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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 19/9/2014 ● Click 1725

Il qualunquismo e il qualcunismo


Mario Vaccaro © FUORI PORTA WEB

Ti trovi con gli amici al bar oppure davanti a te campeggia, luminosa, la tua pagina FB? Reale o virtuale non importa. Il pubblico solletica la tua vanità e ti vedi già in calzamaglia a calcare le assi del palcoscenico. A me gli occhi, please! Occorre trovare qualcosa di interessante da dire. Già, ma cosa? L'ispirazione latita e il tempo corre ... ti piace vincere facile? Beh, c'è una roba che fa al caso tuo. Designata con un parolone ... archetipo: agitaglielo davanti e otterrai la loro approvazione, secchiate di mi piace e condividi. Storie di uomini belli come il sole e dall'animo nobile destinati ad una morte atroce - in stile S. Sebastiano - o della coppia di amanti di un amore impossibile, causa le differenze sociali o chissà cos'altro. Racconta loro storie condite da questi ingredienti e otterrai guance rigate di lacrime. Ma questo richiede una certa qual dose di immaginazione oltre che una narrazione sofisticata, non necessaria al tuo scopo. E poi si dà il caso che l'hai già in tasca un archetipo dall'effetto garantito. Vabbè, forse ne ignoravi l'astruso nome. Alludo a quello spauracchio che hai visto agitare dalle destre, tratto essenziale della loro linea politica. E in quell'occasione tu hai risposto all'appello con un'adesione spontanea, repentina, di pancia insomma ... mica scomodi l'intelletto per una vulgata. In chissà quale posto dentro di noi dimora un quid che agisce come una cassa armonica. Mettendo insieme le giuste parole, quasi a far da formula magica, fai vibrare alcune corde e quella immancabilmente va in risonanza, amplificando l'iniziale input. Gli animali, che l'intelletto non hanno, possiedono un meccanismo per certi versi analogo. Se ogni volta porti da mangiare al tuo cane facendo precedere l'operazione dal suono di un fischietto, in poco tempo l'animale elaborerà il cd. riflesso condizionato: quando sentirà il fischio, si attiveranno le funzioni fisiologiche preposte alla digestione - la cd. acquolina in bocca - sebbene il cibo non sia ancora entrato nella sua visuale. Non sto dicendo nulla di astruso, l'aggettivo "pavloviano" fa parte ormai del lessico comune.

Quest'analogia vuole essere solo una provocazione, basata tuttavia su una personale associazione mentale: agitando lo spettro dello "straniero invasore", osservo gli interlocutori secernere bava dalla bocca - alla vista di una quarta di seno capita anche a me. Dunque, se entrando in un bar il nostro pesca uno a caso tra i tanti luoghi comuni sugli "stranieri che ci tolgono il pane di bocca", in segno di approvazione tutti i presenti abbaieranno entusiasti. Quanto ai detti luoghi non mi pare il caso, e neppure mi va, di ripercorrere questa via crucis le cui fermate sono un misto di amenità, slogan pseudopatriottici e associazioni mentali atte a dipingere un quadro desolante in cui l'italiano è vessato da oneri e doveri a cui non fanno da contraltare quei diritti che agli stranieri vengono invece riconosciuti d'amblèe, razza privilegiata che sbarca nello Stivale con lo spirito da turista da crociera, servito, riverito e, dunque, invidiato. Se prima Berlusconi-Fini-Bossi avevano edificato ad hoc lo spauracchio per spostare a destra l'elettorato, cavalcando il tema della sicurezza (nella prima Repubblica hanno giocato la carta delle stragi e del terrore), l'intervenuta crisi ha consentito alla creatura di sfuggir loro di mano. E così oggi il pregiudizio soffre di cecità assoluta, non facendo distinzioni nemmanco tra clandestini e rifugiati.

