14/11/2019 ● Cultura
Quotidianità festosa dell’anzianità: socialismo involontario realizzato dal capitalismo
C’è un epoca della vita in cui nella maggior parte dei Paesi occidentali i lavoratori, avendone i requisiti , hanno diritto alla pensione ; in teoria hanno diritto all’ozio essendo stati nel loro lungo passato lavorativo sia produttori che consumatori . Da pensionati , qualora non abbiano alcun trascinamento lavorativo diventano consumatori di beni e servizi . E’ bene sgombrare da subito il campo dalla vulgata comune che vede nel pensionato l’esborso dell’Inps come un sofferto appesantimento dei costi sociali per il suo mantenimento , non tenendo conto del fatto che ciascuno di loro nel corso della sua vita lavorativa ha annualmente contribuito mediamente a produrre un Pil di circa 50.000 euro ricevendo in età lavorativa , tolte le varie ritenute, un salario o uno stipendio netto pressoché dimezzato. Quando si entra a far parte dell’ “Altro mondo “ del non lavoro degli umani “ quiescenti “ che oggi annovera in Italia a circa 17,8 milioni di pensionati si è giustamente , orgogliosamente soddisfatti di tale meritata condizione ; è verosimile che ci si senta appagati anche quando si gode di una più ridotta pensione di vecchiaia ( che quantomeno include il lavoro nero casalingo trascorso o di servizio accessorio alla famiglia svolto dal fruitore) . Sarà, forse, dal punto di vista psicologico la pensione una specie di panacea pecuniaria utile ed indispensabile , volta ad accompagnare un età in cui l’attenzione per la propria declinante salute fisica abbisogna di maggiori cure, condizione che mal sopporterebbe un impegno lavorativo che pretende produttività ed efficienza . Pensione e sanità generalizzata nonché l’istruzione nelle prime età della vita sono i capisaldi sociali ( del welfare) delle democrazie Occidentali più avanzate . Tuttavia una riflessione più puntuale su tali conquiste sociali rimanda inevitabilmente all’economia politica che dall’avvento dell’industrializzazione nel tardo settecento , con l’istaurarsi del capitalismo ha reclutato cospicue masse proletarie , sottratte al bracciantato, proveniente dalle campagne in via di spopolamento, organizzandole a schiere negli opifici e nelle varie attività lavorative delle città , generando l’operaio e il dipendente-massa . Il capitalismo contrapponendo capitale e lavoro anche attraverso la divisione del lavoro (‘ divide et impera’ : un motto che applicato al versante del lavoro è stato utile nella storia industriale recente per stratificare la società al fine di rendere difficoltoso se non improbabile un loro uniforme compattamento sovversivo , ideologicamente finalizzato ad una trasformazione radicale della stessa ) ha nuovamente classato la società limitando la redistribuzione di parte della redditività d’impresa al solo costo del lavoro ; facendo propria l’intrinseca dividente ideologia del capitalismo , del profitto d’impresa e del derivante accumulabile plusvalore : un aspetto quest’ultimo che in passato ha incubato le condizioni per la nascita di ideologie contrapposte rispetto a quella capitalistica di tipo anarchico, di tipo socialista , comunista . Capitale e lavoro un mix “naturalmente” ed inevitabilmente conflittuale che ad Occidente infine ha trovato una sua composizione nella statalizzazione controllata, bilanciata dall’iniziativa privata delle economie nazionali mettendo a freno l’impeto del l’ “evoluzione creatrice” del capitalismo contrapposta alla disturbante evoluzione potenzialmente rivoluzionaria delle masse lavoratrici ; quest’ultime infine rese docili , calmierate dalle organizzazioni partitiche e sindacali che da mere ‘ associazioni ‘ di fatto , nel tempo sono divenute istituzioni contrattanti e in passato, perfino decidenti la caduta di Governi . Dalla conflittualità capitale /lavoro , contenuta e sorvegliata dalle associazioni industriali , dalle organizzazioni sindacali, talvolta mediata e assecondata dalla politica sia nella concessione delle agevolazioni alle imprese sia nella concessione di diritti generalizzati : alla salute, allo studio , alla pensione … si è strutturato nelle Democrazie occidentali lo stato sociale così come oggi lo conosciamo e ne avvertiamo nel quotidiano gli effetti benefici ( con gli annessi disagi frapposti dalla pervasiva burocrazia nel praticarlo effettivamente) . C’è tuttavia da tener conto che la generalizzazione del’ welfare state ‘ ha fatto registrare intensità concessive diverse a seconda del grado di statalizzazione raggiunto dalla nazione in termini di possesso e controllo del capitale e del lavoro ad esso corrispondente .Laddove il capitalismo si è connotato in termini di Imperialismo economico-finanziario , come negli Stati Uniti d’America , paradossalmente lo stato sociale è più debole , poiché forte è l’investimento , in conto Capitale ( e lavoro), quindi è altrettanto forte il condizionamento privato a scapito delle politiche sociali dell’apparato degli Stati confederati .Infatti, l’istruzione in Usa specie quella universitaria è fortemente elitaria , costosa e pertanto non generalizzabile ; stessa sorte per la sanità : milioni di americani non hanno l’assistenza sanitaria pubblica , ciò vale anche per gli altri diritti che innervano lo stato sociale . Ad