24/7/2018 ● Politica
Le 65 tribù dell’elettorato guglionesano contemporaneo
Sembrava , dall’irruzione grillina nella politica guglionesana del 4 marzo 2018 (consultazione che aveva assegnato ai Penta stellati la quasi totalità dei parlamentari molisani) che l’esito avesse prodotto uno sparigliamento delle antiche alleanze politiche ; un’ondata , rigenerante , che pareva dovesse prefigurare una nuova ridefinizione dell’autonomia politica individuale e collettiva locale . Ma già alle successive elezioni regionali l’affido del voto al Movimento si era quasi dimezzato , compartecipando il consenso il “nuovismo politico “ movimentista con l’esordio regionale vincente della Lega di Salvini , fino a riconsegnare, alle Amministrative locali del giugno 2018 l’elettorato ad una frammentazione del voto che non ha uguali nella nostra storia elettorale recente . Da qui il rapido ritorno ( al di là del carattere “municipale “ della consultazione che , sebbene ne attenua l’inversione di tendenza, da solo non spiega il recente insuccesso dei Pentastellati ) ad un’aggregazione familiare del voto che individua all’interno della sua tribù plurifamiliare di appartenenza ( consanguinei ed affini) il candidato più rappresentativo, ne favorisce, attraverso un indicativo pre-consenso , l’inserimento in lista nell’intento di vederlo eletto nella compagine civica di riferimento con un numero di preferenze più o meno correlato all’ampiezza delle famiglie supportanti . Neppure quando erano attive le “ sezioni” dei partiti che pure nella nostra storia politica recente hanno rappresentato importanti ambiti formativi in quanto ad iniziazione alla politica , sono stati individuati tanti candidati alla “ carica” e, purtroppo , rappresenta questo inverosimile affollamento di “ eleggibili “non tanto una democratizzazione della politica , ma un chiaro segno dell’attuale improvvisazione nella gestione della Cosa pubblica, sia pure in un segmento periferico dello Stato, qual è il Comune . E, posto che oggi , cessate le schermaglie mediatiche , gli animi dei candidati e dei loro sostenitori , infervorati oltremodo durante la campagna elettorale dall’appartenere o dal sostenere una lista civica piuttosto che un’altra ( quando, paradossalmente , avrebbe dovuto essere proprio il carattere civico delle liste, che nel civismo riconosce il suo denominatore comune, un neutrale deterrente di per sé atto a pacificatore ed a stemperare qualsivoglia animosità riconducendola ad una ragionevole dialettica sui temi e sui contenuti piuttosto . com’è invece accaduto , che esacerbare gli animi , chiamando in causa nella “singolar tenzone” talvolta il passato, presente e futuro dei candidati in lizza , e non) si sono finalmente acquietati confortati dall’evidenza legittimante del risultato della lista civica guidata dal Sindaco avv. Mario Bellotti . La lista vincente, “snaturandosi” ha dovuto in parte dismettere l’appartenenza partitica ( quantomeno nel logo ) , ha altresì dovuto mediare ( oggi va di moda “contrattare”) con altri gruppi poi in questa confluiti , di matrice culturale di appartenenza anche molto diversa , non solo i candidati ma , sembra, anche i ruoli spettanti agli aggiunti nell’eventualità di un positivo riscontro elettorale. Peraltro, al fine di stemperare qualsiasi appiglio ideologico nel potenziale elettore non di riferimento partitico si è ritenuto opportuno sospendere durante la campagna elettorale l’utilizzo della sede storica del partito (il circolo PD) e scegliere un locale di rappresentanza elettorale più neutro ( sul “Lungomare” ) al fine di intercettare il voto di settori dell’elettorato incerto sull’affido del suo voto alla lista “ Guglionesi riparte “ , ciò anche al fine di enfatizzare il carattere civico della lista. Pertanto , essendo state strutturate le liste con similari modalità di mixaggio dei componenti ( ad eccezione dei Pentastellati) ci si aspetta che la lista vincente non avendo connotazioni socio-politiche particolari , nell’assolvere il suo mandato , dispieghi un ’azione amministrativa improntata alla laicità . Oggi ad elezioni avvenute , al fine di evidenziare alcune dinamiche interne alla lista vincente ( me ne occupo in modo specifico non tanto perché le altre liste non abbiano avuto merito; anzi si sono attestate su livelli di consenso confrontabili con quella vincente. Di fatto le altre liste in competizione insieme assommano all’incirca al 75% dei consensi espressi , con una rappresentanza apicale nel Consiglio Comunale di quattro candidati Sindaci ed è questa configurazione del Consiglio un altro caratterizzante “estremismo locale”. Mi soffermo qui su alcuni aspetti che hanno connotato e forse , anche condizionato o favorito il successo o l’insuccesso di alcuni candidati all’interno