12/12/2016 ● Caro direttore
Il nostro paese necessiterebbe un ritorno alla politica
Caro Direttore,
ci eravamo ripromessi ( tempo permettendo) di tornare con un ulteriore
contributo al dibattito, avviato dagli amici del M5S, sul tema vox populi ...silentium
partis, evitando ogni spirito partigiano.
Sul silenzio.
Parafrasando Marx, si può dire che: “Uno spettro si aggira per Guglionesi: lo
spettro del silenzio”. Nessun vox populi, si coglie. Purtroppo. Nessuno si è
organizzato per spezzarlo. Con qualche eccezione: la minoranza consiliare
(seppur con molti limiti !!), qualche sporadico intervento di altri. Questo a
fronte di uno scenario socio-economico e culturale dove le cose non vanno
affatto bene.
La nostra comunità appare sempre più come un’entità ‘dispersa’. Che non ha un
progetto di futuro su cui organizzare un impegno collettivo, su come renderla
più inclusiva ed accogliente rispetto ai giovani (tagliati fuori da tutto), agli
anziani sempre più soli ed, in generale, rispetto le fasce più deboli della
popolazione.
Nel mentre, sia la direzione politico-amministrativa ( sempre più dominata da
autoreferenzialità, divisioni e stanchezza) sia l’apparato
tecnico-amministrativo (inutilmente costoso ed obsoleto) si presentano come
strutturalmente incapaci di interpretare i bisogni di quest’epoca e di elaborare
soluzioni rispondenti. Il risultato: stanno condannando la nostra comunità verso
una deriva di decadenza lenta ed inesorabile.
Sarebbe, quindi, urgente aprire un dibattito pubblico sui tanti silenzi, più o
meno interessati, che dominano la ‘cosiddetta’ società civile locale. Ammesso
che ne esista una degna di questo nome.
Infatti, al silenzio (solo parziale!) della minoranza si affiancano altri
silenzi. Quello dei numerosi gruppi o individui che si rianimano solo nei mesi
precedenti la scadenza elettorale. Il silenzio dei tanti, di diversa
appartenenza (apparente?) che vivono e lucrano sulle risorse del comune e sulle
spalle di chi paga le tasse.
Il silenzio dei partiti organizzati o ciò che resta di essi, sempre più
mobilitati su temi ‘lontani’ , mostrandosi incapaci di ragionare secondo la
logica pensare globalmente-agire localmente.
L’origine culturale del silenzio.
In generale è possibile dire che all’origine dei ‘tanti silenzi’ c’è un dato
culturale: la mancanza di una memoria condivisa riferita alla ‘vicenda’ locale.
Quindi, di un comune sentire su cui costruire realistiche ipotesi di un avvenire
diverso e meno plumbeo per la nostra piccola comuntà.
La mancanza di una memoria condivisa, a sua volta, è l’effetto di un fattore
antropologico: l’individualismo esasperato con i tentacoli del familismo e la
sua straordinaria forza di resistenza. Un dato che di fatto ha dominato e
continua a dominare la vita sociale e la dialettica politica locale e ne spiega
tanti aspetti. Si tratta, a nostro avviso, di un nocciolo duro che è costitutivo
del tratto conservatore della nostra comunità che non riesce a superare la cura
del proprio particulare (Guicciardini) al riparo dalla logica del merito e dei
diritti’. Accomunando, in questo, molte persone a prescindere dalle condizioni
di reddito, dalle dichiarazioni di appartenenza.
Forse, a titolo di paragone, non è inutile ricordare che nella storia
dell’occidente la politica (polis) nasce e si sviluppa, notoriamente, come sfera
distinta dall’oikos ( casa), e realizza la sua virtù nel perseguimento esclusivo
del bene pubblico o comune. A tal proposito c’è da dire che nell’orizzonte
culturale della nostra comunità tale distinzione, tranne alcuni momenti, non è
mai stata prevalente. Nonostante la trasformazioni che, spinte da fattori
esterni, l’hanno storicamente investita.
L’individualismo-familistico e ribellismo: un paradigma intepretativo della
politica a Guglionesi.
