18/2/2017 ● Cultura
Cerco l’isola che non c’è: alcune giovanissime guglionesane si raccontano
Occasionalmente , qualche giorno addietro, dovendo trascorrere un po’ di
tempo insieme ,con alcuni miei amici ci siamo ritrovati in uno dei tanti bar
che, in rapida, affollata alternanza , si susseguono su entrambi i lati i viale
Margherita , fino allo slargo di piazza Garibaldi , localizzandosi anche in zona
panoramica al limitare di “Castellara” : la Villa Comunale ; rilassanti ambiti
d’intrattenimento fugace o continuato che ad enumerarli uno dietro l’altro
sembra che siano lì quasi a voler tipizzare . attraverso la loro esagerata
diffusione .una preponderante indole ricreativa dei nostri concittadini , poiché
è facile constatare a vista e a memoria come gli avventori siano prevalentemente
locali . Prendiamo posto ad un tavolo per consumare un aperitivo in un locale
gradevole ed accogliente : un aspetto, quest’ultimo , che specie nell’utilizzo
del tempo libero rappresenta già di per sé un distensivo invito al buonumore. E,
già mentalmente ci predisponiamo per le abituali quattro chiacchiere tra amici ;
che tuttavia non sempre si risolvono in un distratto parlar del più e del meno
poiché mi pare di ricordare anche interminabili discussioni , impegnate ,
talvolta perfino dirimenti che specie in passato accompagnavano la consumazione
che, nel prevalere della disputa , diventava solo un pretesto secondario . Ma ,
appena prendo posto, vengo subito distratto dalla frizzante , contagiosa ,
atmosfera giovanile che si respira nel locale ; ammetto, non senza provare ( e
credo che i miei amici avvertissero la stessa sensazione ), noi,un po’ avanti di
età ,,quasi un colpevole senso di estraneità generazionale , ma anche di
inaspettata gratitudine per quella fortuita inclusione ; per essere noi
partecipi di una rappresentazione d’ambiente un po’ speciale che a colpo
d’occhio, per la tenerezza delle età , generosamente ,dispiegava intorno uno
spaccato sociale che , garbatamente movimentato, si annunciava dal vivace
complice un riverberante , avvolgente ,chiacchiericcio . E, facendo mente locale
, mi rendo conto che gli avventori sono quasi tutti ( e in tanti !) giovani, se
non giovanissimi , e ( in modo paritario ) è ben rappresentata anche la
componente femminile . Subito, fulminea mi viene un’ idea sollecitata dal fatto
che ho lasciato in sospeso ,in una annunciata serie di articoli (di cui due già
pubblicati su Fuoriporta Web) aventi per tema la famiglia , l’ ultimo : quello
sui figli .Mi ero infatti riproposto di trattare della componente filiale della
famiglia, ma non mi veniva in mente alcunché per imbastire l’articolo , perché
qualsiasi approccio arrischiassi , l’dea si risolveva sempre in una mia
narrazione , mentre, mi sembrava importante che della’ rappresentazione dell’età
filiale all’interno della famiglia meglio , e con maggior cognizione di causa ne
potessero parlare i giovani che direttamente nel loro concreto quotidiano
vivevano quel rapporto generazionale, per ètà un po’ speciale , di
interdipendenza reciproca .genitori-figli . . Al momento ho realizzato che
quella variegata, rassicurante gioventù che gradevole coglievo quasi sottecchi
poteva avere pressappoco in media l’età dei miei figli o ancor meno; quale
migliore occasione, pertanto mi si offriva per poter sondare , in presa diretta
, gli umori , le sensazioni , gli orientamenti circa il futuro … di alcuni
giovani miei compaesani ( senza alcuna pretesa che le eventuali considerazioni
tematiche similari o affini espresse dovessero fare statistica o tendenza ).
