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Caro direttoreGuglionesi
Pubblicato in data 18/7/2016 ● Click 2700

Avevo vent’anni, non permetterò a nessuno di dire che questa è l’età più bella della vita


Arcangelo Pretore © FUORI PORTA WEB

In epigrafe ho voluto mettere una delle più belle frasi di Paul Nizan per tentare di far mente locale e magari aprire qualche riflessione sulle ultime due giovani morti che nel giro di pochi giorni hanno funestato il nostro territorio : quella di Nicola M. impiccatosi ad un albero (probabilmente lo stesso giorno della sua scomparsa : lunedì11c.m.) a Larino, a poca distanza dalla sua abitazione e quella di pochi giorni successiva di Matteo P. originario di Guglionesi , trasferitosi tre anni fa per lavoro ad Oakville , nell’Ontario in Canada che venerdì notte si è lasciato cadere da un ponte . Due episodi di suicidio ravvicinati nel tempo , accomunati all’incirca dalla stessa età ( i fatidici vent’anni) che ripropongono il dramma di esistenze logorate dal male del vivere , magari sfiancate da sconfortanti solitudini appena lenite da insufficienti , coetanee amicizie che all’evidenza dei fatti non sono state in grado di impedire propositi e rovelli mentali che hanno teso le loro vite fino al gesto estremo. Tutto ha covato ed è avvenuto senza che vi fosse su questi giovani un’attenzione preventiva da parte di comunità locali che comunque oggi improntano sempre più i loro modelli di vita sull’individualismo, sul successo sociale … di fatto sono vissuti negli anni della loro maturità sociale in una società che non li ha accolti e, insensibile , non si è accorta del loro muto grido di dolore . Complice una socialità adolescenziale negata dalle Istituzioni per la cronica carenza di autonomi spazi fisici ed iniziative aggreganti che forse avrebbero potuto lenire i loro problemi e stemperare le difficoltà dell’età . E’ a tutti noto come le spese per l’istruzione e per la cultura nonché per le sue istituzioni diffuse nel territorio : scuole, enti ed associazioni siano le prime ad essere sacrificate , per la cronica mancanza di fondi destinati ( e con complementare motivo giustificatorio del mancato esborso si lamenta la scarsa partecipazione dei giovani alle poche manifestazioni pubbliche che nelle intenzioni , spesso sbagliate di coloro che le programmano , potrebbero coinvolgerli) quando devono tornare i conti del Bilancio economico degli Enti preposti , sempre in difetto . Oggi le strutture storicamente aggreganti le età giovanili sono in preoccupante declino .Stentano gli oratori a richiamare i giovani; sono in via d’ estinzione , i circoli e le sezioni un tempo aggreganti dei partiti, come pure i circoli e le associazioni aventi finalità ricreative .Sono stati sostituiti , almeno dalle nostre parti, dall’effervescente e “caciarona” episodica socialità del bar , che pur facendo aggio della conviviale relazionalità immediata degli avventori intraprende un’attività comunque finalizzata al consumismo di circostanza . Resta , imperante a riempire il tempo libero ( ma non liberato) giovanile ; anzi, va espandendosi velocemente a macchia d’olio la solitaria curiosa, impertinente amicalità virtuale della rete ; spesso un’interattività fittizia, perché sempre più basata su profili personali artatamente costruiti o ritoccati ( le foto) in rete e postati come uno scarsamente probante “ meglio di sé “da proporre con soddisfatto narcisismo ad altri condividenti. Profili spesso pateticamente sconfinanti nell’irrealtà e nell’inaffidabilità del soggetto in carne ed ossa che si propone e li promuove , specie se tale costruzione ideale di sé viene rapportato al molto più duro e reale faccia a faccia dei concreti rapporti interpersonali . Morire a vent’anni appeso ad una corda o buttandosi da un ponte la dice lunga sull’indifferenza di coloro che per vicinorietà , per dovere istituzionale avrebbero dovuto sorvegliare queste vite apparentemente calme , magari all’esterno , ma interiormente attraversate da una divorante inquietudine. Non ce l’hanno fatta Nicola e Matteo a reggere il pesante fardello della vita quotidiana e soprattutto , nel buio tunnel in cui da ultimo s’erano infilati non hanno avuto modo di intravedere la luce della speranza o di una prospettiva futura; così, di fatto, entrambi, sia pure in modi diversi hanno decretato con il loro irreversibile gesto estremo la fine crudele delle loro giovani vite . Entrambi i giovani che hanno deciso di togliersi la vita sembra non avessero insopportabili , debilitanti patologie in atto che avrebbero potuto sconfortarli a tal punto da anticipare una morte prossima e certa ( eppure ad oggi , già se ripensiamo il nostro intorno sociale sono in tanti coloro che seppure attanagliati da una patologia debilitante che sanno non lascerà loro via d’uscita se non la morte accettano il dolore fisico e psichico con rassegnazione ; accettano anche la sofferenza estrema della malattia ,come avviene nell’inimitabile capolavoro di Lev N. TolstoJ:”La morte di Ivan Il’ic,” : una sfibrante condizione esistenziale in cui il dolore diventa la sostanza stessa della fioca vita residua del malato terminale). Forse è stato il male del vivere , la carenza o la mancanza di una ovattante rete sociale che attenuasse il lento, inesorabile e insondabile disfacimento delle ragioni del vivere a favore dell’immediatezza risolutrice del suicidio a spingere Nicola a Larino e Matteo in Canada a compiere un gesto così estremo? A Noi, destinatari increduli del loro disperato gesto , non è dato sapere E, in questo momento di sconforto mi ritornano in mente alcuni vissuti problematici di persone del luogo con cui condivido lo stesso tempo e lo stesso spazio sociale; persone afflitte giorno dopo giorno da un disagio del vivere esasperante che nella loro sconcertante inedia sembrano di per sé già votate ad un triste epilogo . Non intendo fare il menagramo , poiché l’inconcludente trascinarsi delle loro esistenze è noto ai più poiché rappresentano la parte sofferta e sofferente del nostro corpo sociale . Una sofferenza che talvolta con pietoso altruismo in tanti, misericordiosi, placano con l’elemosina ; così, tanto per tacitare con un gesto compassionevole la propria colpevolizzante coscienza sociale . Né la carità né la compassione possono servire a rendere dignitosa la vita dell’Altro che magari è incappato per le più svariate ragioni nel tunnel della depressione, dell’inedia, dell’anomia eleggendo tali disperanti modalità del vivere il quotidiano ad uniche prospettive di futuro praticabili. Gli episodici, caritatevoli, interventi degli integrati, benestanti ,purtroppo , sono solo palliativi utili a prolungare di giorni, mesi, anni il calendario che scandisce le loro vite alla mercé di menti che da tempo hanno cancellato la corrente “ normalità” del vivere . Sono , quelle che ogni giorno si propongono inascoltate alla nostra attenzione pietose solitudini esistenziali in atto suscettibili di evoluzioni nefaste che mute ci chiedono a gran voce ; tu dov’eri ieri, prima che finissi nel vortice autodistruttivo in cui sono incappato ? dove sei oggi che lo stesso vortice mi consuma? Perché non mi hai visto ieri ? perché non mi vedi oggi ? Per quanto attiene la mia responsabilità di contemporaneo rispetto alla nostra comune condivisione dello stesso territorio , nella mia incapacità di dare una sia pur minima soluzione pratica ai loro problemi sociali ed esistenziali posso solo dire : sono qui a scrivere di loro , almeno a pensarli , tenendo bene a mente ed a monito i due inenarrabili momenti dei giovani morti: Nicola e Matteo.


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