Il ripiegamento individual-familistico se applicato come categoria per
analizzare la fenomenologia della vita politica a Guglionesi può spiegare molte
cose. Quelle accadute e forse quelle che potrebbero accadere nel breve-medio
periodo. Ivi compreso il riemergere vigoroso di pratiche di potere (dopo anni di
tentativi di bonifica), dominate dall’intreccio perverso tra la sfera politica e
la sfera privata a favore degli appetiti incontenibili di quest’ultima.
Un tratto ‘culturale’ che negli ultimi anni, ad un’attenta osservazione, si è
andato persino rafforzando. Sia a seguito della spinta esercitata dalla grande
trasformazione mercatista e neo-liberista, che si è fatta sentire anche nel
nostro paese. Sia come conseguenza dello smarrimento o l’evaporazione
ideale-organizzativa delle forze politiche organizzate. In particolar modo di
quelle della sinistra. Le quali, per oltre mezzo secolo, anche nella nostra
comunità, avevano fatto del perseguimento del bene comune la loro ragion
d’essere.
Esso spiega anche la deriva di decadenza che ha subito la politica locale
ridotta a teatrino. Incapace di operare distinzioni sulla base dei fatti e delle
idee. Dominata da dietrologie e pettegolezzo come strumenti di lotta politica.
Da rancori. Spesso incomprensibili. Dal gusto per il retroscenismo.
Un paese inchiodato nella immaturità politica, dove i progetti coincidono sempre
e solamente con i propri interessi particolari e/o le piccole ‘ambizioni’ della
persona. O meglio della propria persona. Che, spesso, genera il fenomeno della
proiezione sugli altri di questa ossessione che domina numerosissimi attori
locali. La politica ridotta ad ‘ossessioni’ psicologiche o patologie
narcisistiche.
Gli amici del M5S, pur non ignorando ( forse!!) tale situazione, hanno voluto
mettere la lente di ingrandimento sul silenzio dei consiglieri di minoranza.
Limitandosi a produrre qualche timido balbettio sulla responsabilità della
maggioranza e dell’amministrazione in senso stretto. Su ‘presunti’ atti illeciti
su cui, tra l’altro, sono in corso procedimenti davanti al giudice avviati a
seguito di segnalazioni fatte dalla minoranza.
Infatti, sui nodi cruciali nessuno parla. A parte qualche sporadica presa di
posizione di qualche gruppo o della minoranza che, fra l’altro, rimangono
largamente inascoltate. Sia da parte della maggioranza, sia dal resto dei
soggetti della politica locale. A farla da padrona, quindi, è la figura dello
spettatore in attesa...
La necessità del ritorno del politico
In questo contesto è maturato l’atteggiamento e la pratica del quasi silenzio
della minoranza. Il quasi-silenzio era utile e necessario, anche, per far
emergere la vera natura del silenzio di altri. Occorreva far toccare con mano la
realtà dei fatti. Un silenzio, una non-presenza che aiutasse a verificare la
scarsa fondatezza del chiacchiericcio (promesse, analisi, sentenze politiche,
dietrologie, ecc) vacuo e dannoso che da anni imperversa dominante il dibattito
politico locale.
La politica non può ridursi a passeggiata solitaria. O è un fatto collettivo
sostenuto da forze o non è. L’educazione politica ricevuta, da alcuni di noi,
nella grande scuola del PCI da persone, oneste e laboriose (che preferiamo non
citare) ci fa dire questo. Fuori da questa logica preferiamo continuare a
lasciare ad altri il ruolo di teatranti della non-politica farcita di: nuovismi
di facciata, giovanilismo senza giovani, retorica dell’annuncio di cambiamenti e
di sorti magnifiche, feste e cotions.
Nel nostro paese necessiterebbe un ritorno alla politica. Che significherebbe
parlare del paese e per il paese. Quindi, tutto considerato, su ciò che non si
fa e sarebbe necessario fare. Termini su cui impegnare un dibattito democratico
e trasparente, costruire liste e raggruppamenti sulla base dell soluzioni.
Siamo disponibili, senza sé e senza ma, a discutere ed operare con chi è
disponibile e costruire assieme una prospettiva. Diversamente lasciamo
volentieri ad altri la responsabilità di creare divisioni senza senso, e senza
costrutto.
I consiglieri di minoranza