13/9/2017 ● Cultura
Apriamo una discussione vera sul ruolo dell'Università in Molise
In questi giorni, mentre molti studenti entrano nelle aule scolastiche, altri
sono alle prese con i test di ammissione alle varie facoltà ed altri ancora
hanno già deciso la strada da intraprendere. Forse vale la pena recuperare una
discussione che finora non ha sortito grandi risultati. Ci riferiamo al ruolo
che l’Università del Molise svolge nella nostra regione. Non solo come presidio
culturale e formativo ma anche come soggetto che contribuisce a stimolare la
crescita di un’economia che deve sempre più guardare alla conoscenza per
affrontare le difficoltà in cui versa il Molise e la complessità del mondo
contemporaneo .
In Molise su 100 studenti che in questi giorni si sono seduti sui banchi della
scuola primaria, 84 riusciranno a conseguire un diploma delle superiori, 41 si
iscriveranno all'università (18 a quella del Molise), 23 prenderanno la laurea.
Solo qualcuno di questi resterà o tornerà in regione. In Italia solo 24,9% dei
giovani si laurea; il dato sui laureati nell’U.E. è del 38,5%. Non intravedono
politiche nazionali che si pongono l’obiettivo di invertire questa tendenza.
La regione Molise e l’università in questi anni sono apparse istituzioni
autoreferenziali, quasi dei corpi separati dal contesto regionale. In dieci anni
si è passati da 10.600 iscritti ad appena 7.000. Si è avuto un calo delle
immatricolazioni (con una controtendenza nell’ultimo anno). Varie le cause. Le
famiglie si impoveriscono e non vedono più nel sistema universitario una
prospettiva per il futuro; esistono incertezze, anche normative, che attaccano
l’autonomia universitaria; occorre trovare soluzioni per garantire agli studenti
il diritto allo studio. Qualcosa è stato fatto dando il servizio dei trasporti
gratuito agli studenti. Ma occorre un piano di investimenti ampio ed articolato.
Per questo bisogna realizzare un grande patto sociale e solidale tra i diversi
attori della comunità politica ed accademica. Bisogna rifinanziare il fondo
regionale del diritto allo studio: gli studenti hanno diritto a servizi
efficienti ed esigibili.
L’università in Molise potrà dispiegare le sue potenzialità se qualifica
l’offerta formativa e fa scelte di prospettiva nelle quali c’è anche attenzione
al territorio, alle sue potenzialità, il raccordo con il sistema scolastico e
l’individuazione di facoltà scelte oltre gli steccati generalisti. Il nostro
ateneo ha raggiunto in passato dei risultati con la scelta di quasi tutte le
facoltà e con sedi distribuite nel territorio. Oggi questa politica va
ripensata. Le risorse vanno spese con idee progettuali di lungo periodo.
L’attuale sofferenza delle facoltà “storiche” come agraria ed il dibattito sul
ruolo della facoltà di medicina, stanno a dimostrarlo. Medicina, infatti, è
rimasta ai margini del sistema sanitario regionale che fa rilevare una
spropositata attribuzione in termini di risorse e posti letto ai privati. Il più
volte annunciato Policlinico Universitario è rimasta una mera intenzione scritta
tra gli organi accademici di turno e i diversi decisori politici. L’offerta
formativa va rivista scegliendo delle priorità che valorizzino le eccellenze e
abbiano un contatto con il territorio anche alla luce della razionalizzazione
delle risorse. Altrimenti i numeri piccoli ed in costante diminuzione (ogni anno
si perdono circa mille alunni nelle scuole molisane) ci condanneranno ad un
inevitabile declino. Un investimento serio in ricerca scientifica, in una
dimensione come la nostra, potrebbe consentire non solo a tanti giovani laureati
di mettere in pratica le loro conoscenze in loco ma anche di essere un punto
attrattivo per ricercatori provenienti da altri contesti.
Per questo occorre riaprire un dibattito serio, approfondito e senza steccati,
sul ruolo e sul sostegno da dare all’università nella nostra regione. Proseguire
con le politiche che lucrano rendite di posizione, determina conseguenze
scellerate. I giovani emigrano e le diseguaglianze tra le generazioni sono
palesemente aumentate. Formiamo ed esportiamo talenti e laureati che non
potranno dispiegare le loro competenze nella nostra regione e, sempre più
spesso, nemmeno in Italia. Siamo un paese che investe sulle rendite, sulle
pensioni, sui privilegi e non sui giovani. Poi ci si lamenta della loro
disaffezione alla politica. Prima di discutere di alleanze, forse, conviene
discutere di questi problemi concreti.
Sergio Sorella
Presidente nazionale Associazione Professionale Proteo Fare Sapere