12/11/2018 ● Cultura
L’agricoltura ritorni ad essere una componente forte dello sviluppo
Mi piace ricordare quanto detto da Giulia Maria Mozzoni Crespi, ambientalista
(Repubblica del 20 febbraio 2015) << Tutto è collegato. Una sana agricoltura fa
bene alla salute. Una buona agricoltura tutela il paesaggio. Un paesaggio
tutelato attira il turismo. Il turismo di qualità incentiva l’artigianato e crea
nuova occupazione. Questo è il messaggio fondamentale per il nostro futuro e per
il futuro dei nostri giovani >>. Per non parlare dei danni apportati al
territorio agrario dai campi fotovoltaici realizzati senza regole e a discapito
dell’agricoltura e al paesaggio. Insomma, un’agricoltura più sana aiuta a
difendere il clima.
Il ministro Martina: “Un miliardo e mezzo di euro per consolidare la nostra
leadership nel biologico”- Michaei Pollan nel suo saggio sui giardini
(pubblicato da Adelphi) lo scrive a proposito degli orti ma vale per tutta
l’agricoltura – Negli ultimi anni però le tecniche agricole hanno allentato il
loro legame con la natura – L’eccesso di chimica e il sovra-struttamento hanno
indebolito i terreni rendendoli meno capaci di resistere a difficoltà che vanno
dalle malattie derivanti dal cambiamento climatico. Insomma è giunto il tempo
che l’agricoltura ritorni ad essere considerata come una componente forte dello
sviluppo del territorio.
In un mio precedente articolo segnalavo il comportamento virtuoso della
cittadina in provincia di Milano (Cassinetta di Lugagnano). Il primo cittadino,
Daniela Accinasio, ha dichiarato quanto segue: << Siamo un paese agricolo,
abbiamo una identità culturale e architettonica importante, che senso ha
costruire se non ne hai la necessità, mettendo a rischio geologicamente il
territorio ? Le aziende agricole della nostra zona non sono state costrette a
cedere i terreni alla speculazione, si sono riconvertite al biologico, così oggi
hanno dimensioni che consentono loro di mantenere competitività>>.
Il compianto prof. Giovanni Sartori, politologo per professione e ambientalista
per convinzione ha dichiarato (vedasi Corriere della Sera): Il livello della
nostra disoccupazione giovanile è davvero intollerabile. Da noi vige ancora la
corsa per fabbricare “tutti dottori”. Ma il grosso dei dottori che produciamo e
che andremo a produrre saranno inutili. Alle nuove generazioni occorrono
istituti tecnici e scuole di specializzazione collegati alla “economia verde”,
al ritorno alla terra, e anche alla piccola economia delle piccole cose.
Altrimenti saremo sempre più disoccupati”.
Tutto c’ò evidenziato occorre altresi’tener presente il tema dei migranti
occupati in agricoltura che è salito prepotentemente alla ribalta. Al riguardo è
stato osservato che il lavoro degli immigrati mantiene vive le nostre campagne.
Infatti, una ricerca presentata recentemente, condotta da Laura Fossati,
antropologa, e Michele Nori, agronomo dell’istituto Universitario Europeo di
Firenze – contiene numeri impressionanti, se è vero che il 70 per cento dei
pastori ufficialmente salariati in Piemonte arriva dall’estero ed è in
maggioranza romeno e albanese. Giustamente è stato osservato che il lavoro degli
immigrati mantiene le nostre campagne. Fossati e Nori ci ricordano come i
migranti di oggi siano ampiamente assimilabili – per ruolo e incidenza – a
quelli che nel dopoguerra salvarono la nostra agricoltura. I contadini di oggi
arrivano dall’Europa piu’ debole, dall’Africa e dal subcontinente indiano.
Insomma, i migranti sono perfetti per ripopolare le campagne abbandonate : hanno
un bisogno disperato di lavorare, non hanno nulla da perdere, si accontentano di
poco, a volte quasi niente, come i pastori migranti che si mangiano la vita in
Calabria per cinquecento euro al mese. Ha detto, al riguardo, Carlo Petrini, che
di cibo e di agricoltura se ne intende: “mi piacerebbe che un giorno, con calma
e raziocinio, potessimo essere tutti più fraternamente uniti su questi temi,
indipendentemente dalla pelle, dalla religione, dalla politica, e proprio a
partire dal cibo”. (così Antonio Salvati, notizie italiane. I migranti per
ripopolare le nostre campagne abbandonate).