10/12/2018 ● Cultura
Film "Tre volti" di Jafar Panahi
Il film racconta la storia dell'attrice Behnaz Jafari (che interpreta se
stessa) riceve sul suo telefonino il video di una ragazza che minaccia il
suicidio, perché i suoi genitori non le consentono di fare l'attrice.
La donna, sconvolta dalla visione, chiede aiuto all'amico Jafar Panahi
(naturalmente se stesso) per raggiungere uno sperduto paesino di montagna
dell'Iran, dove vivrebbe la giovane.
Il faticoso e lungo viaggio per impervie vie e brulli paesaggi, diventa
un'occasione di conoscere gli abitanti dei vari luoghi, per sentire il loro
pensiero sulla vita quotidiana, sulla precaria condizione femminile, sulle
radicate tradizioni conservatrici e soprattutto mettere in evidenza il grande
senso di ospitalità, solidarietà e generosità delle persone.
Il regista servendosi di potenti e coinvolgenti immagini e parole, propone
profonde riflessioni allo spettatore circa la forza e la centralità del cinema
sul realismo, il fascino e la forma a volte disturbante.
Jafar Panahi fu condannato nel 2010 a 6 anni di prigione e all'interdizione
ventennale della professione per aver appoggiato la "rivoluzione verde",
provvedimento attualmente sospeso.
Comunque, nonostante le difficoltà il regista ha continuato tramite i suoi film
a denunciare la grave crisi esistenziale e sociale del popolo iraniano oppresso
da un regime teocratico, corrotto e manipolatorio.
Tra i suoi film non possiamo esimerci dal citare: "Lo specchio, premiato a
Locarno col Pardo d'oro, "Il cerchio", Leone d'oro a Venezia e Taxi Teheran che
decretò la condanna per i suoi duri giudizi nei confronti del regime.
Il cinema, arte meravigliosa e fantastica, permette allo spettatore di
immergersi totalmente in un caleidoscopio di colori, suoni e immagini che
penetrano la mente e l'anima, e una strana sensazione di tempo sospeso ci
allontana dalle vicende della vita quotidiana conducendoci in un mondo
fantastico e al contempo reale dove tutto può accadere.