20/3/2017 ● Cultura
Jurgen Habermas : il populismo si vince tornando vicino agli ultimi
In una intervista a MicroMega il filosofo tedesco Abermas invita la sinistra
europea a riscoprire le battaglie delle origini. <<Come è stato possibile
giungere a una situazione nella quale il populismo di destra sottrae alla
sinistra i suoi stessi temi? Solo una marginalizzazione tematica potrebbe
togliere l’acqua al mulino del populismo di destra. Ci si deve chiedere perché i
partiti di sinistra non vogliono porsi alla guida di una lotta decisa contro la
disuguaglianza sociale, che faccia leva su forme di coordinamento internazionale
capaci di addomesticare i mercati non regolati>>. Secondo Abermas l’unica
alternativa ragionevole allo status quo del capitalismo finanziario selvaggio e
al nazionalismo <<è una cooperazione sovranazionale capace di dare una forma
politica socialmente accettabile alla globalizzazione economica. L’Unione
europea una volta mirava a questo, l’Unione politica europea potrebbe ancora
esserlo. I partiti che riservano attenzione al populismo di destra, piuttosto
che disprezzarlo, non possono aspettarsi poi che sia la società civile a mettere
al bando slogan e violenze di destra>>. Abermas definisce “l’egomane Trump”, che
“con la sua disastrosa campagna elettorale” ha provocato “una polarizzazione che
i repubblicani, a tavolino e in modo sempre più sfacciato, hanno alimentato fin
dagli anni Novanta; lo ha fatto però in una forma tale da far sì che questo
stesso movimento alla fine sfuggisse totalmente di mano al Grand Old Party, che
è pur sempre il partito di Abraham Lincoln. Questa mobilitazione del
risentimento ha espresso anche le tensioni sociali che attraversano una
superpotenza politicamente ed economicamente in declino”.
<<Ciò che trovo inquietante – aggiunge Habermas – non è tanto il nuovo modello
di un’internazionale autoritaria, quanto la destabilizzazione politica in tutti
i nostri paesi occidentali. Nel valutare il passo indietro degli Stati Uniti dal
ruolo di gendarmi globali sempre pronti a intervenire, non dobbiamo perdere di
vista qual è il contesto strutturale in cui ciò avviene, contesto che concerne
anche l’Europa. La globalizzazione economica, messa in moto negli anni Settanta
da Washington con la sua agenda politica neoliberista, ha avuto come conseguenza
un declino relativo dell’Occidente su scala globale rispetto alla Cina e agli
altri paesi Brics in ascesa. Le nostre società devono elaborare la percezione di
questo declino globale e insieme a ciò la complessità sempre più esplosiva della
nostra vita quotidiana, connessa agli sviluppi tecnologici. Le reazioni
nazionalistiche si rafforzano negli strati sociali che non traggono alcun
beneficio – o non ne traggono abbastanza – dall’aumento del benessere medio
delle nostre economie>>. In relazione a quanto sopra, ho appena letto
l’intervista di Eugenio Scalfari (Repubblica, Domenica 19 Marzo 2017) su cosa
pensa Matteo Renzi della sinistra in Italia e in Europa. Renzi ha dichiarato al
suo interlocutore che “nel frattempo studierà la struttura territoriale e
culturale del nostro Paese nelle sue varie espressioni”. Sulla sinistra ha
precisato che “persegue in tempi cambiati quella impostata da Veltroni al
Lingotto di oltre dieci anni fa: un partito riformatore e soprattutto
europeista. Il Pd deve principalmente operare in Europa e nell’Eurozona”. E
inoltre deve insistere sulla creazione del ministro delle Finanze unico per
l’Eurozona; si deve impegnare nell’accoglienza dell’immigrazione e deve portare
avanti in Italia e in Europa il suo contenimento nei paesi di origine con le
politiche necessarie. Infine una nuova proposta: i paesi europei votino sulla
base di un’unica legge elettorale chi deve essere il presidente della
Commissione europea che è il vero potere di governo della Ue. Sarebbe un passo
avanti verso il rafforzamento dell’Unione. Questa è stata la sostanza della
conversazione di cui sopra. Nessuna precisazione su quale contesto si connota la
sinistra. Al riguardo, occorre mettere in opera la Costituzione. “E’ questa la
politica alla quale dovrebbe orientarsi con decisione una forza che si ispira a
valori di solidarietà e di democrazia. Certo non si tratta di progetti che
stanno facilmente insieme a politiche liberiste. Partire dalla Costituzione è
una condizione essenziale e non nebulosa per superare le divisioni e le
fratture. Per recuperare la fiducia e credibilità dei cittadini, che non
vogliono la luna o teorie sofisticate e astratte, ma una forza politica che si
proponga di mettere in atto con intelligenza e passione le promesse della nostra
democrazia” (così Nadia Urbinati, professoressa di scienze politiche alla
Columbia University di New York, cfr. Repubblica 18 gennaio 2017). La crisi
economica ha aumentato la diseguaglianza sociale. Il risultato del referendum
del 4 dicembre scorso ha mostrato anche questo.
Da ultimo ecco alcuni dati riguardanti Jurgen Habermas, filosofo e sociologo
tedesco (n. Dusseldorf 1929). Allacciandosi alle tesi della “Scuola di
Francoforte”, ha dato risalto ai problemi della comunicazione e alla funzione
dell’opinione pubblica nella società contemporanea, rivendicando il ruolo
politico della razionalità come dialogo non soggetto a condizioni di dominio. E’
professore emerito all’università di Francoforte (cfr. Enciclopedia Treccani).