BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000
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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 è attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali è in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (circa 3.200.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


1/7/2018 ● Cultura

Messaggio del Sindaco Mario Bellotti per la festa patronale di S. Adamo Abate 2018


  Mario Bellotti ● 2619


Cari concittadini, Sua eccellenza, caro don Gianfranco, Autorità tutte

Le parole contenute in questo mio discorso augurale non potranno compiutamente dar conto della gioia e dell’orgoglio che provo in questo momento, sentimenti entrambi inesprimibili.
Posso solo immaginare che ciascuno di voi, in considerazione di quel groviglio di sensazioni, emozioni e passioni in cui si sostanzia l’”essere guglionesani”, identità collettiva aggiuntiva a quella individuale, nei miei panni avvertirebbe quel che avverto io in questo momento: presiedere in veste di sindaco alla celebrazione del Santo Patrono rappresenta il massimo privilegio per un guglionesano. E per questo privilegio, in questo fine giugno 2018, debbo ringraziare la cittadinanza per la recentissima investitura e, consentitemi l’amenità, anche le coincidenze astrali. Non vi fosse stata la concomitanza di due festività non avrei potuto esercitare questa prerogativa, tenendo a battesimo l’inizio di mandato nel modo più augurale possibile.

Ho utilizzato di proposito il termine “battesimo”. In fondo la festività patronale si sostanzia proprio nell’impegno rituale, che l’autorità civile e quella religiosa assumono, nel patrocinare la comunità guglionesana.
Forse noi contemporanei non tributiamo la dovuta importanza a quello che è l’intimo significato della festa patronale, in cui la componente civile e religiosa sono tra loro complementari, compenetrata ciascuna nell’altra. Come il Santo Patrono accorda la sua protezione intercedendo verso quelle sfere così alte che sfuggono alla nostra comprensione, così il primo cittadino patrocina gli interessi della comunità che rappresenta.
E, vedete, da quando 25 anni fa si è istituita l’elezione diretta, “primo cittadino” non è una locuzione puramente descrittiva … si è davvero chiamati ad essere primi cittadini, e non per la solita facile retorica: si è chiamati davvero a rappresentare tutti, a prescindere dalla preferenza espressa. Badate bene, nel nostro ordinamento giuridico non esiste carica istituzionale che possa vantare un legame così forte e diretto con i propri rappresentati.

Dunque oggi, in quella che è la ricorrenza più importante per il nostro paese, la cittadinanza intera rinnova il battesimo mediante cui a ciascuno viene dato di riconoscersi come appartenente alla comunità guglionesana.
Oggi ricorre l’annuale occasione in cui ritualmente riallacciamo i fili della memoria e ricordiamo a noi stessi di avere qualcosa …, anzi molto, in comune: la storia, il dialetto, la cucina, i canti e le ballate popolari, il paesaggio modellato nei secoli, palazzi e chiese eretti col sudore dei nostri avi, e tutti quei valori che ci accomunano in un unico sentire e che sono entrati, col tempo, a far parte della nostra cultura.

Ci riconosciamo tutti in quei valori che da secoli costituiscono quella trama invisibile che ci fa sentire parte di un qualcosa che ci trascende, che si alimenta del sentimento di appartenenza di ciascuno, una coscienza collettiva che non è il risultato della semplice sommatoria delle coscienze individuali, bensì, ne è il prodotto esponenziale.
Questo è il patrimonio condiviso, identitario, che viene a noi dalla tradizione, una tradizione che assembla tanti diversi valori, accomunati però sotto un unico simbolo, Sant’Adamo, il simbolo sotto il quale tutte le diversità, l’essere o meno ricchi, più o meno istruiti, l’avere un qualsiasi colore di pelle e appartenere a razze diverse; insomma, qualsiasi pretesto potenzialmente in grado di dividerci passa in secondo piano.
Sant’Adamo dunque, oltre ad essere occasione di svago all’interno di una celebrazione religiosa, è anche quell’esercizio della memoria che ci consente di ricordare che siamo principalmente una comunità, che è dalle cose che abbiamo in comune che dobbiamo trarre giovamento e che un filo invisibile lega tutti noi in un vincolo di solidarietà.
La vita stessa del santo deve continuare ad essere esempio per noi tutti. Un millennio fa diventa abate nel monastero di S. Maria delle Isole Tremiti, trasformandolo in un centro di cultura e di rinnovamento religioso. Come benedettino opera nelle Universitas civium, le associazioni di cittadini che all’epoca stavano per ritagliarsi spazi di autonomia dal potere centrale, favorendo proprio il culto dei santi patroni come modelli di patrocinio politico, etico e culturale. Fu strenuo difensoredell’autonomia del suo monastero, proteggendolo da ingerenze. I semi da lui piantati nell’XI secolo hanno in seguito attecchito e dato buoni frutti.

