24/4/2018 ● Politica
Tra "piccoli" e "grandi" numeri del voto regionale, ossia la "rappresentatività latente"
La consueta non elezione dei candidati locali al Consiglio regionale del
Molise (im)pone nel dibattito pubblico a livello locale la questione della
"effettiva rappresentatività" in merito alle liste (partitiche e civiche) e ai
relativi candidati selezionati per la proposta non solo della classe dirigente
locale.
Scegliendo due letture numeriche appare evidente una questione ridondante,
ossia la "rappresentatività latente": cioè, "più preferenze" del candidato di
turno dentro una balena (partitica o civica) o "meno preferenze" dentro una
balenottera?
Riepilogando i risultati ottenuti dai candidati locali nelle elezioni regionali
in ordine decrescente di preferenze, per il solo criterio della quantità, emerge
la seguente "graduatoria":
1° - Terzano (M5S) con 1.481 preferenze
2° - Antonacci (PPI) con 1.183 preferenze
3° - Marcantonio (PD) con 684 preferenze
4° - Fiocco (MN) con 171 preferenze
5° - Di Cienzo (PDF) con 83 preferenze
Elaborando i risultati ottenuti dai candidati locali nelle elezioni regionali,
in ordine decrescente di percentuale di consenso in rapporto alla propria lista (partitica o civica):
1° - Di Cienzo con 13,76% del PDF (0,41%) - 3° nella lista PDF
2° - Antonacci con 11,42% del PPI (7,42%) - 4° nella lista PPI
3° - Marcantonio con 5,21% del PD (9,03%) - 6° nella lista PD
4° - Fiocco con 4,35% del MS (2,70%) - 12° nella lista MS
5° - Terzano con 3,22% del M5S (31,57%) - 14° nella lista M5S
Confrontando il gradimento di consenso, dentro la lista (partitica o civica), si
"restituiscono" di conseguenza le classifiche di preferenze e le residue
opportunità di eleggibilità.
Spingere, con onestà intellettuale, le candidature locali dentro la eleggibilità
dovrebbe porre il dibattito pubblico della politica locale fuori dal conteggio
dei "numeri passivi" per attivare un virtuoso dialogo di "rappresentatività
effettiva" a portata elettiva di Guglionesi.
C'è un equivoco grossolano frequentemente commesso dalla nostra collettività
nella "logica" dei dati. Equivoco poi praticato da chi si sente "barone" del
fare politica, nel "nuovismo" come nel "perennismo", sui tavoli dell'aggregazione
politica e della selezione della classe dirigente per il "bene comune".
In politica è consigliabile non attenersi eccessivamente a un risultato che può
avere poche facce e troppe sfumature, benché oggettivamente deludente (per le
liste e per i candidati), e dunque valutare consapevolmente la concretezza delle
dinamiche, del "trend" o, se si preferisce, della tendenza elettorale, spesso
nascosta come la polvere sotto il tappeto proprio dall'effetto dei "grandi"
numeri, quantomeno superflui alle esigenze e alle priorità della nostra
collettività.