14/11/2016 ● Cultura
In America avrebbe potuto vincere Bernie Sanders?
Su l’Espresso del 13 novembre viene ipotizzato che c’è un’America in cui
avrebbe vinto Bernie Sanders, il “socialista”. Veniamo informati che qualche
anno fa due docenti (Dan Ariely della Duche University e Mike Norton della
Harvard Business school) hanno effettuato un esperimento su un campione di
americani da cui è emerso che potendo scegliere avrebbero optato per una società
fortemente orientata verso modelli di distribuzione della ricchezza
“scandinavi”. L’esperimento risale al 2012, <<ma tutto lascia supporre – visto
il trend delle diseguaglianze – che oggi i risultati sarebbero analoghi se non
più spinti verso modelli “di sinistra”… I due ricercatori si sono basati infatti
sul pensiero di John Rawls, considerato dai più uno dei maggiori filosofi
politici del ‘900 (..). E all’anziano senatore del Vermont è rimasta la
soddisfazione di una testimonianza. La sua America, per ora, resta confinata nei
testi di John Rawls e nei “giochi” degli accademici liberal>>.
Ora qualche cenno su John Rawls. Come ci ha insegnato, non c’è stabilità senza
giustizia. Occorre tener conto che nel mondo globalizzato in gioco ci sono i
diritti e le libertà fondamentali, la lotta alla povertà e possibilità di vita
più eque per tutti (cfr. John Rawls, Una teoria della giustizia, Fertinelli,
Milano 1984. Il diritto dei popoli, Edizioni di Comunità, Torino 2001). <<La
posizione filosofica di Rawls – come si legge su Wikipedia – può dunque essere
vista come una forma di liberalismo egalitario, il che ha reso per un certo
tempo le sue tesi molto popolari tra i democratici americani. Un liberalismo
attento alla questione dell’eguaglianza e delle pari opportunità è per Rawls il
tratto distintivo e immancabile di un’idea di giustizia concepita come equità.
Il tentativo rawlsiano di giungere a dei principi di giustizia attraverso una
formulazione deduttiva ha suscitato grande ammirazione ma anche molte critiche
(…) Per rispondere in parte a tali critiche Rawls ritiene tuttavia che una forma
su alcuni principi possano essere accettabili anche da chi professa convinzioni
(ragionevolmente) diverse è possibile: è possibile cioè un liberalismo politico
non metafisico garantito da ciò che Rawls chiama il “consenso per intersezione”
…>>. Come dire: io non ti chiedo di rinunciare alle tue credenze ma ti chiedo di
trovare, all’interno delle tue credenze, le ragioni per aderire a questo punto
di convergenza.
Tutto ciò premesso segnalo che su Repubblica (13 novembre) si può leggere un
intervento di Bernie Sanders in cui si dichiara addolorato, ma non sorpreso.
<<Ho dato forte appoggio alla campagna elettorale di Hillary Clinton, convinto
che fosse giusto votare per lei (…). Le famiglie lavoratrici vedono che i
politici si fanno finanziare le campagne da miliardari e dai grandi interessi
per poi ignorare i bisogni della gente comune. (…) Molte delle città rurali, un
tempo belle, sono ormai spopolate, i negozi in centro chiusi e i giovani vanno
via da casa perché non c’è lavoro – tutto questo mentre tutta la ricchezza delle
comunità va a rimpinzare i conti delle grandi imprese nei paradisi fiscali (…).
Nei prossimi giorni proporrò anche una serie di riforme per ridare slancio al
Partito Democratico. Sono profondamente convinto che il partito debba liberarsi
dai vincoli che lo legano all’establishment e torni a essere un partito di base
della gente che lavora, degli anziani e dei poveri. Dobbiamo aprire le porte del
partito all’idealismo e all’energia dei giovani e di tutti gli americani che
lottano per la giustizia economica, sociale, razziale e ambientale (…). Se
restiamo uniti senza permettere che la demagogia ci divida per razza, genere o
origine nazionale, non c’è nulla che non possiamo realizzare. Dobbiamo andare
avanti, non tornare indietro>>. Auguri!