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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 15/6/2015 ● Click 1348

La possibile filiera corta della pasta tra innovazione e tradizione


Arcangelo Pretore © FUORI PORTA WEB

Al fine di ricondurre alcune problematiche aperte in un precedente intervento sull’agricoltura locale e, prima di indurre il tema della “filiera corta della pasta “ a partire dal grano duro locale , mi è d’obbligo richiamare alcuni dati perché all’interno degli stessi ci sono le premesse che spiegano le ragioni che, puntando sulla filiera corta della pasta , motivano l’avvio di un approccio aziendale innovativo in agricoltura che vada oltre la produzione sul campo ,completando localmente il processo di lavorazione del grano ,prolungandolo fino al confezionamento del prodotto finito : la pasta essiccata . Ma venendo in sintesi ai dati ; si riscontra che:
- a Guglionesi sono coltivati a seminativo i terreni di 706 unità agricole
-la quasi totalità delle unità agricole attive è a conduzione diretta
-l’estensione media aziendale ammonta a circa 10 ettari .
-gli ettari coltivati a grano sono 6961

Per quanto attiene l’impiego di capitale umano:
- il conduttore del fondo presta il suo lavoro in tutte le aziende censite
-è invece saltuario il lavoro di collaborazione dei familiari del conduttore , aggiungendosi a quello del capoazienda solo nel 17%.
- un dato poco confortante riguarda le aziende che si avvalgono della collaborazione di un familiare con meno di 40 anni e che contribuisca con almeno 100 giornate di lavoro alla formazione del reddito : si avvalgono solo l’1% delle aziende.

Per quanto riguarda altra manodopera extrafamiliare censita che presta lavoro in agricoltura, sono 369 le unità che annualmente vengono impiegate mediamente per un totale di 38 giornate.
L’ultimo punto in premessa riguarda il grado di scolarizzazione dei capoazienda.
- rappresentano il 5% i capoazienda senza alcun titolo di studio ( mediamente effettuano 78 giornate lavorative annue)
- sono forniti di licenza elementare il 28% dei capoazienda ( effettuano mediamente 72 giornate lavorative)
-hanno un titolo di scuola media dell’obbligo il 29% dei capoazienda ( effettuano mediamente 72 giornate lavorative )
- Hanno conseguito il titolo di S.M. Superiore il 26% dei capoazienda
-sono laureati il 10% dei capoazienda