Così … senza che avessi in mente nulla di preciso per l’eventuale conduzione di
una chiacchierata informale, sul tema della famiglia e dintorni , decisi di
’improvvisare ”. Non senza imbarazzo ( lasciando quasi di stucco i miei amici)
mi avvicino al tavolo a fianco al nostro, intorno al quale avevano preso posto
alcune ragazze , prospettando loro l’idea , di imbastire , una riflessione sulla
famiglia, sul loro tempo vita trascorso al suo interno , sulle loro prospettive
future … Per nulla imbarazzate per la mia indebita intrusione nelle loro età ,
le ragazze , accolta l’idea , subito ,rimediarono al banco un taccuino ed una
penna :già questo immediato attivarsi, di per sé indice di generosa
disponibilità, mi mise più a mio agio e , subito iniziammo una breve, intensa e
piacevole conversazione condotta su due piani : il primo, quello delle loro
convinzioni, delle loro visioni della realtà ; aspetti che mi sforzerò di
riportare mantenendo i contenuti originali; di seguito tenterò di fare qualche
riflessione sull’ ambiente un po’ speciale del bar poiché credo sia oggi tale
attività di servizio l’ultimo ambito , seppur distorcente, di una socialità per
certi versi aggregante , oltre il quale , diventati purtroppo oggi estremamente
leggeri ( poiché sono stati in parte o completamente smantellati e/o sostituiti
dall’incipiente streaming della realtà virtuale) gli ambiti classici della
formazione sociale extrascolastica giovanile quali in passato erano stati i
circoli politici, culturali, gli oratori… ai giovani non resta che l’anonimato
della strada , foriera di un’ imbarazzante solitudine, paradossalmente,
facilmente avvertibile anche quando è affollata e brulicante di vita..
Ho inteso condurre la prima parte, quella strutturata sull’intervista ( un
genere di scrittura per me insolito ) , su due direttrici che d’altronde si
riveleranno complementari poiché si snodano e s’intrecciano sul filo dello
stesso tempo–vita delle intervistate. . Casualità ha voluto che le
interlocutrici con cui ho avviato la mia “informale chiacchierata” fossero
ragazze coetanee , studentesse , prossime alla maggiore età, pertanto, nel
rispetto della privacy utilizzerò dei nomi di fantasia anche se , con fiducia,
mi hanno accordato i loro riferimenti anagrafici . .
La prima domanda verte sulla famiglia in generale , tenendo a mente quella di
appartenenza.
Antonietta . Ritiene che la famiglia sia importantissima “ per tenere i figli a
bada” . Nella sua esperienza personale considera la relazionalità della famiglia
nucleare di appartenenza integrata con quella dei nonni , degli zii …
un’importante ampliamento delle relazionalità familiari facilitato dal fatto che
la geografia parentale, inteso in senso abitativo, spesso si chiude in larga
parte all’interno dello stesso comune . Ed è altrettanto evidente che la
viciniorietà di per sé favorisce una convivialità più stretta o una
frequentazione reciproca più assidua che ricostruisce a posteriori . seppure a
macchia di leopardo la famiglia patriarcale contadina che probabilmente i
bisnonni avevano vissuto in qualcuna delle tante , un tempo densamente abitate
masserie dei dintorni; di cui oggi restano solo diroccate o degradate strutture
abitative e di stabulazione degli animali domestici ; ambienti di vita dismessi
che in passato ospitavano aggregazioni di famiglie allargate plurigenerazionali
.
Marianna . La vita familiare , per lei si è snodata come un utile, produttivo
accompagnamento formativo ; nella prima infanzia ha vissuto in un modo
relativamente discontinuo la presenza dei genitori poiché entrambi lavoravano;
tuttavia l’azione parentale surrogante dei nonni le ha consentito, comunque, di
avere una prima infanzia soddisfacente. Marianna ci ha tenuto a puntualizzare
che in seguito essendo mutata l’ organizzazione del lavoro dei genitori ha avuto
modo di rielaborare in positivo una spiegabile e altrettanto comprensibile
discontinuità che, s’intuisce, poneva le basi economico-sociali per un futuro
familiare aperto a maggiori opportunità
Arianna. Attacca In modo deciso : “ la mia famiglia è mia madre “ : una
dichiarazione categorica che si sostanzia sulla constatazione che il padre
allontanatosi, in un tempo oramai lontano , dalla sua famiglia , vive altrove ;
pertanto l’assenza del padre non è imputabile a cause che più facilmente ,
consentono a livello psicologico, l’elaborazione della mancanza della figura
genitoriale paterna, ma è bensì frutto di una scelta e ,pertanto non deve
sembrare affatto straordinario che il ruolo genitoriale del padre venga rimosso
dall’attuale contesto familiare. Giovanna è una ragazza serena e solare , anche
per merito della madre che con discrezione e benevolenza con lei si è
comprensibilmente dimostrata più permissiva , nel tentare a parziale
compensazione , di riempire un’assenza, comunque, percepita come tale..