Per evitare d'invischiarmi nel pantano che si formerebbe qualora volessi confutare la lunga serie di considerazioni accomunate dall'identica premessa ... nonsonorazzistama - medesima confezione dove il ma rappresenta il nastro che, non appena rimosso, fornisce l'accesso ad una collezione imperdibile dei più sciatti tra i pensieri che mente umana(?) possa concepire - butto lì qualche considerazione di carattere generale. Niente di che, annotazioni personali su ciò che non mi quadra, semplici perplessità irrisolte. Innanzitutto, gran parte delle considerazioni di questi non razzisti, che giocano a nascondino con quel "ma" di troppo, sono censure dirette alle nostre istituzioni, ree di privilegiare gli stranieri nell'opera di solidarietà sociale. Secondo loro gli italiani dovrebbero vedersi riconoscere una sorta di diritto di prelazione. Questo "vengono prima gli italiani" è un pensiero diffuso, da maggioranza parlamentare ... "l'Itaglia agli itagliani!". Tuttavia, in base agli attuali sondaggi le percentuali di gradimento dei partiti di governo restano immutate. E qui, caspita, c'è da perplimersi (fico 'sto verbo?): se ritenete essere sbagliate le leggi e/o l'azione di governo, perché ve la prendete con gli stranieri? Questa è semplice incoerenza, in altri casi quel "ma" di troppo è frutto di disinformazione e stupidità. La precedenza agli italiani, ad esempio, come attuarla? Certo, si potrebbe elaborare un indicatore di povertà e, sulla base della graduatoria, a parità di punteggio sfamare prima i connazionali o assegnar loro la casa popolare. O l'indicazione è da intendersi in termini assoluti? Ovvero occorrerebbe dapprima dedicarsi - ovviamente senza successo - ai milioni di poveri nostri connazionali e l'osso che (non) avanza buttarlo ai chiedenti asilo?
L'Italia - che pare che 'sto problema ce l'abbiamo solo noi - è al quarto posto nella graduatoria europea quanto a numero di rifugiati ospiti: Germania e Svezia ne annoverano il doppio. Sbarcano qui solo per questioni "balistiche", se potessero prenderebbero l'aereo e ci bypasserebbero per andare in Nord Europa. E l'Europa, badate, ci rimprovera perché facciamo di tutto per farli trasmigrare altrove. Al netto di tutte le stronzate, la questione è, alla base, molto semplice: al di là dei tanti bla, o si è favorevoli o si è contrari al diritto d'asilo. E prima di prostituirsi alla suggestione messa in campo dal politico di turno, sarà meglio informarsi sulle origini, antichissime, di tale istituto ... e pure una ripassatina al Vangelo male non farebbe: digitare "prossimo" o "buon samaritano". E prim'ancora occorrerebbe metter mano alla Costituzione pluralista che tutela tutte le minoranze. Anzi - e qui ci scappa pure il paradosso - è lì prevista una sola eccezione: i nostalgici fascisti, sicuri militanti di questa Crociata, sono portatori di una cultura che la nostra laicità, pur nella sua ampia apertura, apertamente ripugna. Dunque se c'è qualcuno da ributtare a mare ...

Questo vale per i rifugiati, che vengono accolti in via provvisoria per conciliare esigenze di carattere umanitario. Ecco un parola interessante, di quelle di cui ci riempiamo la nostra tronfia bocca. C'è un quid che chiamiamo umanità, un sostantivo per indicare l'esistenza di una sorta di collante capace di regalarci l'impressione del sentirsi davvero uniti, accomunati da un'identica sorte. Nell'ora di pranzo, seduti a tavola in posa per il quadretto familiare, ascoltiamo al TG le vicende problematiche di gente che ci appare lontana, non solo quanto a distanza fisica. Parrebbe ridursi tutto a considerazioni relative al nascere o meno nella culla sbagliata. Ma davvero questo solo è ciò che siamo? Quelle capacità, che i migliori tra i nostri simili hanno mostrato essere potenzialmente illimitate, sono, nell'uomo comune, esercizio di sensibilità d'animo che nell'ordinario esplica la propria azione sino all'orlo estremo dell'orticello casalingo? Eppure il nostro intelletto possiede facoltà che ci consentono di operare all'unisono, come se un qualcosa di trascendentale congiungesse le menti di noi tutti, gettando le basi per la formazione di una cultura comune ... memoria collettiva, immaginario collettivo, do you understand? E allora! E se così non fosse, "da quali Golia fui partorito, così grande e così inutile?".

