28/8/2008 ● Cultura
"Esperienze di vita di scuola", Ferdinando Gizzi, "La partenza"
(A cura di Antonio Gizzi)
Caro Luigi, anch'io ho deciso, come tu sai già, di offrire il mio contributo
al tuo blog.
In realtà non conosco bene la parola blog e l'uso che se ne può fare: perciò,
sperando di non abusarne nell'uso il mio solo merito sarà quello di offrire un
tributo a mio padre, Ferdinando, farcendo partecipe te e i tuoi lettori più o
meno affezionati di parte degli scritti lasciati da lui prima di morire nel
1994.
Papà ha lasciato un dattiloscritto, molto bene ordinato, in cui racconta la sua
esperienza scolastica da studente a direttore didattico anche in questa scuola
della nostra Guglionesi che speriamo possa riaprire finalmente i suoi spazi a
tutti i bambini di Guglionesi.
Ti invio perciò la primissima parte del dattiloscritto. Se sarà gradito,
provvederò ad inviarti periodicamente anche tutto il resto dello stesso.
Ti saluto caramente, tuo Antonio Gizzi.
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Ferdinando Gizzi
Esperienze di vita di scuola
(diario di un direttore didattico)
Parte I
La partenza
1) Oltre il colle, Marzo 1937, Guglionesi.
Osservo il Biferno con la sua stupenda vallata, gli impluvi, le chiare acque, i
versanti del Colle coltivati ad uliveti e vigneti, i campi cupo verdeggianti, i
dossi degradanti, i peschi e i ciliegi in fiore, gli uomini che lavorano giù,
nelle poche radure, prima dell’impatto con le anse del fiume; odo i canti delle
donne che aiutano gli uomini a zappare la terra, ed il cinguettio, quello degli
uccelli che volano incontro al nido. M'assorda lo sfrecciare di un aereo che
volteggia nel cielo. Io so che è Nino l’aviatore, che viene di tanto in tanto a
salutare i genitori dall’alto; vedo nei vicoli stretti del paese vecchio
piangere donne in gramaglie al suono di una campanella della Chiesa dei Morti
che annuncia il decesso di un bimbo (quanti !).
Vedo uomini, alberi, case. Vedo ... vedo ... vedo. Ma non vedo più le Legioni di
Roma, i suoi centurioni, le sue aquile, il cavaliere etrusco e forse anche
minoico-miceneo che tanti secoli fa si aggirava intorno al Colle e frenava la
sua ansia di conoscere terre nuove. Dove è Bruzio Presente? Dove i suoi
manipoli? Dove quelli che prima e dopo di lui si arrampicarono su questo Colle?
Dove sono, chiedo, tutti costoro? Ditemelo voi che lavorate, che piangete, che
cantate, che ridete: dove è Bruzio Presente? Dove sono le sue Legioni? Dove
tutti gli altri che furono?
2) Il Colle è alle spalle.
Guardo, ora che sono giunto a Chieti, al domani scolastico. Il mio corso di
studi si è fermato a quelle scuole che si trovano a Guglionesi. Ho frequentato
la prima classe ginnasiale, in una scuola da poco istituita mercé l’opera di
alcuni genitori desiderosi del bene dei loro figli. Poi, con il trasferimento
dei miei altrove, è sorto il problema della continuazione degli studi. Con i
miei familiari sono stato pochi mesi.
Il paese è piccolo: non più di 700 anime. In quel poco tempo trascorro con loro
il tempo a Palmoli, scandito da lunghi interminabili silenzi, durante i quali la
fatica maggiore consiste nel non capire il motivo di questo far poco, di questo
non voler far niente, di questo rigetto a voler fare almeno qualcosa se si
riesce a far funzionare la fantasia. Chieti ora mi ha accolto a braccia aperte
ed io mi sono tuffato nel suo seno.