Al fine di riportare a grandi linee ( sulla traccia del passato , del presente e
nelle prospettive future, permettendomi qualche incursione nel virtuale )
l’esperienza di vita delle interlocutrici ( un tempo-vita dell’infanzia e
dell’adolescenza , quasi interamente vissuto a Guglionesi ) . ho articolato le
domande seguendo una successione temporale. .
Come hai vissuto , e rivivi oggi, il passato “storico” guglionesano,?
Antonietta “ Il passato guglionesano lo rivivo nella tradizione , una traccia
antica che fa da cornice generale ad una molteplicità di aspetti della mia vita
quotidiana” . A conferma del fatto che la tradizione va cercata presso coloro
che hanno la memoria biologica più lunga rispetto alla nostra personale cultura
ambientale del passato, Antonietta , il” com’eravamo” , in tante occasioni , se
l’è fatto raccontare dai nonni .
Marianna . Ripensando il nostro passato ambientale più o meno lontano , a
confronto con la mutata qualità delle condizioni sociali attuali , riscontra
quanto siano oggi migliorate le condizioni di vita E, poi , rapidamente senza
esprimere alcuna nostalgia chiude in modo lapidario “ il passato è passato “ ,
una frase densa di realismo , ma che in modo sottile non riesce a nascondere un
certo rifiuto o quanto meno una presa di distanza da ciò che riteniamo essere
“il nostro passato” che volenti o nolenti, per certi versi, per quanto possa
essere impregnato di sofferenza e fatica fisica ( soprattutto degli altri, oggi
magari defunti ) rappresenta ancora il nostro humus vitale .
Arianna : Pur provenendo ,da un’altra realtà ambientale , limitrofa alla nostra
, lasciata nella primissima infanzia, e pertanto dal punto di vista della storia
del territorio straordinariamente similare ha adottato le nostre tradizioni, le
nostre convenzioni guglionesane e le rivive , anche oggi, in modo soddisfacente
Spostando la mia e la loro attenzione sul presente , sull’adesso , chiedo alle
giovani interlocutrici come vivono nell’attualità il loro quotidiano .
Antonietta Risponde di non essere soddisfatta “ non piace” la quotidianità che
attualmente sta vivendo; senza darne spiegazione ; forse perché
l’insoddisfazione probabilmente è legata a fatti contingenti, transitori, che
sono destinati a passare ; forse per altre motivazioni personali che al momento
non è necessario esplicitare ciò a intelligente salvaguardia dell’economia
psicologica di una personalità in formazione .
Marianna . Al contrario ritiene che il presente è bello soprattutto per la
felice condizione amicale che si trova a vivere ..
Arianna .. Anche lei vive in modo soddisfacente l’attuale contesto di amici che
frequenta : una condizione relazionale , che qualora dovesse perdurare nel tempo
, azzarda, potrebbe anche indurla a restare in paese.
Avviandomi a concludere . provo a sondare le aspettative che hanno circa il loro
futuro
Antonietta . Inclina al pessimismo, “ non crede che il suo futuro potrà essere
roseo” , tuttavia pensa di restare a Guglionesi anche se il territorio non offre
alcuna prospettiva economica ( di lavoro)
Per Marianna ,invece, il futuro si apre a molteplici aspettative ; ha dei
progetti da realizzare , ma non a Guglionesi , molto probabilmente nella città
in cui intende proseguire gli studi universitari .
Giovanna .Pensa di intraprendere gli studi universitari , pertanto, più che al
futuro la sua prospettiva ha l’orizzonte del medio termine .
