1/7/2018 ● Cultura
Messaggio del Sindaco Mario Bellotti per la festa patronale di S. Adamo Abate 2018
Cari concittadini, Sua eccellenza, caro don Gianfranco, Autorità tutte
Le parole contenute in questo mio discorso augurale non potranno compiutamente
dar conto della gioia e dell’orgoglio che provo in questo momento, sentimenti
entrambi inesprimibili.
Posso solo immaginare che ciascuno di voi, in considerazione di quel groviglio
di sensazioni, emozioni e passioni in cui si sostanzia l’”essere guglionesani”,
identità collettiva aggiuntiva a quella individuale, nei miei panni avvertirebbe
quel che avverto io in questo momento: presiedere in veste di sindaco alla
celebrazione del Santo Patrono rappresenta il massimo privilegio per un
guglionesano. E per questo privilegio, in questo fine giugno 2018, debbo
ringraziare la cittadinanza per la recentissima investitura e, consentitemi
l’amenità, anche le coincidenze astrali. Non vi fosse stata la concomitanza di
due festività non avrei potuto esercitare questa prerogativa, tenendo a
battesimo l’inizio di mandato nel modo più augurale possibile.
Ho utilizzato di proposito il termine “battesimo”. In fondo la festività
patronale si sostanzia proprio nell’impegno rituale, che l’autorità civile e
quella religiosa assumono, nel patrocinare la comunità guglionesana.
Forse noi contemporanei non tributiamo la dovuta importanza a quello che è
l’intimo significato della festa patronale, in cui la componente civile e
religiosa sono tra loro complementari, compenetrata ciascuna nell’altra. Come il
Santo Patrono accorda la sua protezione intercedendo verso quelle sfere così
alte che sfuggono alla nostra comprensione, così il primo cittadino patrocina
gli interessi della comunità che rappresenta.
E, vedete, da quando 25 anni fa si è istituita l’elezione diretta, “primo
cittadino” non è una locuzione puramente descrittiva … si è davvero chiamati ad
essere primi cittadini, e non per la solita facile retorica: si è chiamati
davvero a rappresentare tutti, a prescindere dalla preferenza espressa. Badate
bene, nel nostro ordinamento giuridico non esiste carica istituzionale che possa
vantare un legame così forte e diretto con i propri rappresentati.
Dunque oggi, in quella che è la ricorrenza più importante per il nostro paese,
la cittadinanza intera rinnova il battesimo mediante cui a ciascuno viene dato
di riconoscersi come appartenente alla comunità guglionesana.
Oggi ricorre l’annuale occasione in cui ritualmente riallacciamo i fili della
memoria e ricordiamo a noi stessi di avere qualcosa …, anzi molto, in comune: la
storia, il dialetto, la cucina, i canti e le ballate popolari, il paesaggio
modellato nei secoli, palazzi e chiese eretti col sudore dei nostri avi, e tutti
quei valori che ci accomunano in un unico sentire e che sono entrati, col tempo,
a far parte della nostra cultura.
Ci riconosciamo tutti in quei valori che da secoli costituiscono quella trama
invisibile che ci fa sentire parte di un qualcosa che ci trascende, che si
alimenta del sentimento di appartenenza di ciascuno, una coscienza collettiva
che non è il risultato della semplice sommatoria delle coscienze individuali,
bensì, ne è il prodotto esponenziale.
Questo è il patrimonio condiviso, identitario, che viene a noi dalla tradizione,
una tradizione che assembla tanti diversi valori, accomunati però sotto un unico
simbolo, Sant’Adamo, il simbolo sotto il quale tutte le diversità, l’essere o
meno ricchi, più o meno istruiti, l’avere un qualsiasi colore di pelle e
appartenere a razze diverse; insomma, qualsiasi pretesto potenzialmente in grado
di dividerci passa in secondo piano.
Sant’Adamo dunque, oltre ad essere occasione di svago all’interno di una
celebrazione religiosa, è anche quell’esercizio della memoria che ci consente di
ricordare che siamo principalmente una comunità, che è dalle cose che abbiamo in
comune che dobbiamo trarre giovamento e che un filo invisibile lega tutti noi in
un vincolo di solidarietà.
