4/9/2017 ● Agricoltura
A proposito dei consorzi di bonifica
Prendo spunto da un articolo letto su Termolionline del 29 luglio scorso
avente titolo "Consorzio di bonifica integrale larinese: le richieste dei
consorziati", dove, l'ennesimo movimento agricolo regionale, il MAM, movimento
agricolo molisano, ha tenuto un incontro a Larino.
I punti nodali (?) dibattuti sono stati:
a) l'accorpamento al consorzio di bonifica "Trigno e Biferno" di Termoli;
b) il relativo commissariamento avvenuto;
c) la chiusura della sede e la relativa concessione all' ARSARP (ex Ente di
Sviluppo);
d) il riordino dei consorzi di bonifica regionali.
Un appunto e senza nessuna polemica.
Il Comitato spontaneo agricolo "Uniti per non morire"del quale faccio parte, da
ben 8 anni e tre assessori regionali, ha portato avanti la problematica riferita
soprattutto all'interconnessione costo-beneficio e funzioni degli enti
consortili regionali. Questioni mai ritenute importanti,né dalla politica
regionale, né, dalle organizzazioni agricole locali.
Non è possibile che, e questo da ben 40 anni, in presenza di tornate elettorali,
il voto contadino faccia gola a tanti e di tutte le espressioni politiche, sia
vecchie che nuove , prestando l'interessamento solo a.... prima del voto, per
poi restare, sempre attuale, alla frase di gattopardiana memoria: Cambiare tutto
affinché nulla cambi".
Vantaggi per i pochi a discapito dei tanti.
Dimenticare (volutamente?) di entrare nel fulcro della questione per cui un
consorzio è sorto è alquanto sconcertante.
Pongo alcune domande circostanziate:
1) Essendo un ente di diritto pubblico è davvero amministrato dagli stessi
consorziati obbligati o c'è, come spesso è successo, il controllo a distanza di
qualcuno?
2) Quali sono i profili generali della disciplina in materia degli enti
consortili regionali?
3) Le finalità per cui sono sorti vengono espletate? Mi riferisco alla difesa
del suolo e alla polizia idraulica del rispettivo comprensorio d'appartenenza;
4) Quali i benefici che i consorziati obbligati traggono dagli enti consortili
visti nell'ottica della manutenzione e dell'irrigazione?
Sotto il profilo economico, così come sono state concepite le tariffe irrigue
(tassa fissa più quella variabile, a consumo), porta realmente quell'introito o
meglio quel beneficio economico al coltivatore diretto, visti i costi
esorbitanti di energia elettrica che i consorzi sostengono per "ripompare"
l'acqua?
Basterebbe semplicemente leggere i bilanci annuali.
Perché dico questo?
Prendo ad esempio la coltivazione della barbabietola da zucchero in regione ( in
media annualmente venivano interessati dai 2.500 ai 3.000 ettari ). La
concretezza è stata ..." l'impresa non vale la spesa" . Non si coltiva più
nemmeno un ettaro. I motivi? Tra i tanti, il principale è stato il prezzo basso.
Non era per nulla conveniente produrla. Ci si rifondeva l'osso del collo.
E questo, da svariati anni, vale anche per la cipolla, per il pomodoro da
industria, per il finocchio, etc. etc. Prezzi fermi a trenta anni fa.
Alcuni anni fa i"Uniti per non morire" rappresentò il problema del prezzo infimo
(€ 4,00 al ql) del pomodoro finanche a Monsignor Bregantini. Non si mobilitò o
meglio non si interessò nessuno. Né politica, né religione. I problemi veri
sono, per loro, altri; il mondo agricolo, come sempre può aspettare.
I costi superano i ricavi per cui non conviene esporsi a così tanti sacrifici,
non solo lavorativi, per poi rifonderci anche economicamente, visto che ogni
"fornitore" di servizi, poi, presenta il suo costo di spese sostenute, dal
consorzio di bonifica (energia elettrica, dipendenti, etc) a "Molise Acque"
(costo quadruplicato dell'acqua in questi ultimi anni ).
Il"cafone", il suo, non può presentarlo a nessuno.
A questo punto chiedo: Quale la ragione del beneficio che trae il contadino
dall'irrigazione? Questo resta il problema di fondo.
Non entro minimamente nella questione della globalizzazione, dell'importazione
delle derrate,etc.. E' un'altra storia.
Questa è l'attualità, il punto nodale dell'agricoltura basso-molisana.
Chiedo e ringrazio anticipatamente chiunque mi darà risposta: conviene produrre
a questi costi e non ricavi?
Se sa la via per superare questo impasse lo dica, la divulghi.
Anche quest'anno è successo come negli anni trascorsi.. Qualche azienda
agricola, sfortunatamente, avrà la sua gatta da pelare con la banca, il suo
fornitore di turno o lo stesso consorzio di bonifica al quale non potrà pagare i
tributi consortili.
Concludo con una risposta datami nel lontano giugno del 1993 da un luminare del
ramo: " Un consorzio di bonifica, qualunque esso sia, è tenuto in vita fin
quando c'è un ritorno economico per il singolo consorziato visto nell'ottica del
bene comune".
Chiedo: C'è convenienza reddituale? Svolgono le funzioni per cui sono nati?
Queste sono le vere risposte che da anni attende il mondo agricolo
basso-molisano; altre sono quisquilie.