15/12/2017 ● Cultura
A Luciano
A Luciano
Riesco a scrivere di lui solo ora, ho avuto necessità di porre una certa
distanza dagli accadimenti dolorosi che hanno portato alla sua morte. Se ne è
andato con la stessa discrezione con cui ha condotto la sua esistenza.
Luciano De Marinis era certamente una persona speciale, innamorata del suo paese
e sofferente per il lento e inesorabile declino a cui la nostra comunità sembra
avviata da tempo.
Per questo ultimamente si era messo un po' da parte, rifugiando quelle attività
sociali e culturali a cui in passato aveva pur molto contribuito.
Di Guglionesi conosceva uomini e donne di generazione in generazione, nomi,
soprannomi, intrecci matrimoniali, aneddoti e quant’altro.
La sua mente era un enorme archivio, tanto grande quanto ordinato.
Sembrava avesse duecento anni e all’occasione ti ripescava tutte le informazioni
con nomi e anche date.
A me, che non riesco a ricordarmi neppure la targa della mia macchina, appariva
un genio e che piacere discorrere con lui parlando di qualsiasi argomento.
Era nato a gennaio del 61 e, quindi, avrebbe festeggiato il compleanno tra poco,
mentre io sono nato a novembre dello stesso anno.
Sosteneva che avessimo la stessa età e io lo contrastavo scherzosamente
dicendogli che in realtà, ci divideva quasi un intero anno, per cui lui era
certamente più vecchio di me.
Da bambini abitavamo vicini e mia madre racconta che, sua madre che era
insegnante, a volte lo affidava a lei nei primi mesi di vita e che non sapeva
ancora di essere incinta di me.
Certo non fu mai il mio compagno di giochi preferito, perché alla mia indole
scapestrata e selvaggia, lui contrapponeva una indole molto pacata e incline
alle minuziose pratiche di relazioni sociali.
I suoi giochi erano tranquilli e senza quei pericoli che invece io correvo sotto
“le morge”.
Amava giocare nel suo portone e i suoi giochi erano di imitazione del mondo dei
grandi.
I suoi amici e amiche erano la maestra che insegna, il postino che consegna la
posta, la mamma che prepara il pranzo ecc.
Il ruolo che lui preferiva, già da allora, era quella del dottore e quelle poche
volte in cui mi sono trovato a giocare con lui, facevo il malato da curare.
Lui misurava con scrupolo la febbre, prendeva la pressione, sentiva il cuore e
ti dava la diagnosi e la cura.
Aveva già da allora tanti amici senza nessuna distinzione di età, sesso o
cultura. Lo invidiavo per questo.
La sua capacità nel creare e alimentare le amicizie si imponeva allo stesso modo
sia con le persone anziane che con i bambini.
Certo è che quando Luciano parlava incantava per la proprietà di linguaggio,
l’educazione nel dire le cose e per il bel tono di voce.
Tante volte l’ho inutilmente incitato a provare a cantare i pezzi di De Andrè,
secondo me aveva la voce adatta.
Mi rendo conto che questo mio ricordo è ben poca cosa rispetto a quello che
tante altre persona a lui più vicine, potrebbero donarci. Ho sentito la
necessità di scrivere queste poche righe e l’ho fatto.
Spero che altri seguano il mio esempio perché la memoria e l’esempio di un uomo
simile sia messo in evidenza e ricordato perché credo abbia un grande valore per
le nuove generazioni.
Volevo molto bene a Luciano e nonostante non ci sia stata una particolare
frequentazione, mi sorprendo a pensare spesso a lui e ogni volta che lo faccio
ne sento la mancanza.
Passando sotto il suo balcone non mi abbandona l’ingenua speranza di vederlo
affacciato alla ringhiera con la sigaretta tra le dita. “Ciao Giorgio, come
stai? E Linda? E i ragazzi che fanno? E la piccola? ...quella ti mette a posto!”.
Sempre una parola gentile per tutti.
In questo nostro vivere dove tutto si consuma e dimentica con un click, voglio
ricordare questo nostro fratello così pieno di virtù, che ha vissuto una vita
intensa insieme a molti amici, nonostante i tanti macigni che la vita gli ha
scagliato contro.
Pensando a Luciano mi viene in mente la gentilezza.
Ciao Luciano ti voglio bene.