2/12/2016 ● Politica
La sovranità popolare: un reame senza corona
Il re è nudo ,disse disincantato il bambino guardando il suo sovrano spoglio
dei suoi vestiti regali ; né nudo , né vestito, direbbe l’arguto contadino
Bertoldo : “vestito” , si fa per dire, con una rete . Il re di cui qui si parla
è lo Stato, erede moderno dei regni del passato . Pare questa oggi, più o meno,
la situazione della Sovranità popolare in Italia , ma è similare la condizione
del potere Sovrano anche negli altri Stati-nazione con i quali il nostro Paese
condivide un similare grado di sviluppo. Uno dei principi su cui si fonda lo
Stato è per l’appunto quello della Sovranità , che appartiene al popolo ; gli
altri due sono: la territorialità nazionale dello Stato ; la separazione tra
attività politica generale e attività economica individuale . la Sovranità si
configura, anche per una questione di praticabilità , come una Sovranità del
popolo delegata , mediata nella sua espressione da Sistemi elettorali che la
rispecchiano ciascuno con il maggior grado possibile di approssimazione ,
rispetto ad una utopica , impossibile, assemblea di tutti i cittadini . Ma , sia
per una questione intrinsecamente costitutiva inerente la ripartizione dei
poteri all’interno dello Stato ( potere Legislativo, Esecutivo, Giudiziario) ,
sia per l’evidente disaffezione dei cittadini , che in numero sempre crescente
si astengono dal votare, la Sovranità popolare è oggi notevolmente deperita.
Perché affermo che la Costituzione in sé ha una intrinseca carenza di
rappresentatività della volontà popolare ? Per dare una risposta alla domanda
basti pensare alla canonica tripartizione dei poteri dello Stato e nello
specifico si consideri il Potere giudiziario di cui è diretta manifestazione
applicativa l’attività della Magistratura : un necessario, potente ,organo di
controllo dello Stato che, purtroppo, sempre più spesso si vede costretto a
svolgere un’azione di supplenza rispetto alla politica mettendo delle “ pezze
giudiziarie” ( vedi le ultime indagini avviate sulla raccolta delle firme per le
candidature in Sicilia e altrove ) in ambiti di valutazione di pertinenza delle
forze politiche , cui spetta di dovere il compito di preselezione dell’
affollata “ precamera” di aspiranti politici , che qualora i partiti, il
movimento … se ne assumessero l’onere ( come in passato hanno fatto i grandi
partiti storici con le “Scuole Quadri” ) formerebbe candidati con un’adeguata ,
rispondente preparazione politica e forse anche con una specchiata dirittura
etica e morale , e non” politici improvvisati ” , spesso forti solo di un “ego
al quadrato “ che con sempre più audacia si propongono per la gestione della
cosa pubblica . Ebbene, la Magistratura non viene eletta , ma rappresenta una
potente casta professionalizzata i cui appartenenti “impiegati” dello Stato
esercitano le loro funzioni nel corso di tutta la loro vita lavorativa, senza
essere legittimati da un voto popolare ( come invece avviene per potere
legislativo e per l’esecutivo). Il secondo punto della nota introduttiva : la
disaffezione al voto dei cittadini elettori , in parte spiega l’attuale
scollamento tra Stato e Società civile e, rappresenta forse l’aspetto più
dolente poiché attiene all’espressione della volontà popolare nell’esercizio dei
diritti politici: un dovere che l’elettorato ,vigente oggi il suffragio
universale ( suffragio per nulla scontato meno di un settantennio fa ) pur
potendo esprimere il voto in una consultazione , spesso contrariato , se ne
astiene e, semplicemente non va a votare. Le ultime elezioni politiche del
febbraio 2013 hanno fatto registrare una disaffezione al voto rilevante , pari
all’incirca del 25% ( il 5% in più rispetto a quelle del 2008) degli aventi
diritto . Qualche anno fa mi è capitato di leggere un illuminante libretto in
merito “ Ascoltare il dissenso” di Ester Tanasso e Alessandro Tessari ,
quest’ultimo , già parlamentare . Niente di nuovo , poiché il problema delle
schede bianche e dell’astensione è ricorrente ad ogni votazione o referendum .