A conclusione , supponendo che le ragazze,,come in tanti che affollano il locale
, presumibilmente frequentano con una certa assiduità la rete ; a bruciapelo,
metto giù una domanda collettiva chiedendo loro : quanto del loro quotidiano
abitualmente dedicano ad internet o ( che è quasi similare) a cincischiare con
lo smartphone , comunque … il tempo speso nell’utilizzo degli strumenti
informatici Dopo una rapida consultazione a tre ,concordando, affermano di
dedicare mediamente cinque ore ogni giorno nell’utilizzo della telefonia e di
altri supporti informatici. Terminata la mia breve intervista , assumendomi la
responsabilità di eventuali omissioni , inesattezze o interpretazioni parziali (
che sono pronto a rettificare) mi corre l’obbligo di sottolineate la sincera ,
spontanea voglia di parlare di sé, del proprio ambiente ( di raccontarsi), che
ho colto nel loro proporsi attraverso un dialogo situazionale inaspettato ,
anche se a mio parere le risposte soffrono di un argomentazione debole e spesso
ricalcano un prevedibile conformismo ambientale.
E vengo alla seconda parte , in cui cercherò di inquadrare il bar,dal punto di
vista sociale al fine di mettere in evidenza come in passato a Guglionesi erano
stati soprattutto altri , probabilmente , culturalmente più caratterizzanti gli
ambienti extrascolastici ed extrafamiliari della formazione sociale ed
istituzionale degli adolescenti e dei giovani. .
Il bar è da intendersi in modo positivo come un” non luogo” che ,oggi più che
nel passato , rappresenta l’ultima frontiera alla strada Non è affatto casuale,
anzi è oramai una consumata abitudine , per tanti giovani, ma anche adolescenti
, almeno così accade al mio paese . frequentare un tipico ” non luogo “ qual è
il bar , Ma, prima di caratterizzare in modo più puntuale quello che oramai è il
loro punto di ritrovo , spesso l’unico, è bene considerare che il bar è anche il
locale che annovera una clientela adulta soprattutto maschile , la cui
frequentazione è largamente diffusa . I non più giovani, per usare un eufemismo,
usano ritrovarsi in bar dedicati; trascorrono il tempo a giocar a tressette; a
briscola . Avventori che , nell’intermezzo delle abitudinarie accalorate partite
a carte spesso sono intenti a tracannare soprattutto birra , spesso
superalcolici.. I bar degli anziani, benché siano regolarmente frequentati
,tuttavia fanno fatica , anche in termini di redditività a sbarcare il lunario e
spesso portano avanti la loro attività annaspando in un’ordinaria grigia
monotonia E’ spesso essenziale e poco fantasiosa la loro ’offerta di servizi al
confronto degli esercizi che annoverano una clientela prevalentemente giovanile
, con gli indaffarati barman che puntuali , servizievoli si aggirano , scansando
in modo funambolico con , svettanti vassoi in bilico le persone in piedi , con i
colorati drink virtuosi , a volte perfino stratificati a mo’ di arcobaleno ,
sontuosi nelle super coppe di vetro, che gradevoli si accompagnano con la
raffinata contestuale gustosa stuzzicheria ... Dopo aver sommariamente tipizzato
le diverse clientele del bar è bene specificare cosa correntemente s’intende in
senso antropologico per” luogo” in modo da caratterizzare il suo derivato “ non
luogo “, quest’ultima locuzione è apparentemente un paradosso poiché fisicamente
anche il” non luogo” esiste . Un luogo secondo la caratterizzazione
dell’antropologo Marc Augè è individuabile essenzialmente da tre elementi :
l’identità ; la relazionalità , la storicità . L’esemplificazione tipica di
luogo , noto ai più, è rappresentata dalla monumentalità di piazza S. Giovanni a
Roma o del Duomo di Milano : chiese aventi un’ampia prospettiva che spesso hanno
visto radunate sul piazzale, a fronte delle loro facciate, immense folle di
lavoratori in sciopero o le vaste e variegate compagini del movimento degli
studenti , dei partiti, dei pensionati . Cittadini lì confluiti a centinaia, a
