanto pubblicizzato
“Made in Italy” è diventato sempre più un agroalimentare speculativo in mano ai
padroni dei grandi marchi italiani.
Ormai per noi agricoltori e allevatori c’è in gioco proprio la sopravvivenza
delle nostre aziende, dei nostri posti di lavoro, la tenuta sociale ed
ambientale di interi territori a vocazione agricola e la garanzia di continuare
a produrre un cibo di eccellenza sano e genuino.
Ora è giunto il momento che la politica italiana istituisca una nuova e
immediata riforma agraria con regole certe e chiare che contribuiscano a
difendere il reddito degli agricoltori creando le condizioni affinché si possa
raggiungere un giusto prezzo dei prodotti agricoli al campo per noi agricoltori
ed allevatori al di sopra del relativo costo di produzione considerato che noi
siamo l’anello principale della catena agroalimentare ma, allo stesso tempo,
quello più debole perché non abbiamo nessun potere contrattuale.
È compito della politica attivarsi immediatamente per defiscalizzare gli oneri
sociali contributivi per la manodopera stagionale in agricoltura considerato
che, in questo momento storico, è difficilissimo trovarne e quella disponibile
non è qualificata e dev’essere necessariamente formata.
Sarebbe molto importante ridurre sia il costo del lavoro visto che in Italia è
di gran lunga il più alto d’Europa e sia, al tempo stesso, semplificare gli
adempimenti burocratici per facilitare le assunzioni.
Visti e considerati gli ulteriori adempimenti previsti dal Decreto Legislativo
81/2008 (aggiornato quest’anno), la politica dovrebbe cominciare a dare agli
organi ispettivi di controllo disposizioni affinché le loro verifiche siano
molto più formative e meno punitive possibili nei confronti delle aziende
considerato che l’unico obiettivo di multe e sanzioni è fare cassa e a noi non
resta che indebitarci ulteriormente per produrre cibo perché le risorse a
disposizione sono veramente esigue.
Riteniamo fondamentale, inoltre, rivedere una volta per tutte il Decreto
Legislativo 102/2004 che va a normare gli interventi finanziari a favore di
quelle aziende colpite dalle calamità naturali in agricoltura perché, a nostro
avviso, è una legge antiquata, obsoleta, che non può più rappresentare le
esigenze del nostro settore in quanto risulta essere molto restrittiva in
termini di indennizzi alle aziende colpite e danneggiate dagli eventi
atmosferici avversi che da quindici anni a questa parte, e in ogni regione
d’Italia, stanno causando enormi perdite di produzione su tutto il territorio
nazionale.
Sarebbe ora che la politica si attivasse immediatamente per creare condizioni
migliori e permettere agli agricoltori e agli allevatori italiani di assicurare
i nostri prodotti da tutte le calamità naturali nonché dalle fitopatie varie che
ogni anno danneggiano le nostre eccellenze e le nostre produzioni. In materia di
fitopatie ci aspettiamo e ci auguriamo al più presto riscontri e soluzioni da
parte del Crea, ente nazionale di ricerca preposta a questo tipo di
problematiche.
È importante sottolineare anche che le aziende agricole subiscono da oltre dieci
anni anche gravi ed ingenti danni dalla fauna selvatica in particolar modo dai
cinghiali, dai caprioli e dai corvi. Lo Stato è completamente assente sul punto
e le Regioni non hanno ancora provveduto, o lo hanno fatto in minima parte, al
risarcimento dei danni causati. Sul punto occorre un intervento immediato e
tempestivo da parte del Governo affinché gli agricoltori non siano costretti ad
aspettare anni subendo ulteriori danni nella completa indifferenza delle
istituzioni ad ogni livello.
Altro tema fondamentale la quale noi agricoltori puntiamo fortemente è quello
dell’energia considerato che l’Italia è lo Stato che acquista più energia degli
altri Paesi. Attualmente l’aumento indiscriminato del costo dell’energia causato
dal conflitto Ucraina-Russia ha mostrato tutta la nostra vulnerabilità e quanto
sia fondamentale intervenire in questo settore per contenere i costi. La
posizione geografica dell’Italia consente di sfruttare al massimo le rinnovabili
con il conseguente abbattimento dei costi e in questo momento sarebbe stata
strategica con grande beneficio per l’economia delle aziende.