Per i flussi di migrazione ordinari varrebbero più o meno le medesime considerazioni, se non vi fosse un'altra nostra attitudine a far da coprotagonista: l'ipocrisia. I rumeni bla, gli arabi bla bla ... e i minolli allora? Bla bla bla. Evito anche qui di andare troppo sullo specifico, ne verrebbe fuori un quadro non troppo edificante di noi italiani contemporanei: fanno lavori che noi non vogliamo fare, di solito lavoro nero, quindi la concorrenza ai lavoratori nostrani diventa sleale solo perché le nostre imprese approfittano della situazione - e lo sfruttamento è generalizzato, ché spesso la gente comune è accomunata agli imprenditori nel ruolo di datori di lavoro. E in questo ruolo, chiediamoci: se non ci fosse quell'esercito di badanti sottopagate, come avremmo potuto sopperire alle carenze nazionali in campo assistenziale? "I soldi guadagnati li spediscono a casa" ... dice l'imbecille che li paga 500-600 euro al mese in cambio di un'assistenza quotidiana continua ... e sfama e si occupa dell'assistenza sanitaria del cane e del gatto. Alleviamo animali per darli da mangiare ad altri animali ... il nostro razzismo non risparmia neppure loro, e sono sedicenti animalisti. Poiché per principio accordo a tutti il mio rispetto, lascio che sia la matematica ad esercitare un rigoroso disprezzo. Dati alla mano, il lavoro degli stranieri contribuisce al 12% del PIL, pur costituendo essi il 9% della forza-lavoro complessiva. Dunque il rapporto costi/benefici è positivo, pari ad un gettito netto di 1,7 miliardi. Ma i dati statistici sfatano ulteriori luoghi comuni, ad esempio quello della diminuzione delle opportunità di lavoro: Il sole24ore dixit. E, vivaddio, fanno figli! Ma pure l'evidenza dei fatti deve fasciarsi la testa dopo averla sbattuta sul muro dei pregiudizi. A me sembra di essere tornato indietro di un secolo esatto, quando l'80% delle persone lavorava 12 ore per un tozzo di pane, e doveva baciare la mano dello sfruttatore perché, tutto sommato, grazie a lui sopravviveva. Cos'è cambiato? La catena dello sfruttamento si è allungata: il padrone sfrutta l'operaio che sfrutta la badante ... alla fiera dell'Est, per due soldi. Ma sfruttati e indesiderati sono participi passati logicamente incompatibili.

Se poi seriamente volessimo risalire quella sorta di albero genealogico che stabilisce la lontana paternità di alcune situazioni dell'attualità, identificare quella causa prima degli eventi in questione - come il topolino nella canzone di Branduardi - basterebbe individuare la matrice di guerre e povertà in Africa e in Medioriente. La Matrice, il Motore Primo, è l'Occidente, lo dice M.re Lapalisse. Sono ormai 500 anni che a 'sta gente cachiamo il cazzo tra deportazioni di schiavi, sfruttamento di risorse, colonialismo, razzismo ... pure Israele gli abbiamo piazzato dentro casa! Già il fatto stesso che le polemiche sull'immigrazione si scatenino solo in relazione a questa fetta di mondo dovrebbe farci sorgere qualche dubbio. E già, perché verso i ricchi bianchi non alziamo barriere, loro sono i benvenuti. Anzi, se il loro afflusso diminuisce ci preoccupiamo. E se per caso sono americani, i neri, allora diventano "coloured" ... "è nat nu guagliun, è nat nir, a mamm 'o chiamm Cir, sissignor 'o chiamm Cir". Siamo sinceri, è sì una questione di colore, ma dei soldi.

