27/4/2017 ● Cultura
L’aldilà della rete
L’idea di scrivere quest’articolo mi è venuta ascoltando il telegiornale ( se la memoria non m’inganna : del 19 c.m. ) . Uno studio dell’Ocse riportava su una scheda riepilogativa alcuni dati che focalizzavano l’attenzione sul numero di ore che gli studenti quindicenni italiani impegnano in rete : il 20% della classe d’età rilevata trascorre mediamente sei ore al giorno interfacciando su un computer , uno smartphone… Gli studenti quindicenni italiani sono i primi al mondo in questa particolare classifica che vede nell’uso compulsivo della rete il sintomo di una preoccupante dipendenza dal mezzo . E, vengo al titolo che ho voluto dare all’articolo che , per associazione con il trascendente , mi intrigava . Pensare e ripensare l’Aldilà è un rovello che fa parte della nostra natura umana ( una tensione esistenziale che ci differenzia dagli altri animali ) poiché nonostante le nostre vite siano certamente datate apre, oltre la morte, uno squarcio di eternità . E questo è quanto basta per intrattenervi sull’argomento . Ma , gentile lettore , chiedo venia , ho voluto sviarti, non è di questa prima specie di Aldilà che attiene alla sfera religiosa ( e teologica) dell’umano che intendo trattare, sia pure nello spazio limitato di un articolo, bensì della metafisica virtuale della rete di Internet , ovvero dell’aldilà della rete . Intanto, perché scomodare un concetto filosofico storico forte che storicamente si compendia nel termine metafisica , al fine altro di parlare della rete ? Per il semplice motivo che oggettivamente i nostri rapporti con la rete prescindono dalla sensibilità del nostro corpo , anche se paradossalmente si attivano e si consumano attraverso la nostra mediazione corporea in un mondo interconnesso “sovrasensibile” . Infatti nelle nostre interazioni in rete i cinque sensi : vista , udito, olfatto, gusto e tatto al limite dell’interfaccia del computer li sentiamo vigili ,attivi e cogenti ( vista ,tatto ed udito) mentre in entrata “alimentano” , ad ogni istante interattivo , di informazioni il nostro cervello circa la percezione dell’ambiente esterno al di qua del il visore di uno schermo . I nostri sensi, direi la nostra corporeità, tuttavia, si ferma di fronte a questo invalicabile limite che separa l’al di qua della nostra realtà quotidiana dall’aldilà della rete satellitare che interconnette globalmente attraverso la sua trama aperta e potenzialmente illimitata il mondo virtuale . Non vediamo con i nostri occhi “dentro “ la rete ( a nulla servirebbero né microscopi elettronici, che pure sono indispensabili per osservare l’infinitamente piccolo, né lo specchio del telescopio dell’osservatorio di Monte Palomar - USA - , utile per osservare uno scorcio di universo infinitamente grande ) ; nulla possiamo sentire “dentro “ la rete sebbene le connessioni producano vibrazioni ; neppure possiamo toccare alcunché “dentro” la rete. Ancor meno possiamo solo pensare di utilizzare altre sensibilità più interne al nostro corpo quali sono quelle sollecitate da sostanze chimiche che gradevolmente ( o, sgradevolmente) intercettiamo con il senso del gusto e dell’olfatto ( senza poi trascurare le sensazioni dolorifiche ,aggiuntive ai nostri sensi , spesso sottaciute ,ma certamente non secondarie,anzi fondamentali per la tutela della nostra integrità biologica) . Perché in premessa ho inserito questo breve excursus sulle nostre umane esperienze percettive ? Poiché è noto che proprio da questo processo di estraniamento da noi stessi nasce il fascino dell’esperienza virtuale che sollecita un immaginario che apre ,durante la navigazione in rete, scenari ricchi di stimoli, collegamenti , condivisioni ; nuove forme di libertà , vere o presunte , mai sperimentate prima della nostra era informatica : un’ esperienza praticamente alla portata di tanti ( sono circa 1.8 miliardi nel mondo solo i potenziali “spettatori” di Facebook che si connettono ad internet ) . Un’immersione nell’oceano di onde della rete praticabile attraverso una modica acquisizione di competenze informatiche . Dal fatto che siano sufficienti una limitata successione di click per poter tenersi informati sui fatti di cronaca , per