Ci chiediamo, invece, come mai la politica non è attenta a questi aspetti e
punta sempre a realizzare grandi impianti di energia rinnovabile a favore di
multinazionali che hanno solo interessi speculativi. Oltre al danno economico
rischiamo di assistere alla distruzione di suolo agricolo fondamentale per
l’economia del nostro Paese. La nostra proposta è quella di sviluppare piccoli
impianti in modo da non distruggere il territorio ma, al contrario, che si
integri al reddito economico degli agricoltori. In definitiva si risolverebbe
anche il problema dei costi dell’energia, motore di tutte le attività della
società attuale.
Il Governo ha l’obbligo d’incentivare le aziende per realizzare impianti
compatibili con il territorio. La situazione è davvero allo stremo: le perdite
subite dalle produzioni agricole sono ormai incalcolabili e sono stimate in
svariati milioni di euro.
È il momento che le istituzioni intervengano e se non ora, quando? Abbiamo due
importanti strumenti per salvare il nostro Paese: il Pnrr e la Pac. Serve un
vero programma di riforme che stabilisca in che direzione debbano andare le
risorse provenienti dall’Europa.
Il Pnrr, in primis, è un’occasione che non bisogna assolutamente perdere
introducendo nuove azioni/obiettivi “resilienti” finalizzati ad agevolare gli
investimenti per fronteggiare le variazioni climatiche da parte delle aziende
ortofrutticole. I fondi del Pnrr devono sostenere progetti (in particolar modo
delle piccole e medie aziende che sono le più esposte) per l’adeguamento e
l’adattamento all’impatto degli effetti dei cambiamenti climatici con
l’obiettivo primario di mitigarne le conseguenze sulle produzioni consentendo
così, non solo di mantenere reddito e posti di lavoro, ma soprattutto continuare
ad essere presenti sul mercato in modo competitivo oltre che garantire al Paese
la sicurezza e la sovranità alimentare attualmente messa a rischio dalla grave
situazione geopolitica.
L’obiettivo è quello di permettere agli agricoltori che operano nel comparto
ortofrutticolo di avere a disposizione risorse per proteggere preventivamente le
proprie produzioni dalle conseguenze delle variazioni climatiche (grandinate,
bufere, bombe d’acqua, gelate, calore eccessivo) la cui frequenza è decisamente
in aumento. Fenomeni, questi, che hanno gravi conseguenze sul reddito delle
aziende e, conseguentemente, su tutta la filiera.
La tipologia di investimenti ammessi dovrà essere accompagnata da una precisa
progettualità redatta dall’azienda le cui opere dovranno concludersi entro il
2026 (comunque in concomitanza con le scadenze dettate dal Pnrr).
Per fortuna oggi la tecnologia offre delle interessanti soluzioni anche molto
compatibili con l’ambiente. In particolare gli investimenti climatici potrebbero
riguardare:
- investimenti in strutture serricole in ferro saldamente ancorate al terreno in
grado di sopportare folate di vento violente e possibilmente rimovibili (cioè
senza ricorso ad opere in cemento);
- investimenti di coperture con plastiche innovative più green e performanti dal
punto di vista energetico che possano durare per decenni allungando di molto il
periodo di utilizzo e quindi lo smaltimento;
- investimenti in reti termo-riflettenti da abbinare alle coperture plastiche
che, oltre a schermare dai raggi solari intensi all’interno delle serre nei
momenti in cui la temperatura raggiunge picchi elevati, consentono anche di
proteggere il telo di plastica sottostante allungandone considerevolmente la
durata;
- investimenti in reti antigrandine;
- investimenti in strutture in ferro atte a sostenere le reti antigrandine che
permettono anche un ombreggiamento delle colture con notevole miglioramento
della qualità dei frutti;
- investimenti mirati a razionalizzare l’uso dell’acqua nella produzione
ortofrutticola, compresi impianti di irrorazione a goccia;
- investimenti per l’estirpazione e il conseguente rimpianto di nuovi frutteti
eliminando le cultivar sensibili a fitopatie/insetti per le quali non sono
previste soluzioni agronomiche risolutive e in grado di mantenere un livello di
reddito delle aziende interessate;
- investimenti di impianti fruttiferi con nuove varietà più resistenti ai
cambiamenti climatici sia diretti che indiretti;
- investimenti mirati all’implementazione di impianti antigelo di ultima
generazione;
- investimenti finalizzati alla sistemazione e livellamento dei terreni compreso
la creazione di fossi per sopportare fenomeni di bombe d’acqua.