La vita stessa del santo deve continuare ad essere esempio per noi tutti. Un
millennio fa diventa abate nel monastero di S. Maria delle Isole Tremiti,
trasformandolo in un centro di cultura e di rinnovamento religioso. Come
benedettino opera nelle Universitas civium, le associazioni di cittadini che
all’epoca stavano per ritagliarsi spazi di autonomia dal potere centrale,
favorendo proprio il culto dei santi patroni come modelli di patrocinio
politico, etico e culturale. Fu strenuo difensoredell’autonomia del suo
monastero, proteggendolo da ingerenze. I semi da lui piantati nell’XI secolo
hanno in seguito attecchito e dato buoni frutti.
Ma oggi? Non si può far finta di credere che il patrimonio culturale e di
valori, accumulato nel corso del tempo, sia giunto integro a noi uomini del 3°
millennio. I meno giovani hanno assistito, e tuttora assistono, al lento
affievolirsi di quel senso di appartenenza che i nostri avi esibivano con
orgoglio. Nel passaggio di consegne da una generazione all’altra qualcosa è
andato perso.
Non posso esimermi dall’evidenziare come la campagna elettorale, che ci siamo da
poco lasciati alle spalle, sia stata divisiva più che mai. E non è certo una
polemica che qui si vuole imbastire … tutt’altro. Bisogna anzi interpretare la
circostanza come un campanello di allarme, come l’amara constatazione che il
sistema di valori in cui si esprime la cultura guglionesana ha perso la capacità
adesiva di un tempo. Colgo quindi quest’occasione, che è di gran lunga la
migliore che si possa sfruttare, per tacitare gli animi, dato che la tradizione
patronale serve anche a ricordare a noi stessi la nostra comune provenienza,
dunque a capire chi siamo e quale direzione intraprendere.
Prima ho definito questa festività in termini di battesimo, ovvero di impegno
rituale dell’autorità religiosa e civile ad essere patroni di questa comunità, a
patrocinarne gli interessi. In questa occasione, in realtà, siamo chiamati tutti
indistintamente ad una sorta di battesimo, ovvero all’assunzione di un impegno
verso la comunità di appartenenza, che consiste nel fare semplicemente il
proprio dovere, ciascuno in base al proprio ruolo e alle proprie attitudini.
Quella coscienza collettiva che corrisponde all’”essere guglionesani”, quel
patrimonio di valori, si arricchisce con l’esempio virtuoso che ciascuno di noi,
a vario titolo, può dare.
Non amo molto le citazioni, ma trovo sia giusto a questo punto parafrasare il
famoso invito di Kennedy agli americani: “non chiedetevi cosa può fare
Guglionesi per voi, ma cosa voi potete fare per Guglionesi”.Durante la campagna
elettorale delle comunali da più parti vi è stato promesso un impegno per il
bene comune. Questo termine, comune, ricorre più volte,ma se di vero impegno si
tratta occorre travasarlo dal terreno della retorica a quello della concretezza.
E per far questo occorre metodo.
Agire in comunione significa, in sintesi, collaborare, interessarsi della cosa
pubblica e chiedere conto. Sii un buon cittadino, che partecipa alla cosa
pubblica, che si senta parte della stessa, e avrai contribuito al progresso
civile della comunità. Questa è la risposta al come: siamo parte di una
comunità, e oggi, come ieri, dobbiamo attingere alla nostra sapienza per
costruire il senso del nostro vivere, la nostra storia.
Divisioni e rivalità conducono solo a sospetti, malignità, squalifiche e
partigiane pretese. Il rito della processione esprime compiutamente entrambi gli
elementi che ho inteso oggi sottoporre alla vostra attenzione: il procedere
tutti insieme, un passo dietro l’altro, in avanti, verso la direzione indicataci
dal nostro nume tutelare, Sant’Adamo; procedere, inoltre, nella teologia
cristiana indica la provenienza, ed è la comune provenienza a connotarci quale
comunità.
Noi procediamo dai nostri avi, grazie ad un legame che attraversa i secoli. La
festività patronale rappresenta la principale tra le nostre tradizioni e una
tradizione si intende che vada consegnata ad altri, così come è stata consegnata
a noi. Di generazione in generazione, come in una processione lenta e
inarrestabile, la comunanza di valori è giunta sino a noi, che oggi dobbiamo
garantirne la consegna alle generazioni a venire.
Ecco … facciamolo.
Buon Sant’Adamo!