della compagine “ Guglionesi riparte ”. Infatti , entrando in merito alla distribuzione delle preferenze accordate ai singoli candidati si evince sia una caratterizzazione partitica ( poiché alcuni candidati , tra cui il Sindaco rappresentano una consolidata espressione del Pd ) come altri sono espressione delle altre componenti che successivamente hanno integrato la lista inizialmente Pd ( che in embrione sovrastimando il potenziale consenso intercettabile è partita da un’idea autoaggregante e autosufficiente nella proposta politica ) per cui ad elezioni avvenute il consenso accordato alle diverse aggregazioni formanti la lista è facilmente riconoscibile disaggregando i consensi , comportando tuttavia insieme alla scelta del voto di lista , nell’ esprimere le preferenze alcuni effetti distorsivi se non artificiosi dovuti all’appartenenza di genere . Infatti, la lista vincente “Guglionesi riparte”, per effetto dell’ articolazione interna delle preferenze ha una composizione di genere sorprendentemente equilibrata ,come probabilmente non è accaduto in passato anche perché le donne candidate sono state “portate “ ( si diceva una volta ) dalla “formula di genere” che in modo artificioso prefigura, data la prima preferenza al maschile , l’assegnazione della seconda preferenza al femminile . Ma , a ben vedere ,al fine di rilevare quanto le donne in lista abbiano “tirato “ in proprio bisognerebbe verificare le preferenze singole che le stesse hanno fatto registrare ( in numero limitato , a parere di alcuni osservatori ); la maggior parte dei consensi loro attribuiti sono preferenze di genere : si esprimevano infatti sulla seconda preferenza ). Lo dimostrano due considerazioni ; la prima: la compagine femminile all’interno della lista superava di un’unità quella strettamente necessaria per la sua presentazione ed è proprio in ragione di tale non equilibrio iniziale rispetto alla componente maschile che giocoforza l’ eventuale seconda preferenza si dovesse concentrare sulle cinque donne in lista; la seconda considerazione riguarda i quattro candidati esclusi che, guarda caso , ad eccezione di una candidata sono maschi, ovvero questi ultimi rappresentano coloro che , oltre a guadagnarsi la preferenza personale , con la seconda accessoria che molti elettori hanno voluto associare alla prima hanno involontariamente o volontariamente contribuito a distribuire con gradualità diverse preferenze a ventaglio per le altre candidate che in tal modo sono perfino salite in vetta alla graduatoria degli eletti . Di fatto , tre donne seguono il buon piazzamento del più votato in assoluto : Giuseppe Aristotele ( lo stesso in modo volontario o involontario con la seconda preferenza , quando espressa, ha contribuito al successo al femminile della lista ). Pertanto si evince che verosimilmente le donne elette sono state “aiutate “ dai candidati e ciò ancora una volta rappresenta una benevola , secondaria concessione maschile in una lista in cui i candidati si avvicinano ai due terzi . Dissento su questa modalità di espressione delle preferenze che “impone” le candidate ; è preferibile che gli spazi politici le donne se li guadagnino in proprio , posto che sono anche maggioranza di genere nella società ; mi piacerebbe , parimenti, che all’inverso in un ipotetico futuro siano loro a supportare candidati maschi ( ma , benché tale scenario sia inverosimile , se praticato , il comportamento elettorale risultante sarebbe già di per sé una rivoluzione di genere ! ) E, per concludere , tornando al titolo dell’articolo che volutamente rimanda ad una certa “ tribalità antropologica “ un aspetto quest’ultimo che dopotutto ciascuno in seno alla propria ascendenza , discendenza ed affinità generazionale può, almeno per sommi capi , verificare poiché è parte integrante della nostra esperienza sociale vissuta . Rappresentano infatti le consociazioni plurifamiliari , lo si è verificato, un tratto socioculturale in grado di compattare in modo orizzontale i gruppi sociali , una complessa configurazione relazionale che affonda le sue radici nella ritualità collettiva dei matrimoni, dei decessi , delle nascite nonché di altre più deboli calendarizzazioni biografiche sacramentali , che oggi in modo istituzionalizzato trova trasposizione più incerta, poiché mediato dal segreto dell’urna, nell’espressione del voto che di fatto rappresenta una temporanea aggregazione di consensi di scopo ; quest’ultimo un altro modo , spesso conveniente sia per il candidato che per la costellazione delle famiglie supportanti , per contare numericamente i consensi ,per verificare la forza e il condizionamento di status dei legami all’interno del clan familiare e, non per ultimo , per contare una volta eletti alla “carica” nelle istituzioni.