Est, ad Oriente , quindi nell’ex Unione sovietica, in Cina , benché la collettivizzazione abbia generalizzato molti diritti l’opprimente cappa ideologica del Partito, implementando la burocratizzazione ha fatto regredire le libertà personali a simulacri di democrazia . Va rilevato , a mo’ di separazione regressiva dall’Umanesimo occidentale, come entrambi gli estremi delle economie dominanti : quella imperialistica degli Usa , quella pianificata della Cina condividono la barbarie della pena di morte espunta da tempo nelle democrazie occidentali . L’Occidente d’Europa , soprattutto dopo la fine della Seconda guerra mondiale ha realizzato uno stato sociale accettabile: Germania , Francia , Italia , Inghilterra,Spagna hanno applicato pur con variazioni storiche e statuali ( LIMITANDOLO IN MODO RIDUTTIVO ALL’ETA’ DELLA PENSIONE ) in modo similare ciò che Karl Marx prefigurava nel libro Primo dell” Ideologia Tedesca “ a proposito del comunismo realizzabile : “ Appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha una sua sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale non può sfuggire : è cacciatore, pescatore o pastore o critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere , laddove, nella società comunista in cui ciascuno NON ha una sua sfera di attività esclusiva , ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere ; la società regola la produzione generale ,e in tal modo mi rende possibile fare oggi questa cosa , domani quell’altra , la mattina andare a caccia , il pomeriggio pescare , la sera allevare il bestiame , dopo pranzo criticare , così come mi viene voglia , senza diventare né cacciatore , né pescatore, né pastore né critico “ Era questa la prefigurazione idilliaca spiccatamente naturalistica oltreché declinata al maschile che Karl Marx scriveva all’incirca a metà Ottocento nella sua prefigurazione di una futura sociètà comunista; ciò è ancora nelle libertà di un pensionato , non esclusa a Guglionesi la chiacchiera o l la” critica” che si può fare ; d’altronde è un’abitudine paesana antica, anche nell’andirivieni del nostro insostituibile Lungomare ( meglio del meno consono , ma più rispondente : “ Mare a lungo”). Nell’organizzazione capitalistica del lavoro pertanto non è ostacolata la libertà di organizzarsi finalmente !... a piacimento la propria esistenza contando su un sostegno economico, anche se tale libertà rappresenta un tardivo rimando ( e risarcimento) esistenziale rapportato all’epoca della vita lavorativa trascorsa e all’età migliore sacrificata alle dipendenze del Sistema socio economico di stampo capitalistico. Purtroppo la cosiddetta” quotidianità festosa” del comunismo si concretizza in modo blando , spesso demotivato e stanco , nei pensionati in un’epoca della loro vita senescente per cui il Sistema integrando gli opposti ( specie coloro che attivamente per scelta ideologica ci hanno creduto) li ha fregati . Pensionati diventati soprattutto iperconsumatori all’interno dello stesso sistema , infatti questi spesso abbisognano di più sanità pubblica o privata ; spesso usufruiscono , collassata la famiglia, di una innovazione sociale qual è oggi l’impiego diffuso delle badanti, in genere di provenienza extracomunitaria , persone che facilitano l’ accudente accompagnamento nell’ultima età della vita , sport e attività ricreative limitate da una declinante fisicità , spesso associata ad una rinunciataria inappetenza culturale . Eppure alcuni diritti collettivi come quello alla salute, ad un reddito minimo per gli indigenti, coadiuvati e supportati dall’intervento dello Stato , da associazioni non profit ,dalla Caritas, dalla Chiesa rappresentano i punti di forza del vivere associato . Infatti, ancora la garanzia , seppur imperfetta , della sanità generalizzata nei Paesi occidentali accompagna discreta, avendone cura , l’individuo per tutta la vita .Non accade la stessa cosa per l’istruzione , potenzialmente permanente ( sarebbe questa l’utopia e come tale non realizzabile!) , di fatto limitata all’infanzia , all’adolescenza, all’età giovane e, seppur generalizzata nella popolazione italiana nella fascia dell’obbligo , la stessa subisce una drastica caduta in uscita dalla scuola secondaria , per poi ridursi al 12 % dei laureati nella popolazione in toto contro il 24% della media europea ( dati Istat 2018), senza sottacere la piaga dei giovani in gran parte laureati costretti ad emigrare ( solo nel 2018 sono stati 128.000 ! dati Migrantes ). Oggi , nella nostra società è significativamente aumentato il divario tra ricchi e poveri : una condizione che accentua il disagio sociale e pone con urgenza il problema politico di una più equa ridistribuzione del reddito e delle pari opportunità non trascurando il merito occupazionale( che non può essere solo il merito accordato per il successo d’impresa che ostentato occulta lo sfruttamento sottostante ) nella declinazione delle esistenze delle persone con le quali in una condizione di individualismo spesso non solidale condividiamo lo stesso territorio locale, nazionale . Comunità e popolazioni che si configurano sempre più come somma di individui che sperimentano una relazionalità debole , spesso confortata solo dalla solitaria dilagante , paradossalmente , perfino pagata, anaffettività virtuale.