curiosare , per sapere ; ma a volte, visto che ce lo spiattellano con insistenza nella’ home’ , purtroppo , anche per far entrare nelle nostre case il dolore , la sofferenza, le atrocità, gli orrori degli altri ; immagini a volte crude e crudeli che raccontano accaduti efferati che attraverso la rete importiamo nei nostri cervelli complice l’abolizione dello spazio- tempo nonché la nostra naturale curiosità , fa convivere le nostre vite ordinarie con lontane e forse rare straordinarietà . Impressioni che dovrebbero essere altamente emotive , ma deprivati ( nell’uomo “videns” che , in quanto internauti, siamo diventati ) della materiale compresenza del reale “sentire” il teatro degli accadimenti , alla lunga anestetizzano le nostre coscienze rendendoci sempre meno sensibili ad accadimenti efferati e riprovevoli ,facendoci perdere gradualmente il colore emotivo e l’ istintiva naturale indignazione per accadimenti che vissuti direttamente ci avrebbero segnati per sempre . Fatti che purtroppo , talvolta vengono ripresi ad effetto da mitomani “devianti” ma tecnicamente molto accorti nel sequenziamento della “scena” da postare in rete . E parlando qui della rete intendo includere nel contenitore ( posto che sia la rete un contenitore limitabile) le reti televisive che dopotutto svolgono una funzione similare , anche se non interattiva . Ovviamente non tutto in rete è oppressivo , cattivo e volutamente esagerato, ma gli “autori” ( purtroppo , e questo è il bello della rete , su internet , tutti possono diventare autori e attori creativi ), non avendo una deontologia da rispettare, poiché spesso , gli internauti ,seguendo un’idea letteraria pirandelliana molto fortunata, sono : uno, nessuno, centomila… e pertanto, non si curano di forzare , esagerare la presentazione del post , al fine di indurre l’ ”uncinamento “dello spettatore ( come avviene per le sostanze stupefacenti), pur di aumentare lo “share” personale con speciali forti. Ovviamente né la rete né la tivù hanno connotazioni negative ( ogni tecnologia dovrebbe essere utile e scientificamente neutra : un coltello è utile per affettare il pane, ma può essere utilizzato anche per un omicidio. E, in effetti ci sono tanti altri aspetti positivi nella rete che in generale favoriscono la comunicazione, un’interazione allargata ad una amicalità e ad un’acculturazione diffusa , impensabile solo un decennio fa . Ma di sicuro la vicinorietà asettica sullo schermo piatto di una tivù , di un computer di eventuali nefandezze di qualsiasi tipo e grado incidentalmente viste o sviste azzera in noi la paura di un qualsivoglia coinvolgimento in ciò che è realmente accaduto ( il fatto , anche se ripreso e trasmesso in tempo reale per qualsiasi utente geograficamente lontano è comunque già passato, anche se è solo: passato prossimo!) all’altro, senza che dalla nostra postazione , cioè dall’ interfaccia reale dello schermo possa recare a noi qualche possibile nocumento . Ma non stanno esattamente così le cose; infatti, se riconsideriamo la nostra natura umana , il nostro “vero” sentire, rispetto agli affetti che a noi stanno più a cuore ( figli, parenti , amici …) tolta la tecnologia, riacquistiamo il nostro stato di natura , poiché il trovarsi in una situazione reale di panico o in una condizione di reale pericolo genera la PAURA ; e, la paura è ancora (e meno male !) nella nostra specie una reattività fisica provocata da una situazione di pericolo incombente, prontamente avvertita dai nostri sensi , ( una sensitività come si è detto prima completamente assente in rete) che ,nel regno animale ,cui apparteniamo, genera tre tipi di reazioni possibili : la fuga ,se l’aggressore è soverchiante, in termini di forza fisica rispetto a noi ; l’ attacco ( aggressività ), se l’aggressore è neutralizzabile ; di indifferenza, se il pericolo è insignificante, come può esserlo ad esempio il fastidio di un moscerino . Non è pedanteria quella che esprimo, ma credo possa essere utile a mettere in rilievo che la Rete nelle situazioni che più impressionano gli utenti, pur di implementare il suo successo distributivo , non disdegna di lasciar correre ( con il consenso mai esplicito, ma indirettamente accordato , attraverso la messa in onda ) aspetti situazionali a forte rischio emulativo che quando sono artatamente infarciti di contenuti truci andrebbero immediatamente oscurati . Per restare ai nostri tempi ,si ripensi alla recente viralità spropositata e morbosa con cui è circolato in rete dell’omicidio di Robert Godwin a Cleveland - Ohio, USA – perpetrato da Steve Stephens , filmato e subito postato sul social network dall’ assassino : un filmato neppure rimosso tempestivamente, con le scuse agli utenti della rete, imbarazzate e tardive di Zuckerberg, l’ ideatore e imprenditore di Facebook. Forse la curiosità per come muore drammaticamente l’altro rimuove la possibilità (non altamente improbabile!) che una situazione similare possa anche capitare a noi . Ma, tuttavia , non è accaduto a noi ! Questa volta è toccato ad un altro e soprattutto il misfatto ha due aspetti collaterali che neutralizzano qualsiasi nostra preoccupazione o paura : il primo , è già accaduto , il secondo : è avvenuto lontano , ad una distanza tale da non incutere in noi alcun timore ( non serve attivare alcunché !) . Viene così anestetizzata una delle istintività più ataviche : la nostra naturale reattività ad una situazione di pericolo ( in rete accade ad altri da noi) con tutta l’implicita assuefazione alle situazioni drammatiche viste: che, qualora, incidentalmente, ci dovessero coinvolgere personalmente una sola volta nella nostra vita, qualora ne fossimo usciti vivi , resterebbero indelebili e forse segnerebbero in modo irreversibile come un incubo ricorrente la nostra psiche .Ed è anche , questo suo modo peculiare, apparentemente innocuo , intrinseco all’ ambiente virtuale, di presentare la realtà lontana , sapientemente filtrata dai persuasori occulti della rete che simultanea si produce oltre il nostro orizzonte percettivo visibile , udibile… che depotenzia il nostro coinvolgimento emotivo . Il “Cartello delle reti” oltre ad avere il controllo e la supervisione della simultaneità degli accessi ai materiali della rete condivisibili all’istante da uno sterminato pubblico di utenti dispone delle sue” memorie” disperse nel suo incommensurato ed incommensurabile mega archivio informatico che a tutti gli effetti costituisce l’Altro mondo, poiché dal punto di vista tecnologico supera largamente le limitate prerogative tipicamente umane ( Il concetto di “ aldilà della rete” l’ho ripreso da un articolo di Alessandro Curioni : esperto di scienze computazionali ) e rappresenta un ambiente perfettamente correlato ed anzi in collegata corrispondenza con ogni utente della rete . In pratica il virtuale a tutti gli effetti risulta essere il nostro “reale” oltre mondo . Di fatto quando entrando in rete ciascuno di noi trasforma la sua identità personale in un complesso codice alfanumerico che lo identifica ( è la sua carta di identità informatica) e così il suo” corpo virtuale” inizia a “vivere” nell’”ambiente” , anche in più luoghi contemporaneamente , pronto per consumare ed essere consumato . Eterea, impalpabile , l’identità personale diffonde incontrollata e incontrollabile in rete affidata alla pervasiva permeabilità del mezzo ; la persona , viene riconosciuta, condivisa , apprezzata, distorta, avversata ( usata ed abusata a fini commerciali) e , abolendo le distanze e gli intervalli dello spazio-tempo, può “ materializzarsi “ ovviamente in modo virtuale , potenzialmente dappertutto o meglio là dove viene richiamato alla sua vita virtuale da un click ; e, invitato a farlo , può anche fissarsi in modo irremovibile sui più svariati supporti elettronici riceventi. Ovviamente, basta un po’ di buon senso per capire che non esiste alcun controllo possibile delle informazioni personali che circolano in rete ; non è infatti remota la possibilità che un utente vietnamita della rete acquisisca il nostro profilo in rete e lo rimetta in circolo quando , dove e come riterrà opportuno ( non è possibile oramai alcun controllo efficace e totale della rete ( lo stesso video efferato sull’omicidio riportato in precedenza, postato in rete, dopo la sonnolenta rimozione da parte degli operatori di Zukenberg continuava a girare su altri circuiti di rete , postato da utenti periferici ) . Tanto per far mente locale sulla quantità di zettabyte ( 1 seguito da 21 zeri) che gira annualmente in rete ,è bene sapere che in una manciata di secondi sono oltre 2 milioni i post su Facebook, alcune decine di milioni di email, alcune decine di migliaia di Tweets e sono migliaia le foto caricate su Instagram : tutte informazioni inviate nel grande deposito a cielo aperto, illimitato della rete . Finché le informazioni implicano: la curiosità , la politica, l’economia, la cultura ( almeno per noi italiani che il luogo comune ci descrive come : un popolo di “navigatori”, poeti e santi) , possiamo soddisfare il nostro latente o esposto narcisismo , che intrigante, talvolta perfino gratificante , sornione ci specchia nella rete , ma qualora dovesse intaccare, seppure in modo remoto, direttamente o indirettamente la nostra economia personale e familiare la cosa cambia interamente aspetto. Da una ricerca svolta dalla Positive Technologies nel 2015 , citata da Alessandro Curioni sul numero 137 della rivista Prometeo riporta : “ su 20 servizi per la gestione dei conti correnti on line il 90% di essi è afflitto da gravi vulnerabilità , mentre il restante 10% da debolezze di media entità “. Sono ad oggi circa 6.3 milioni gli italiani che utilizzano le app bancarie e, risulta pertanto facile fare il passo successivo ; non è escluso che male intenzionati o svelti hacker , novelli Robin Hood , possano accedere al nostro conto corrente e svuotarlo .Ed è forse questa la preoccupazione più sentita in rete: una paura digitale legata al fatto che abili malviventi informatici in modo surrettizio possano intaccare la nostra economia personale: un’eventualità che forse temiamo di più rispetto alla nostra incolumità fisica , sempre preservata in rete . infatti l’utente finale il quale (se si esclude l’appiattimento visivo delle immagini virtuali che scorrono sullo schermo e spesso l’associato sonoro che le vivacizza attivando l’unica sinestesia ad oggi possibile in rete ) posto di fronte allo schermo di un computer , vede in modo fantasmagorico materializzarsi corpi, figure, paesaggi, scritti … dopo che il codice alfanumerico del computer le ha decrittate ricostruendole attraverso la più o meno precisa trama di definizione , dipendente della potenza del medium a disposizione , sullo schermo del computer . Per dar conto della possente , inaudita ,capacità di ritorno al passato delle reti attraverso le sue memorie torna facile ricordare la consuetudine nel giorno del decesso di un big della cultura, del cinema, della politica dello spettacolo … , come , a corpo freddo, sia possibile richiamarlo in vita dall’aldilà della rete mandando in onda un filmato che riepiloga i tratti salienti o le espressioni artistiche più incisive della sua vita trascorsa sulla nostra comune “faccia della terra”. Ma è pur sempre e solo il suo passato, senza un pensabile futuro che di nuovo lo possa vedere ancora protagonista di ulteriori “ performance” poiché è materialmente impossibile rimettere insieme in qualsiasi futuribile scenario i miliardi di miliardi di atomi che, in un tempo oramai trascorso , formavano il suo corpo in vita . E poi, di corpi simili con peculiarità biologiche , per età e tempi ,meglio adatti a nuovi protagonismi su scenari a venire ,la nostra specie li sforna gratis a iosa in natura, a qualsiasi latitudine investendo solo nell’istintivo , naturale impegno riproduttivo dei due generi che esprimono la specie , e ciò avviene con sorprendente successo da milioni di anni per l’Homo sapiens- sapiens ( l’unica specie animale che” sa di sapere” !) Ed è l’albero della conoscenza del bene e del male di biblica memoria , forse all’origine dell’ansia e della preoccupazione per il nostro destino ultimo ( che la rete con il suo medio aldilà cerca di calmierare) , a volte un angoscioso tendere che, in quanto umani, prende le nostre vite. E, per restare ancora in in tema vorrei concludere con un inciso , sulle nuove tecnologie, del filosofo Umberto Galimberti : “ la felicità , nonostante la pubblicità vi illuda , non ci viene dall’ultima generazione di telefonini o di computer , e più in generale di ‘prodotti’, ma da uno straccio di relazione in più”.