migliaia, a centinaia di migliaia ,per il comizio conclusivo , dopo che lunghi
cortei ,partiti ore prima , da più punti di raccolta della città avevano
attraversato le vie principali per far partecipe la cittadina delle istanze di
cui sono stati di volta in volta rumorosi e spesso festosi portatori .E’ la
folla qui rappresentata Il popolo di un luogo, di una piazza, irripetibile
altrove ,accomunato dagli stessi ideali, da una interrelazionalità condivisa ,
dalla stessa lunga storicità di appartenenza ( talvolta le piazze su citate,
facendo leva sull’immediatezza costitutiva del loro influente potere di massa
pulsante, sono state determinanti nel dare la spallata decisiva a governi
traballanti ) Invece , i” non luoghi”, come ad esempio si configurano i, centri
commerciali ,i supermercati, ,i bar : ambienti che sono ampiamente diffusi in
qualsiasi geografia del mondo occidentale .” Non luoghi = che non costruiscono
relazionalità orizzontali condivise , bensì di gruppo ; non hanno storicità e
soprattutto, mettendo in scena la consumazione si caratterizzano per la
mercificazione e monetizzazione della loro frequentazione .Il bar , tuttavia ,
per certi versi può essere anche
inteso come un” non luogo debole,” rispetto al non luogo per eccellenza qual è
un Centro Commerciale (che punta a far cassa ) ciò in ragione della sua natura
mista : un posto di servizio e un luogo di ritrovo; ambivalenza che al di la
della consumazione , fine a se stessa lascia spesso qualche margine di
aggregazione tra gli avventori ,. Anche se a qualche lettore, può sembrare in
ombra e sminuita la funzione di esercizio pubblico collettivo svolta dai bar
(come tacere , l’utilizzo della sua toilette a mo’ di bagno pubblico quando
arrivati in un luogo non abituale non esiste alcun vespasiano alla bisogna!) è
lontana da me l’intenzione di demonizzare il bar come luogo fisico privilegiato
dai giovani guglionesani per incontrarsi, vorrei solo porre in rilievo i limiti
( che d’altronde sono costitutivi ) del contributo che offre alla formazione
sociale delle nuove generazioni posto che di fatto la sua attività, come ho
accennato prima , si colloca a metà strada tra la funzione di servizio
commerciale e quella di agente facilitatore di relazionalità reciproche , anche
se solo di gruppo , dei suoi avventori . D’altronde Ernest Hemingway ,e Jean
Paul Sartre erano soliti abbozzare, seduti ai tavoli di un affollato bistrò
parigino idee, trame per racconti ,o altro su qualsiasi supporto cartaceo
avessero a portata di mano ; come fa anche Claudio Magris , scrittore
mitteleuropeo , germanista il quale usa ritrovarsi con gli amici in un noto bar
di Trieste Ma , tornando alla prima parte dell’articolo , che dopotutto ne
rappresenta la sostanza, e alle riflessioni offerte delle interlocutrici , che,
se per un verso sono rassicuranti per l’acquisita continuità con le passate
tradizioni locali , scontano una sostanziale generale incertezza per il loro
futuro ,anche se è pur vero che nel medio termine l’indeterminatezza ,potrà
essere calmierata dal tempo di studio universitario, ma è il dopo che appare
incerto e precario , poiché , verosimilmente , scomposte e disperse le
soccorrevoli amicizie di oggi , presumibilmente il loro futuro si coniugherà
altrove , impoverendo sempre più la nostra già povera realtà sociale . In
effetti , le giovani interlocutrici guglionesane pensano comunque un futuro che
li preveda in un qualche posto .Cercano… in modo fantasioso , l’isola che ( qui)
non c’è : Non nel senso dell’utopia culturalmente impegnata di un Thomas More ,
di Aldous Huxley , ma con maggiore leggerezza e in sintonia con la loro età , mi
piace ripescare dal nutrito repertorio “ di canzonette” di Eduardo Bennato,
quella che a mio avviso meglio si accorda con il loro giovanilismo : “:Cerco
l’isola che non c’è” da cui traggo alcune strofe : ” Seconda stella a destra ,
questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino .. se ci credi , poi … la
strada la trovi da te.