Per quanto concerne il lavoro giovanile prestato in agricoltura: su 100 agricoltori 10 sono giovani ; mentre il 37 % dei lavoratori della terra guglionesani supera i 65 anni ( un ‘età pensionabile e/o pensionata anche per il fatto che l’attività agricola è di fatto un lavoro usurante). Cosa mette prin cipalmente in evidenza questa limitata premessa i socioeconomica ? Certamente la fuga dei giovani dalle campagne ; il sicuro sottoutilizzo del capitale (terreni , macchine agricole, case rurali…) ; il sicuro sottoutilizzo del capitale umano ( mediamente un lavoratore dei campi presta 60 giornate lavorative annue); la scarsa imprenditorialità spiegata dalla stragrande diffusione della monocoltura (grano)e dal diffusissimo contoterzismo ( per la trebbiatura, aratura...) che depone per una scarsa capitalizzazione della meccanica agraria aziendale . Tutto questo impone un radicale cambio di paradigma nel nostro pur imponente settore primario locale che inevitabilmente deve partire da una soppesata analisi dell’esistente , in specie riferita alla produzione di grano . E’ un fatto che nel 2013 sono stati prodotti e conferiti presso le locali agenzie commerciali che operano del settore ben 340.000 (trecentoquarantamila!) quintali di grano, frutto di una resa di 45-50 q.li ha ( dati aggregati derivanti da una comunicazione personale dei commercianti del territorio ). Nel 2014 ,complessivamente c’è stata una riduzione del 25% della produzione cerealicola locale , anche in ragione , si ricorderà di diffusi attacchi di ruggine ); una produzione che tuttavia resta massiva e sostenuta. Alla luce di tali volumi di prodotto scambiati sul mercato , ci si chiede; com’è possibile che l’agricoltore che li ha prodotti si fermi alla fase della vendita sul campo , non immaginando neppure quale alto profitto, il produttore primario potrebbe generare per sé, per i suoi figli e per i disoccupati soprattutto giovani locali qualora volesse proseguire , consorziandosi con altri similari produttori allo scopo di prolungare le altre fasi della filiera , fino alla collocazione del prodotto finito, all’ingrosso o al dettaglio sul mercato del territorio . E’ da questa semplice riflessione già ampiamente sperimentata altrove , (nelle Marche da oltre vent’anni con il fattivo contributo economico e un corrispondente apparato legislativo ad hoc della Regione )che vogliamo lanciare un progetto locale di” filiera corta della pasta prodotta con il grano duro locale” che proponiamo qui per la sua concreta fattibilità ; riepilogo per comodità del lettore le carattestiche salienti della filiera corta ; rimette nelle mani del produttore la molitura del grano ; la lavorazione della farina per il confezionamento di alcuni formati di pasta essiccata , la sua collocazione sul mercato . E’ appena il caso di operare un confronto con quanto ho vissuto personalmente in modo similare ( era la tradizione almeno centenaria dei nostri antenati contadini ) a livello familiare : ricordo che mio padre alla vendita della scarsa produzione di grano accantonava due partite ; una per la semina , circa due q,li/ ha ed una per l ‘autoconsumo familiare; secondo necessità in modo scaglionato durante l’anno si moliva , al molino Rinaldi ( o Della Porta) , per ricavarne farine che mia madre lavorava per fare la “pasta fresca” e per la panificazione , insieme alla crusca per i” brodoloni “ del maiale .Ma , veniamo agli indubbi vantaggi economici ed al benessere complessivo locale che la filiera corta praticata potrebbe apportare: la ridistribuzione tra i lavoratori agricoli consorziati dei guadagni maggiorati alla vendita del prodotto finito. ; l’ampliamento della base lavorativa in agricoltura attraverso l’ulteriore impegno dei lavoratori non solo nella produzione sul campo , ma anche nelle altre fasi della lavorazione del grano; trasporto, distribuzione , contabilità … Non taccio i vantaggi aggiuntivi che pure hanno una importante ricaduta sul sociale più vasto . Mi premuro di elencarli al fine di fornire un quadro più esaustivo : riaffida al produttore primario il controllo dell’intero ciclo di produzione della pasta ; cambia e riorienta consolidate abitudini produttive ( oggi spesso configgenti con la tutela ambientale) , sia nella fase di scelta delle varierà da coltivare ( Cappelli …) sia nel protocollo delle procedure, delle tecniche agronomiche da seguire ad iniziare dalla preparazione del terreno per la semina, la semina, i trattamenti, la concimazione …; la conservazione e lo stoccaggio in silos di nuova generazione che impiegano mezzi fisici di conservazione del grano che non alterano le caratteristiche organolettiche del medesimo ; la molitura del grano in un mulino a pietra, che esalta le caratteristiche delle farine ; ed ancora... la lavorazione delle farine in pasta potrà avvalersi dell’esperienza di maestri pastai che stabiliranno il giusto mix delle farine volto ad ottenere una buona pasta , che mantenga bene la cottura, ed che esalti le caratteristiche del cultivar scelto alla semina …

L’ultima nota riguarda l’etichettatura da apporsi sulla carta imbustata che al termine di una filiera che abbia requisiti di affidabilità e credibilità deve riportare : Il logo o marchio del consorzio; la denominazione per elencazione delle aziende che hanno prodotto il grano duro; il molino che ha sfarinato il grano, l’industria pastaia che ha lavorato le farine . In conclusione , ci chiediamo, quale possa essere il vantaggio economico degli agricoltori che vogliano industriarsi per la messa in opera di una filiera corta della pasta. Il primo è auto evidente : poiché gli agricoltori consorziati sono gli stessi che seguono tutte le fasi della filiera ad possono guadagnare il valore aggiunto del prodotto ( ovviamente detratte le spese) ad ogni fase della filiera aumentando così significativamente il loro reddito individuale. In modo non secondario I produttori consorziati introducono nel processo di trasformazione del grano in pasta importanti requisiti di qualità , oltre a recuperare la tradizione locale del consumare la pasta fatta con un grano duro tracciato . Da ultimo, gli agricoltori locali che hanno seminativi e che per lunghi periodi dell’anno sono in genere sottoccupati hanno la concreta possibilità di implementare la loro occupazione nelle ulteriori fasi di trasformazione del grano fino alla collocazione sul mercato del prodotto finito. Un tale progetto si realizzerà, non si realizzerà?...” I have a dream” , che non è il sogno alto di veder riconosciuti i diritti civili agli afroamericani perorato da Martin Luther King , bensì io ho un sogno molto più modesto : quello di veder rispettati i diritti della natura che fa parte del mio paesaggio ( a non essere violentata sul campo da innumerevoli artificialità …) ed il mio diritto alla prelazione del grano locale , rispetto alle multinazionali della pasta , perché emergenti , intraprendenti, imprenditori locali , mi permettano un giorno, spero non lontano, di consumare a tavola la pasta fatta con la farina di grano duro locale.


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