È domenica. Una domenica di ottobre. Sono in questa città che, dicono, sia molto
adatta agli studi, quasi una sonnecchiante città di provincia, che solo a sera
si anima e si muove. È una bella giornata di autunno, ma fa ancora caldo; le
vette non sono ancora innevate. Il mare Adriatico non è lontano e si vedono
passeggiare per il Corso Marruccino alcune villeggianti, quelle messaggere che a
frotte si riversano sulle vicine spiagge, ma che non disdegnano di arrampicarsi
nell’entroterra. Spira un leggero venticello. Ogni tanto qualche foglia
ingiallita, staccatasi dai rami, batte contro il mio volto.
Ore 13: sono appena tornato dalla messa assistita a San Giustino. Mi chiudo in
camera: i minuti della domenica non passano mai. Pranzo e mi distendo sul
lettino. Che faccio oggi? Come mi propongo di impiegare le ore di libertà
festiva? Studiare no, perché la domenica pomeriggio proprio non mi va di
mettermi sui libri. Come vincere la solitudine? Non mi resta che il cinema. Ecco
la mia grande evasione settimanale: il cinema.
Vedere un film, immedesimarmi nei personaggi, pensarci su, con qualche variante
apportata dalla mia fantasia per tutta la settimana e soprattutto quando sto per
addormentarmi o quando, stanco, guardo e non riesco più a leggere sui libri,
all’incerta luce di una lampadina di basso voltaggio nella mia stretta
cameretta. Guai se sbaglio (magari attratto solo da un allettante titolo) nella
scelta del film. Non tutti mi piacciono. Preferisco le storie d’amore, le scene
intensamente e talvolta drammaticamente sofferte. Esco all’imbrunire alla
ricerca della migliore pellicola.
Scelta: Cinema Corso per vedere “Orizzonte perduto”, film di Frank Capra, un
regista di origine italiana. A visione ultimata ne esco veramente soddisfatto. E
a dire che questa volta l’intreccio era di origine filosofica, con un viaggio
nell’aldilà, in un mondo fantastico, un mondo diverso e verso il quale noi tutti
tendiamo ad andare: il mondo della felicità. Cammino alla meglio e scanso alla
meglio la gente che urto, così come mi consentono la stretta strada (il Corso)
che percorro e la mia ancor fragile e poco elegante andatura di gente che viene
dal paese. Mi fermo ad osservare la vetrina di una libreria. Ho bisogno, come ha
suggerito il mio professore, di leggere molto per arricchire il mio vocabolario,
di idee. Ne scorro i titoli; leggo i nomi degli autori e penso al troppo sapere
che essi racchiudono. Ad un tratto la mia attenzione viene richiamata
dall’arrivo di un ragazzo, all’incirca della mia età (dopo saprò essere più
grande di me di soli due anni), dai capelli che danno sul castano scuro, con uno
sguardo accattivante. Porta un berretto azzurro e una giacchetta con bottoni di
madreperla. Certamente si tratta di un allievo di una delle tante scuole che ci
sono qui. Anche lui si è soffermato a guardare i libri esposti in vetrina, anzi
ne porta qualcuno sottobraccio. Scusa - azzardai - tu pure stai cercando un
libro? Nel voltarsi ho modo di guardare meglio i suoi lineamenti, che mi
sembrano non molto sconosciuti. È infatti, Guerrino, un amico di infanzia, qui
trasferito da alcuni anni. Il ritrovarsi dopo un po' di tempo a Chieti, in terra
lontana, mi dà un senso di conforto. E anche di stimolo ad applicarmi nello
studio. I miei mi mantengono in pensione in questa città e spendono già
parecchio, date le loro ristrettezze economiche. Bisogna ripagarli con l’impegno
e con risultato, che sono certo non potranno mancare. Decidiamo di comune
accordo di studiare assieme per cercare di colmare le lacune che sono facilmente
intuibili e evidenti nei ragazzi che provengono da situazioni scolastiche
disagiate. Perché non cercare di prepararsi privatamente per conseguire al più
presto quel diploma, che solo può assicurare un impiego e una paga? Guerrino,
pratico dell’ambiente, me ne parla ampiamente in un pomeriggio di festa.
[Continua con prossima pubblicazione su Fuoriportaweb]