Gli autori , con un certo acume proponevano , di lasciare in Parlamento degli
scranni vuoti, in proporzione alla quota di schede bianche scrutinate ( il
popolo delle schede bianche rappresenta pur sempre un elettorato attivo) ed
estremizzando, si potrebbe anche estendere l’idea ad una consistente fetta della
rilevante quota delle astensioni , di modo che gli eletti viciniori degli
scranni vuoti avessero sempre a monito durante l’esercizio delle loro funzioni
d’aula quella muta, assente Sovranità mancante , e imparassero così a tener
conto , nonché, ad “ascoltare il dissenso” . Capisco che scrivendo ciò ho messo
il dito nella piaga; infatti ho scritto “ in proporzione” perché oggi, ciò che
si configura con la legge elettorale dell’Italicum , ancora da riprendere dopo
il 4 dicembre, a referendum concluso, continuerà a scavare un solco sempre più
profondo tra società civile e rappresentanza politica della stessa società . L’italicum
; la legge elettorale del luglio 2016 è un sistema elettorale proporzionale solo
di principio , poiché prevede un premio di maggioranza senza o con doppio turno
e pertanto non rispecchia il rapporto aritmetico tra elettori ed eletti , bensì
gratifica la lista che supera il 40% dei voti con il 54% dei seggi in Parlamento
e, qualora la lista non superi il 40% dei consensi è previsto il ballottaggio
tra le due liste delle tre che presumibilmente si presenteranno in Italia (
Centro .sinistra , Centro destra, e Pentastellati) che abbiano riportato il
maggior numero di consensi . Prevedibilmente , poiché le tre formazioni sono
pressoché equivalenti nell’attribuzione del consenso elettorale, è prefigurabile
un circa 26% di consensi per ogni lista . Ciò significa che le due liste che si
contendono il successo elettorale nel ballottaggio ,che fruiranno dei voti
riluttanti della terza lista perdente , ma che “obtorto collo” o turandosi il
naso , per la gran parte convergeranno sulle due liste rimaste in campo , delle
quali , quella vincente , infine , pure fruirà del premio di maggioranza ( se
non erro) recuperando in seconda istanza ciò che gli elettori non gli hanno
negato al primo turno. Presumibilmente questo sarà lo scenario che si
prefigurerà alle prossime politiche , ciò dopo aver sbloccato le modalità di
designazione o di voto dei nuovi senatori della Repubblica . Ma, non solo a casa
nostra , anche negli Stati Uniti la democrazia parlamentare , almeno
nell’articolazione del suo sistema elettorale non sta meglio, in termini di
rappresentatività reale del consenso . Per rendersene conto basta ritornare alla
recente imprevista svolta alla Casa Bianca, della cui intrinseca contraddizione
nella modalità di ripartizione dei voti espressi argomenterò di seguito, (
modalità che fa torto persino alle proiezioni statistiche preelettorali;
statistica che pure è una scienza matematica ! ) .Una consultazione, quella
statunitense , che com’è noto ha visto Donald Trump vincere le elezioni , che
lascia quantomeno qualche perplessità circa il modo in cui oggi si coniuga la
democrazia elettorale ( lascerebbe certamente più di qualche dubbio anche in
Alexis de Tocqueville ,l’economista classico che soggiornò a lungo in America
per studiarne la democrazia) . Di fatto con il sistema elettorale con cui si è
votato Hillary Clinton ha avuto 59.733.960 milioni di voti ,pari al 47.7%
,mentre Donald Trump 59.514.846 ovvero il 47.5% ( fonte il Sole 24 ore) Tuttavia
, in ragione del criteri odi ripartizione tra gli Stati dei Grandi elettori la
tornata è finita con 279 Grandi elettori attribuiti a Donald Trump, contro i 228
assegnati a Hillary Clinton .In definitiva ha perso chi in termini di voti
attribuiti ha vinto! prendendo più voti materiali , rispetto all’artificiosità
della loro ridistribuzione nel conteggio interno agli Stati. Non solo, sommando
i milioni di voti espressi si è perfino sotto quel fatidico 50 % più uno che
dovrebbe sostenere un qualsivoglia ordinamento che possa dirsi rappresentativo (
gli Usa ospitano una popolazione di 260 milioni di abitanti circa, ) . Comprendo
che citando il Sistema elettorale americano e il neovigente Italicum ho messo il
dito nella piaga , rimettendo in ballo la proporzionalità tra votanti e
rappresentanza politica. In Italia nell’attuale tripartizione dello scenario
politico ; tenendo conto della crescente fisiologica soglia di astensione oggi
ferma al 25% , è verosimile che possa governare una lista che nell’espressione
della volontà popolare non arriverà ad ottenere più del 26-28% dei consensi .Il
proporzionale a premio si configura come un’evidente moltiplicazione artificiosa
ed artificiale delle volontà individuali che hanno espresso la loro volontà
politica per la formazione vincente . Viene da chiedersi, a questo punto : cos’è
che non funziona nel nostro Sistema di gestione politica dello Stato ,? Cos’è
che ha fatto così deperire la politica, ancorché la partecipazione attiva dei
cittadini alla politica? . Le risposte non sono facili, e purtroppo sono
molteplici. Ne evidenzio una che attiene all’evidente ingarbugliamento e
burocratizzazione della politica stessa che invece di chiarificare e rendere,
semplici i processi di auto aggregazione e rappresentazione dei diversi comparti
dello Stato , rendendoli il più possibile razionali , anche attraverso il più
“naturale” sistema elettorale proporzionale (se puro direttamente proporzionato
nel numero degli eletti alla massa dei votanti) , la cui aritmetica , in passato
è stata mitigata dalle soglie di sbarramento per renderlo praticabile nella sua
trasposizione rappresentativa degli eletti . Purtroppo l”ingegneria dello Stato
che inevitabilmente al suo interno annovera i Sistemi elettorali non si è
affinata inventandosi architetture istituzionali più consone al tempo storico
che viviamo come in parallelo è accaduto con le innovazioni indotte dalle
scienze positive e della tecnica fattori che oggi sostengono l’economia reale (
che in alcuni comparti produttivi viaggia sul filo della precisione nanometrica)
, ma giocherellona, si attarda a proporre una gara politica a premio ( quello di
maggioranza) del tipo : di primo acchito alle elezioni prendi il 26 % dei voti (
ciò risulterebbe all’incirca dalla media della tripartizione politica nazionale
) , ma complice l’artificiosa maggiorazione percentuale dell’eventuale
ballottaggio, ne guadagni il doppio o più , ovvero il 54 % , con il premio di
maggioranza ; tutto ciò sacrificato all’altare della nuova metafisica , non del
governo certo, ma della governabilità a venire ( da sempre incerta).
Arcangelo Pretore, 2 dicembre 2016