12/8/2020 ● Cultura
Giubileo della luce
Nella sera di San Lorenzo le stelle cadenti non sono state espressioni di
“pianto del concavo cielo”, ma scìe occhieggianti sul lago o posate sulla
mirabile piccola Guarda, avvolta ieri sera dalla magìa della Luce”, allietata
dal suono a festa di tutte le campane. Un concerto armonioso e maestoso, per
l’inaugurazione del “giubileo della Luce” e della nuova Campana donata da
Vittorio Feltri che si aggiunge a quella storica del 1598, fusa dai “Sovrani del
bronzo” di Agnone. Essa è ritenuta dallo storico D’Onorio dell’Archivio
benedettino di Monte Cassino, la più antica del mondo uscita dal Molise, perché
in funzione ancora adesso, seppur festosamente azionata dal tele battente fisso.
La sua voce argentina non è azzittita, ma ampliata col il ritmare
d’accompagnamento, alle altre campane, in un melodico accordo di tonalità; dalla
nota più alta al suono più grave..
Raccolta e solenne la concelebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo
Gianfranco De Luca che, nell’omelia con parole di cielo, ha presentato realtà di
mondo, sviluppate poi anche nella tavola rotonda allestita all’esterno del
tempio e alla quale oltre al Sindaco Vincenzo Tozzi, hanno partecipato gli
Assessore Regionali Niro e Cavaliere.
Dettagliati e chiarimenti sulle armonie e i programmi sonori della campane, sono
stati offerti da Armando Marinelli, titolare della Pontificia Fonderia e da
Pasquale Patullo dell’”Automazione Campane”.
Brillante la esposizione, da parte dell’architetto progettista Raffaello Gàspari,
sulla ideazione tecnica e artistica dell’impianto luminoso; còlta e disinvolta
la narrazione da parte di Elisabetta Ricci, sulla trama storica e architettonica
della Cattedrale.
Poi l’esperienza emotiva indefinibile al momento dell’accensione e della
progressiva rivelazione di sorprese e di segreti nascosti nella maestosità
muraria della chiesa, degli edifici significativi, del monumento a Jovine e
della fontana storica del 1886.
E mi son reso conto ieri sera sulla sublimità soprattutto della Cattedrale.
Pensavo: sfortunato colui che vede appena pietre sovrapposte, ma niente più.
Fortunato invece chi ha saputo vedere le innumerevoli braccia che hanno scavato,
trasportato, posato quelle pietre; le mani che hanno disegnato quelle linee, le
dita che hanno scolpiti grappoli e spighe e prelati sui conci; e le voci che
hanno pregato e cantato, sussurrato e taciuto. E chissà, le infinite persone che
lì hanno partecipato alle liturgie, che si sono assiepate e hanno posato i piedi
dove ora li poggiamo noi, respirando la stessa aria e riempendosi gli occhi
della stessa magnificenza. Loro erano già noi, anche se non ci pensavano. Noi
siamo loro senza pensarci, perché la Cattedrale è storia, storia della fede,
storia della bellezza, storia di popoli e i popoli non possono vivere senza
storia. Dentro e fuori la Cattedrale la storia è pietra, ma non è fredda. Ha
bisogno di chi sappia elogiarla e dirle grazie.