4/10/2017 ● Agricoltura
Consorzi di bonifica basso-molisani: un'odissea senza fine
La Regione Molise, da decenni, continua a rinviare la discussione circa le
innumerevoli criticità dell'ormai, "sistema", ahimè, dei consorzi di bonifica
del Basso Molise, da svariati anni fallimentare ( molti li chiamano
"carrozzoni"). Inerzia voluta? Disinteressamento?
Dallo scorso gennaio sono commissariati. Il presupposto? La situazione debitoria
che, a detta di qualcuno, è preoccupante.
Il principale motivo? Il costo dell'energia elettrica per "pompare" l'acqua in
quei lotti irrigui dove l'acqua viene sollevata per renderla fruibile al
produttore di colture , siano esse orticole, vitivinicole, frutticole, o altro.
In quest'ultimi tempi, carta stampata, Tv regionali e, viste le ormai vicine
prossime elezioni regionali, anche da personaggi politici, se ne stanno
interessando circa le lamentele di molti cittadini di diversi Comuni facenti
parte dei comprensori di bonifica.
Tanti "consorziati obbligati" stanno ribellandosi a questo stato di cose per:
a) l'obbligo a pagare tributi consortili per servizi inesistenti (manutenzione
della rete scolante);
b) i "presunti benefici" riguardo il servizio irriguo in merito,
specificatamente, ai costi di produzione e i relativi ricavi, della serie, se
conviene produrre o no. Però c'è la gabella fissa del tributo irriguo dei 90,00
euro/ ettaro.
Quali i principi di efficienza, efficacia ed economicità visti nell'ottica della
redditualità per il consorziato obbligato circa il beneficio irriguo per le
derrate prodotte a prezzi infimi, da Terzo Mondo?
Questi sono i quesiti per i quali si chiedono risposte.
Si continua a ribadire quanto più volte già affermato. Nella situazione di
precarietà economica e di vessazione, grazie a questa crisi neoliberista
globalizzata che il mondo agricolo sta subendo da quasi 18 anni, chiedere ai più
deboli il pagamento di queste gabelle, è davvero di quanto più iniquo potesse
succedere. Altro che vicinanza!
Quale il ruolo dei consorzi, le loro funzioni o meglio il piano strategico della
loro operatività riguardo la manutenzione, ordinaria o straordinaria che sia,
del reticolo scolante idraulico ed i corsi d'acqua atto a prevenire il rischio
idraulico dei comprensori di appartenenza? Quale la prevenzione per la sicurezza
idrogeologica?
La realtà? Cercano di "campare", "tutti" alla giornata. Poi si vedrà. E intanto
i problemi restano.
In simile maniera i consorzi non possono essere tenuti in vita e la politica
regionale, tutta, ha la responsabilità morale oltre che politico-amministrativa,
il dovere di porre rimedio, ridisciplinando e ridefinendo i compiti e le
disposizioni per i quali gli enti di bonifica sono sorti; se si vogliono tenere
in vita. Devono dare risposte ai problemi reali.
Chi di dovere deve essere convinto che questi tributi (il 630, quello di
miglioramento fondiario e il 750 quello d'irrigazione), soprattutto il primo,
non è altro che una ulteriore tassa mascherata, visto che è coperto dalle tasse
che il cittadino già paga.
Un esempio.
Che differenza passa tra la manutenzione di una strada provinciale, ed un canale
di scolo delle acque meteoriche che attraversano un'azienda agricola in pianura,
tutte e due opere pubbliche, costruite con la fiscalità generale?
Perché la manutenzione della prima è a carico della fiscalità generale mentre il
secondo è anche a carico del proprietario-confinante con un ulteriore tributo,
quello della bonifica, visto che "raccoglie" le acque meteoriche da Comuni a
svariati chilometri di distanza?
Qual è la sua colpa se i canali si riempiono di detriti portati , si ripete, da
monte e da km di distanza? Il proprietario non solo ha messo a disposizione i
suoi terreni per il bene comune ma spesso si ritrova pure con ingenti danni
dovuti ad allagamenti causati proprio dalla mancata manutenzione dei canali. E'
sconcertante, ma capita spesso. Questo è il beneficio consortile per il quale si
è obbligati pagare?
E', o no, un contributo "inventato" di sana pianta? Quale miglioramento
fondiario!
Ci sono sentenze di Cassazione, di Commissioni Tributarie sia provinciali che
regionali che precisano e specificano cosa s'intende per beneficio.
Non è il caso di addentrarsi in quest'altro ginepraio. Problema che potrà essere
portato in discussione in un'altra occasione.
Per benefici, il consorzio dovrà soprattutto "spiegare" sia l'aspetto tecnico
che quello specifico su ogni singolo immobile sul quale chiede il tributo e
concede il beneficio. Lo ha mai fatto, lo fa, lo farà? Lo menziona lo stesso
Piano di classifica per il riparto della contribuenza.
Il tutto è correlato proprio al rapporto costo (soldi che paga il consorziato) e
beneficio (che dice di fornire l'ente consortile). Se ciò non si verifica o è
negativo per il secondo, è inutile proseguire.
Si chiede:
Il compito di manutentere e mettere in sicurezza i corsi d'acqua, fiumi
compresi, alias sicurezza idrogeologica, non fa capo allo Stato, alle Regioni;
non certo ai cittadini che già pagano le tasse?
Le risorse per questi interventi devono essere previste all'interno dei bilanci
dello Stato, delle Regioni, quindi con fiscalità generale; o no?
L'ente di bonifica dovrebbe essere il braccio operativo delle regioni o operano
altri enti, tante "scatole cinesi"? Se si, quanti e quali sono? Servono? Quali i
costi?
Da mesi, si ripete, sono commissariati e si è in attesa dell'ennesima legge di
riordino ma nel vero senso della parola; con funzioni, responsabilità, deleghe e
controlli. Quando si dovrà aspettare ancora?
Se non svolge le funzioni per cui è sorto, o sono esauriti i suoi compiti, a
cosa serve tenerlo ancora in vita?
Non si possono tenere in vita, sulle spalle dei più deboli, le fallimentari
strutture consortili a prescindere dalla ricezione, da parte dei "consorziati
obbligati" di reali benefici!
Qui entra in ballo la decisionalità politica dell'intero Consiglio regionale e
l'impegno, quello vero, il senso di responsabilità per la risoluzione del
problema. Così come sono strutturati non servono certamente al mondo agricolo;
"servono" ad "altro" o ad "altri", come è successo già in passato (e tanti lo
sanno). Possono essere chiusi.
Qui sta la politica con la P maiuscola. Decidere cosa fare e subito.
I problemi si devono affrontare e non aspettare che, poi, altri lo facciano.
Il "cafone" con la "sua" crisi, che non può "scaricare" su nessuno e i "suoi"
problemi economici che l'attanagliano a causa dei prezzi bassi delle derrate che
produce, visti i "benefici reali" (?) , a questo punto può interessargli non più
di tanto il tenere in vita un ente che, forse, lavora per altri e non per tutti;
tanto meno pagare queste gabelle.
Se per il mondo politico questa questione non è prioritaria, vuol dire che
davvero il mondo agricolo del Basso Molise è tenuto in scarsa considerazione.
Si badi bene. Qui è messa a repentaglio non solo la tenuta in vita di un'azienda
agricola, ma la stessa tranquillità famigliare.