In aggiunta a quanto appena esposto, la missione “M2 - rivoluzione verde e
ecologica” sempre del Pnrr, suggerisce già una sana sinergia tra il settore
primario e quello energetico. Agrisolare e agrofotovoltaico: ecco in quale
direzione dovrebbero andare gli investimenti a nostro avviso. Facendo
transizione con l’agrisolare si raggiungerebbe l’obiettivo di ammodernare e
aggiornare le strutture esistenti, per esempio i tetti di edifici di strutture
agricole, attraverso le energie rinnovabili, aumentando così la sostenibilità.
Con l’agrofotovoltaico finanziato noi agricoltori realizzeremmo piccoli impianti
integrati con la produzione agricola ed in questo modo si otterrebbero una
miriade di risultati positivi utili a tutto il settore agro-zootecnico e
forestale. È proprio per questo motivo che le associazioni e i movimenti
autonomi del settore agricolo promettono su questo punto, così come per quelli
esposti precedentemente, una linea dura senza nessun dietrofront e senza
ripensamenti. Su questo argomento non faremo passi indietro e non accetteremo
che le multinazionali pongano in essere azioni speculative per fare man bassa
sulle energie rinnovabili e di conseguenza anche sulla nostra terra.
Come avevamo già anticipato in tempi non sospetti, circa un mese fa quando tutti
ne parlavano in termini rivoluzionari, anche la Pac così come è stata concepita
dal Ministero non è funzionale né al settore e né al futuro dello stesso e deve
essere necessariamente rivisitata e corretta. Essa per garantire la
sopravvivenza dell’agricoltura deve prevedere delle misure che devono
interessare direttamente i soggetti (gli agricoltori) che producono realmente
cibo e non ai grossi gruppi di settore come invece è stato finora. Ciò è
necessario, soprattutto in un momento di grave crisi come quello attuale, per
definire quella stabilizzazione del reddito degli agricoltori richiesta da tempo
a gran voce per garantire la prosecuzione di tante piccole e medie imprese che
rappresentano il cuore produttivo del settore ortofrutticolo dell’intero Paese.
È necessario, poi, sostenere filiere come quella della pera in Emilia-Romagna e
del kiwi (filiere che rivestono all’interno del comparto ortofrutticolo un ruolo
da leader sia in Italia che in Europa) dove i produttori, a causa delle
variazioni climatiche e di alcune gravi fitopatologie, hanno visto i loro
impianti completamente distrutti. Questi sono dei gravi casi che necessitano
tutta l’attenzione sia da parte del Governo, sia da parte della Regione e del
Crea affinché siano stanziati degli aiuti e dei sostegni all’espianto e
all’impianto di nuove varietà perché la ricerca si concentri a trovare nuove
soluzioni. Il caso della pera e del kiwi sono fondamentali perché rappresentano
un chiaro esempio di cosa sta succedendo e cosa potrebbe succedere a diverse
eccellenze del Made in Italy se non ci saranno i giusti sostegni ai produttori e
le giuste contromisure anche scientifiche e di ricerca a tutti i problemi
esposti. Se ciò non accadrà si metterà in ginocchio, non solo una parte del
mercato italiano, ma si creerà un danno economico ingente ad un settore che da
due anni è attanagliato dalla crisi economica causata dalla pandemia del Covid.
È su queste premesse che si è costituito il COPOI, Coordinamento produttori
ortofrutticoli italiani, al fine di approfondire tutte le varie e gravi
criticità che incombono sul comparto sia orticolo che frutticolo con la finalità
di avviare una serie di interlocuzioni istituzionali e non sentendosi
rappresentati adeguatamente e, in virtù delle esigenze e delle rivendicazioni
sopracitate, gli allevatori e gli agricoltori autonomi italiani, chiedono al
Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e ai due rami del
Parlamento che sia convocato al più presto un tavolo di crisi permanente con una
nostra delegazione composta dai vari rappresentanti dei movimenti e delle
associazioni autonome di tutte le regioni italiane presenti nel coordinamento,
per approfondire le tematiche esposte in questo documento e trovare al più
presto delle soluzioni che possano ridare senso e dignità al lavoro della terra
in ogni parte d’Italia .
Certi di un vostro immediato e positivo riscontro, porgiamo distinti saluti
Roma, 24 Marzo 2022
Firma degli aderenti al documento nazionale
COPOI - Coordinamento produttori ortofrutticoli italiani
Aspal Lazio
Movimento “Terra e vita” Sicilia
Comitato “Uniti per non morire” Molise
Astap Abruzzo
Movimento pastori Sud Italia
AGRICOLTORI INDIGNATI (UMBRIA)
COMITATO LIBERI AGRICOLTORI ANDRIESI (PUGLIA)