Ma oggi? Non si può far finta di credere che il patrimonio culturale e di valori, accumulato nel corso del tempo, sia giunto integro a noi uomini del 3° millennio. I meno giovani hanno assistito, e tuttora assistono, al lento affievolirsi di quel senso di appartenenza che i nostri avi esibivano con orgoglio. Nel passaggio di consegne da una generazione all’altra qualcosa è andato perso.
Non posso esimermi dall’evidenziare come la campagna elettorale, che ci siamo da poco lasciati alle spalle, sia stata divisiva più che mai. E non è certo una polemica che qui si vuole imbastire … tutt’altro. Bisogna anzi interpretare la circostanza come un campanello di allarme, come l’amara constatazione che il sistema di valori in cui si esprime la cultura guglionesana ha perso la capacità adesiva di un tempo. Colgo quindi quest’occasione, che è di gran lunga la migliore che si possa sfruttare, per tacitare gli animi, dato che la tradizione patronale serve anche a ricordare a noi stessi la nostra comune provenienza, dunque a capire chi siamo e quale direzione intraprendere.
Prima ho definito questa festività in termini di battesimo, ovvero di impegno rituale dell’autorità religiosa e civile ad essere patroni di questa comunità, a patrocinarne gli interessi. In questa occasione, in realtà, siamo chiamati tutti indistintamente ad una sorta di battesimo, ovvero all’assunzione di un impegno verso la comunità di appartenenza, che consiste nel fare semplicemente il proprio dovere, ciascuno in base al proprio ruolo e alle proprie attitudini. Quella coscienza collettiva che corrisponde all’”essere guglionesani”, quel patrimonio di valori, si arricchisce con l’esempio virtuoso che ciascuno di noi, a vario titolo, può dare.
Non amo molto le citazioni, ma trovo sia giusto a questo punto parafrasare il famoso invito di Kennedy agli americani: “non chiedetevi cosa può fare Guglionesi per voi, ma cosa voi potete fare per Guglionesi”.Durante la campagna elettorale delle comunali da più parti vi è stato promesso un impegno per il bene comune. Questo termine, comune, ricorre più volte,ma se di vero impegno si tratta occorre travasarlo dal terreno della retorica a quello della concretezza. E per far questo occorre metodo.
Agire in comunione significa, in sintesi, collaborare, interessarsi della cosa pubblica e chiedere conto. Sii un buon cittadino, che partecipa alla cosa pubblica, che si senta parte della stessa, e avrai contribuito al progresso civile della comunità. Questa è la risposta al come: siamo parte di una comunità, e oggi, come ieri, dobbiamo attingere alla nostra sapienza per costruire il senso del nostro vivere, la nostra storia.

Divisioni e rivalità conducono solo a sospetti, malignità, squalifiche e partigiane pretese. Il rito della processione esprime compiutamente entrambi gli elementi che ho inteso oggi sottoporre alla vostra attenzione: il procedere tutti insieme, un passo dietro l’altro, in avanti, verso la direzione indicataci dal nostro nume tutelare, Sant’Adamo; procedere, inoltre, nella teologia cristiana indica la provenienza, ed è la comune provenienza a connotarci quale comunità.
Noi procediamo dai nostri avi, grazie ad un legame che attraversa i secoli. La festività patronale rappresenta la principale tra le nostre tradizioni e una tradizione si intende che vada consegnata ad altri, così come è stata consegnata a noi. Di generazione in generazione, come in una processione lenta e inarrestabile, la comunanza di valori è giunta sino a noi, che oggi dobbiamo garantirne la consegna alle generazioni a venire.

Ecco … facciamolo.
Buon Sant’Adamo!

Cartellone




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