Non sono intollerante, e mi dichiarerei tollerante se solo il sostantivo non sapesse di così poco ... evoca il senso del sopportare ... decisamente poco riuscita come parola. Non solo la presenza degli stranieri non mi disturba, ma la multiculturalità mi ha sempre affascinato ... e noi italiani ne siamo il prodotto storico, anche geneticamente parlando. Parigi, Londra, New York lo sono per antonomasia ... e mica ho detto caccola! Ma se nella vita in genere, e nella quotidianità, una determinata categoria di persone mi ha causato problemi, è invece quella dei portatori sani di mediocrità. Dal fruttivendolo improvvisatosi tale al barista che ... idem, e pure scorbutico, fino ai due dottori che non diagnosticano i miei orecchioni facendomi dono di un'orchite e, sempre più su, fino ai ministri incompetenti di governi che si rimpastano spostandoli da un'incompetenza all'altra (col Berlugoverno si è giunti all'apoteosi del dilettantismo allo sbaraglio, con i tre ministeri filoculturali nelle mani di Gelmini Bondi Gasparri). Beninteso, non ce l'ho con gli individui, il vero problema è la società intera, le regole non scritte che la governano, che ne hanno fatto una palude. Il principio maggioritario inevitabilmente segna l'affermazione della mediocrità (non è un giudizio di valutazione, nessuno si senta offeso, è la mera constatazione dell'affidamento di incarichi di prestigio a persone di valore intellettuale medio-basso) al potere. Non siamo ne "La Repubblica" di Platone, non i filosofi guidano una collettività ma bracciarubateall'agricoltura. Non Cacciari o Rodotà ma Renzi. Siamo gli unici animali che non assecondano le prerogative della natura: il capo branco dovrebbe essere il più forte, nel nostro caso il più sapiens al quadrato.

La mediocrità al potere ci ha regalato una palude in cui pure l'esercizio dei diritti fondamentali diventa opera farraginosa. Le radiografie, il posto in ospedale, un lavoro? Devi conoscere qualcuno. Il qualunquismo, come termine, nasce dalla breve esperienza del partito dell'Uomo Qualunque. Solo una breve parentesi nel regno incontrastato del qualcunismo. Chi è Qualcuno? Il "meccanico", quello che aggiusta ogni situazione. Da mezzo secolo prima di Obama hanno fatto loro lo slogan sipuòfare. Ogni giorno, in questo ginepraio, un piccolo esercito di migliaia di Qualcuno è preposta allo scioglimento di lacci e lacciuoli per favorire i privilegiati ... di conoscerlo. Sono i navigatori speciali che conoscono la complessa topografia di questa società e sanno indicarti la scorciatoia giusta. Oh! Tutto alla luce del sole! Vi sarà capitato di assistere ad una scenetta tipo "sai, in Ortopedia non c'era posto ma conosco ...". Non vi sentite come se qualcuno vi passasse davanti alla fila in banca? Con una fondamentale differenza, invece di sfancularlo, lo osservate con una punta di invidia. Chi è Qualcuno e che c'entra con l'intolleranza? E' il compagno di scuola a cui passavi la versione di latino, lo stupido che si affida al pensiero forte di qualche capopopolo e ripete come un pappagallo: "l'Itaglia agli itagliani!". Ma cosa ci volete fare, come recita l'adagio: i Qualcuno davanti e i cavalli indietro.

PS: Sia chiaro, sono un filantropo: presi individualmente noi uomini siamo fatti di pasta fine. E mostriamo di possedere un'attitudine all'empatia verso cui, nelle manifestazioni collettive, soffriamo di amnesia. In alcune vicende burocratiche, nel mondo del lavoro - ad ex quando il datore comunica che potrà tenerci solo in nero - in queste ed altre simili circostanze, proprio allora comprendiamo di essere noi gli arabi/africani della situazione.


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