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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 29/1/2016 ● Click 1229

Fondamento dei diritti umani è la dignità della persona, oggi c'è una crisi di solidarietà


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Siamo ancora lontani dalla realizzazione di quel che dice l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 : “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”. La natura dei diritti umani, la loro difesa, la loro legittimazione, la loro implementazione, sono tutte questioni che sollevano problemi, la cui soluzione ha anche natura teorica. Vale la pena quindi parlarne e provare a chiarire di cosa si tratti, perché questo è il modo migliore che abbiamo per capire come applicarli, come difenderli, come garantirli. Da questa premessa chiediamoci : che rapporto c’è fra l’identità collettiva, l’essere noi parte di un sistema di valori, tradizioni e cultura, e nozioni tipicamente individualistiche com’è quella dei diritti umani? E’ possibile sostenere diritti validi per ciascun individuo universalmente anche in presenza di identità collettive differenti? Tutto questo in che modo si correla alle condizioni economico-sociali in cui individui e gruppi si trovano? Papa Benedetto XVI ci ammonisce che “non bisogna affidare i diritti umani a mutevoli opinioni. Essi abbisognano di un fondamento stabile, non relativo, non opinabile. Tale fondamento è la dignità della persona”. Il premio Nobel Amartya Sen sostiene che la natura dei diritti umani è essenzialmente morale. Questo significa, a suo avviso, che la nozione dei diritti umani è peculiarmente universale. Esplicita è la sua presa di posizione quando sollecita a guardare alla povertà come deprivazione delle diverse dimensioni che costituiscono la vita umana e quando solleva, in prospettiva, il problema dell’affermazione dei diritti umani sia sotto il profilo civile e politico sia sotto quello sociale ed economico perché questo significa mettere ciascuno nella possibilità di praticarli. Un’altra considerazione da fare è che viviamo in un mondo globalizzato. Un solo sistema interdipendente che deve ricostruire le regole della convivenza. Non siamo più singoli paesi che definiscono le loro relazioni alla luce degli interessi interni. La globalizzazione ci obbliga al confronto con una serie di alterità culturali, con civiltà ed esperienze diverse. Ciò detto, le presenti considerazioni hanno lo scopo di fornire un contributo all’analisi della natura e della difesa dei diritti umani. Nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 30 settembre 2015 a New York il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon, in merito al tema dell’immigrazione, ha sottolineato : <<E’ una tragedia umana che richiede una risposta politica collettiva determinata; è una crisi di solidarietà, non di numeri. Sono inorridito e straziato per le morti di rifugiati e migrandi nel Mediterraneo e in Europa. E’ il sintomo di problemi più profondi, violazione dei diritti umani, fallimento dei Governi, che non lasciano alla gente altra scelta se non quella di fuggire>>.

Ora qualche cenno sul reato di clandestinità, ovvero di quello che il senatore Manconi (Pd) definisce un “presupposto perverso”, che trasforma automaticamente l’immigrato in un criminale. <<Un reato orribile, che punisce non per ciò che si fa ma per ciò che si è. Non per un delitto commesso, ma per una condizione di vita : migrante, fuggiasco, povero. (…) Il reato di clandestinità è inutile e mette l’immigrato appena sbarcato sulle nostre coste in una condizione criminale per il solo fatto di esistere e non perché abbia commesso qualcosa di contrario alla legge. Si è criminali in automatico nel momento in cui non si hanno documenti regolari. (…) Se non si consentono in prima battuta ingressi legali, si chiudono subito tutte le altre strade conformi alla legge, compresa la ricerca del lavoro. E si fornisce facile manovalanza alle organizzazioni criminali. E’ un’utopia negativa e ridicola pensare di fermare i flussi migratori intensificando i pattugliamenti e aumentando il numero di motovedette… E’ purtroppo evidente che il “reato di clandestinità” non contribuisce in alcun modo a contenere i flussi migratori, mentre aggrava ulteriormente il contenzioso giudiziario penale>>. L’alternativa, secondo Manconi, alla “catastrofe umanitaria” sia una sola : la capacità di “governare il fenomeno”. Una capacità che deve essere necessariamente “condivisa”. Senza dimenticare quanto detto da Gesù: <<Ero forestiero e mi avete ospitato>> (Matteo 25).


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