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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 19/9/2015 ● Click 1231

Rifugiati e migranti. La ricerca di un ruolo decisivo per le Nazioni Unite


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon sta organizzando un incontro speciale il 30 settembre al Palazzo di Vetro. Lo ha annunciato lo stesso Segretario Generale tramite il suo portavoce. “Il tema dell’immigrazione sarà alto nell’agenda dei capi di Stato e di governo che verranno a New York per l’Assemblea Generale”, ha dichiarato Ban Ki-moon. “E’ una tragedia umana che richiede una risposta politica collettiva determinata : è una crisi di solidarietà, non di numeri”. “Sono inorridito e straziato – ha detto ancora il Segretario delle Nazioni Unite – per le recenti morti di rifugiati e migranti nel Mediterraneo e in Europa”. L’emergenza migranti, sottolinea il numero uno del Palazzo di Vetro, è il sintomo "di problemi più profondi", violazione dei diritti umani, fallimento dei governi, “che non lasciano alla gente altra scelta se non quella di fuggire”.

Ora proviamo a dire alcune cose sulla gestione delle crisi internazionali. La buona politica sarebbe priva di senso se non si occupasse, in primo luogo, di chi ha bisogno, di chi è più povero, di chi necessita di aiuto. Un punto fondamentale è dare poteri e autorevolezza a un organismo internazionale come l’Onu. Spingere nella direzione della riforma del Consiglio di sicurezza, creare un Consiglio di sicurezza economico capace di intervenire sugli effetti economici indotti dalla globalizzazione e – come viene auspicato dal professore Alessandro Ferrara (Università di Roma ‘Tor Vergata’) – trasformare il Comitato per i diritti umani in un Consiglio per i diritti umani che abbia la stessa forza del Consiglio di sicurezza. Il senso di queste proposte è fondato sulla consapevolezza che la ‘governance’mondiale si costruisce con una politica preventiva che deve essere il multilateralismo, inteso come metodo di governo del mondo. Un multilateralismo che, attraverso processi d’integrazione, arrivi a forme istituzionali compiute. Viviamo in un mondo caratterizzato da un alto tasso di globalizzazione e interdipendenza economica e sociale; viviamo in un mondo globale in tutto : nella comunicazione, nella tecnologia, ma non nella sovranità. Molte decisioni del pianeta riposano ancora sulla sovranità degli Stati nazionali. Gli stessi essenziali processi di integrazione cui si accennava prima, sono estremamente faticosi perché richiedono un trasferimento di sovranità dagli Stati alle istituzioni sovranazionali. La storia moderna e contemporanea, con riferimento particolare all’Europa, almeno dalla pace di Westfalia, è incardinata sul primato e sulla centralità della sovranità nazionale. Tuttavia, un mondo globale, se governato dalle nazioni e dal loro sistema di relazioni, è un mondo che rischia di non essere governato; o, comunque, rischia di essere governato in modo inadeguato. Il problema di come si costruisca una sovranità globale è ai nostri giorni fondamentale. Punto centrale della questione, come sostiene il sopra citato prof. Alessandro Ferrara (“Limiti della sovranità e dovere di proteggere la vita umana”), è “la linea di demarcazione fra la sovranità degli Stati e la sovranità della comunità internazionale espressa attraverso le sue istituzioni cosmopolitiche”. Potrebbe quindi nascere, in prospettiva, un’istituzione cosmopolitica dotata del “monopolio dell’attribuzione di legittimità all’uso della forza (…). Perché questo possa avvenire, però, è necessario che esista un quadro normativo definito… il quale disciplini il rapporto fra la sovranità degli Stati che continuano ad esistere e la sovranità di istituzioni cosmopolitiche che continuano a formarsi (esempio: la Corte penale internazionale)”. Lo stesso autore aggiunge: “Senza un chiarimento universalmente accettabile intorno ai limiti della sovranità statale le carte dei diritti sono condannate a svolgere un ruolo meramente pedagogico”. Sia chiaro: l’impotenza o il fallimento dell’Onu non sono che la proiezione dell’impotenza e del fallimento delle nazioni che, insieme, costituiscono questo organismo. D’altra parte, se la gestione delle crisi non può dipendere dai singoli Stati, o da coalizioni più o meno improvvisate o volenterose dei medesimi, cosa rimane se non dare poteri e autorevolezza a un organismo internazionale come l’Onu? “Chi dovrebbe decidere – si chiede Alessandro Ferrara – quando la coscienza morale dell’umanità è scossa abbastanza per giustificare una ingerenza nella sovranità di uno Stato a protezione dei diritti violati? … Forse tale ruolo può essere attribuito al Consiglio di sicurezza, in una composizione nuova, oppure una Corte, come la Corte Internazionale di Giustizia”. Insomma, per avere un uso legittimo dell’impiego della forza per assicurare il rispetto di diritti umani universali le soluzioni fanno parte di un ‘cantiere’ aperto, facendo coesistere diritto internazionale ed ermeneutica culturale. Concludo segnalando la recente notizia: il Ministro croato ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu.


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