21/9/2017 ● Cultura
Un problema che rimane aperto: quale futuro per il Molise?
Abbiamo visto in un precedente articolo che coloro i quali difendono ad
oltranza l’autonomia del Molise sostengono che adoperando meglio i finanziamenti
erogati dalle istituzioni centrali (Governo, Europa) la situazione
socio-economica volgerebbe al meglio. Con tale speranza, a mio avviso, non si
riuscirà mai a dare vita a un effettivo sviluppo auto-sostenuto in linea con il
decentramento e il federalismo. Viceversa, con un mercato più ampio come quello
insito nel progetto di federazione delle tre regioni: Molise, Abruzzo e Lazio
(Roma capitale resta autonoma)secondo un modello di progressiva integrazione
degli interessi strategici in ambito commerciale, turistico, formativo, nel
settore della ricerca, dell’ambiente, dell’agricoltura, delle infrastrutture ed
altro, si centrerebbe l’obiettivo di una macro-regione di transito tra
l’Adriatico e il Tirreno. Il Molise, purtroppo, viene agli onori della cronaca
nazionale solo “per il folle malgoverno in cui i molisani si lasciano
corresponsabilizzare” (così il compianto Federico Orlando). Dello stesso
tenore il recente articolo di Sergio Rizzo “Il grande intrigo del potere in
Molise: i dispetti tra il presidente e il predecessore e le manovre di uno
stuolo di comprimari” (la Repubblica, 18 settembre 2017).
L’ex Ministro Fabrizio Barca, parlando di unione di territori, ha affermato che
“un requisito fondamentale perché certi percorsi siano virtuosi e non
semplici fusioni a freddo è il fatto che qualsiasi cambiamento sia endogeno ai
territori e alle rispettive popolazioni”. Ciò posto, l’idea sopra menzionata
di una federazione delle tre regioni (Molise, Abruzzo e Lazio) a mio parere è in
linea con quanto precisato dal prof. Fabrizio Barca. Si può iniziare con un
protocollo d’intesa, senza bruciare le tappe e individuando precisi ambiti di
collaborazione. Toscana, Umbria e Marche hanno iniziato così e il loro accordo
ha un respiro di circa cinque anni, fino al 2020. Secondo Enrico Rossi “se
cominciamo a mettere insieme le politiche agricole, per lo sviluppo, per
l’ambiente, e quelle per la tutela del paesaggio, può nascere davvero una
regione dell’Italia centrale che non può avere nulla da temere rispetto alle
grandi regioni dell’Europa”. Insomma, una unione tra Abruzzo, Molise e Lazio ci
permetterebbe di perseguire l’obiettivo di condividere e sviluppare progetti
ambiziosi. Le tre regioni si affacciano su due mari; il porto di Ortona, ormai
scalo merci abruzzese di importanza internazionale, è legato a doppio filo al
mar Tirreno. Vero e proprio perno intermodale tra mare ed entroterra, il bacino
di San Tommaso sarà in diretta connessione con il porto di Civitavecchia e la
sua “authority” portuale. <<Ortona e Civitavecchia>> (ha detto il
presidente dell’authority laziale, Pasqualino Monti) <<faranno sistema con
una strategia di portualità e di logistica che integrerà per la prima volta due scali italiani
che affacciano su sponde diverse (…) Noi vediamo in Ortona la possibilità di
unire idealmente il Mare Tirreno con il Mare Adriatico attraverso due scali>>.
Di pari passo viene auspicato il progetto di un asse Tirreno-Adriatico che metta
in collegamento il porto di Gaeta passando per Formia e Cassino fino a
congiungersi con l’autostrada San Vittore del Lazio-Termoli. Il sindaco di
Cassino, Carlo D’Alessandro ha scritto una lettera all’assessore alle
infrastrutture della Regione Lazio, Fabio Refrigeri, ai consiglieri eletti sul
territorio, al presidente della Provincia di Frosinone, al Rettore
dell’Università di Cassino per dibattere sulla realizzazione del progetto
dell’asse di collegamento strategico Tirreno-Adriatico (il collegamento
autostradale San Vittore del Lazio – Termoli).
Il presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso rilancia l’alleanza
tirreno – adriatica tra i porti di Ortona e Civitavecchia (cfr. Terzobinario,it,
30 luglio 2017). Concludendo, ritengo che Abruzzo, Molise e Lazio siano tra loro
perfettamente complementari. Ai tre presidenti di Regione l’onere di valutare
l’opportunità di un eventuale “Protocollo d’intesa” per le loro attività
congiunte.