20/6/2018 ● Cultura
Musica: la lingua senza metter lingua
La mia prima chitarra era senza corde e con il top arricciato come il
coperchio della carne in scatola dopo l’apertura.
Una “Carmelo Catania” di orrenda fattura, ne classica né acustica. Ti spezzava i
polsi.
La chiesi in regalo ad un mio compagno di scuola di Termoli, un attimo prima che
la buttasse nel cassonetto dell’immondizia.
-Scusa Agostino, ma quella è una chitarra vera?- Lui sorpreso rispose - Certo,
me l’hanno regalata i miei che lavorano in Germania, ma io non la suono e
l’umidità che c’è a casa di mia nonna vedi come l’ha ridotta - con impeto -Me la
regali, voglio provare ad aggiustarla- e lui –Certo, dammi 10 mila lire-.
La comprai con i soldi destinati all’abbonamento mensile per l’autobus.
Mai soldi però, sono stati spesi meglio. L’aggiustai con acqua calda, colle e
morse.
Coprii con il pennarello i vari graffi, la lucidai con il prodotto per i mobili
di mia madre e mi presentai dal mitico “Stagnarello”, l’unico negozio che
vendeva materiale elettrico e in un cassetto aveva anche delle corde sfuse
violino, chitarra o basso.
-Che corde vuoi? Ho qui un MI, un SI…- ed io imbarazzato – Non lo so questa è la
chitarra, vorrei le corde per questa qui.- e il negoziante- E io che ne so, lo
chiedi a me, tu sei il chitarrista e tu devi saperlo!-
Ci arrivai con il tempo e intuito basandomi sullo spessore degli incavi del
ponte superiore.
Non parliamo poi dell’accordarla, fu un’altra ardua impresa, il famoso
fischietto “LA” lo conservo ancora.
D’altronde, l’unica fonte informativa musicale che avevo era il “monello” che
dedicava una pagina a riportare accordi e tablature delle canzoni del momento.
Era l’epoca del nostro cantautorato migliore, di polpa ce n’era e io crescevo a
panecotto e De Andrè.
La mia insegnante di musica alle medie era una incapace, aveva una pianola che
nessuno poteva toccare tranne lei ma sapeva suonare solo il tasto LA che usava
per dare la nota al coro sgraziato che non sapeva guidare. Ma io tutto questo
non lo sapevo ancora.
Secondo lei io avrei potuto far tutto nella vita tranne cantare, suonare o
studiare musica e per questo mi teneva fuori aula durante le sue lezioni.
Con queste premesse, nel tempo poi ho studiato la musica con vari maestri, non
sono risultato così repulsivo alla materia ed ho avuto sempre più chiara in me
la consapevolezza della sua grandezza e universalità.
Credo che la musica, insieme alla certezza della morte, sia la cosa più
democratica di questo mondo.
Essa non dipende dalla ricchezza, dalla razza, dalla religione e nemmeno dalla
cultura intesa come istruzione scolastica.
Essa dipende dalla capacità di sentire ed esprimere quello che non si può a
parole.
Dalla sensibilità d’animo che ti porti dietro e ti fa continuare vivere
nonostante quel tuo rivolo di dolore esistenziale che celi dentro di te.
Sa essere taumaturgica, terapeutica, irruente, drammatica, gioiosa, spensierata,
comica e mille altre cose ancora, ma con la capacità di giungere a una
profondità superiore rispetto ad ogni altra forma di comunicazione.
La musica che ascolti o che suoni è solo tua, parla o viene da te in modo
assolutamente unico e personale.
La musica è lo scontro tra il sangue bollente e il gelo mortale delle pochezze
umane alla struggente e faticosa ricerca della pace dell’anima.
Un potente grimaldello per arrivare al cuore di ogni creatura vivente e il
miglior cammino possibile per riuscire ad accogliere se stessi e gli altri su un
piano di reali e basilari valori esistenziali.
Siamo tutti reduci dal clima avvelenato e spietato delle elezioni comunali ma (e
per fortuna) siamo anche reduci dal saggio di fine anno della scuola musicale
“Chorus Line”, una realtà cittadina che è fonte di bellezza per i tanti giovani
che si cimentano nello studio di uno strumento o nel canto.
ll successo del saggio conclusivo di quest'anno è sicuramente stato dovuto al
grande lavoro dei ragazzi e degli insegnanti che hanno saputo trasmettere
conoscenze musicali e passione artistica ma, dobbiamo certamente ringraziare i
"valori aggiunti" portati da Maria Chiara Guarino con la sua elegante quanto
efficace conduzione insieme al nostro Paolo Plescia che non si risparmia mai, al
grande uomo con un cuore ancora più grande com'è Aldo Piccinini degli Acid Lake
e alla simpatia e grande disponibilità di Gioacchino Occhionero dei Sound zero.
La bellissima struttura del “Fulvio” ,che ci viene invidiata da tutti, ha
completato il quadro.
La grande affluenza sia pomeridiana che serale fa ben sperare che la musica
diventi veicolo di condivisione per una visione univoca di una comunità che
guarda al futuro con speranza, impegno e serenità.
Viva VERDI (senza il Re).
Foto archivio Giorgio Senese