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Solitudini d'autoreGuglionesi
Pubblicato in data 17/9/2013 ● Click 1256

La decadenza


Redazione FPW © FUORI PORTA WEB

Nel 6° canto del Purgatorio Dante, dopo aver incontrato Sordello da Goito, grande scrittore italiano del Duecento in langue d’oc, si lancia in una vera e propria invettiva, dapprima contro l’Italia del suo tempo, dilaniata da lotte intestine, nido di corruzione e di decadenza, come se fosse una bestia selvaggia contraria ad ogni disciplina e ad ogni legge, poi contro Firenze, la città nativa che lo ha ripudiato costringendolo all’esilio.
E alla dolorosa rappresentazione di una società in cui sono banditi i supremi ideali dell’ordinato vivere civile, si aggiunge l’invocazione, quasi disperata, ad un soccorso divino.
L’invettiva si risolve in un compianto, che coinvolge imperatori, gente di chiesa, comuni e signorie, fazioni cittadine e famiglie gentilizie, tutti posti sullo stesso piano, colpevoli e vittime.
Ma chiediamoci: l’Italia da allora è veramente cambiata?

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!

Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon della sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;

e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.


Ah, Italia asservita agli interessi di signori arbitrari, luogo di sofferenza, priva di un governo autorevole e in balia degli eventi, non più padrona di ampi territori, ma postribolo!
Sordello fu tanto lesto, solamente per aver udito dire il nome della sua patria dilettevole a sentirsi, a festeggiare Virgilio in Purgatorio; mentre oggi i tuoi abitanti stanno in guerra, e i residenti di una stessa città si combattono a vicenda.

Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode.

Che val perché ti racconciasse il freno
Iustiniano, se la sella è vòta?
Sanz’esso fora la vergogna meno.

Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota,

guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mani a la predella.


Esplora, infelice, lungo le coste le tue regioni bagnate dal mare, e poi rivolgi il tuo sguardo alle zone interne, se qualcuna di essa sta in concordia.
A che cosa ti giova il codice di Giustiniano, se ti manca una guida? Un popolo senza leggi è meno colpevole di quello che le possiede. Ah, pontefici e uomini di chiesa, che dovreste far regnare l’imperatore in vece vostra, se interpretate bene le prescrizioni divine, considerate in che modo l’Italia è diventata ribelle, per non essere governata dall’imperatore, dopo che voleste gestire la cosa pubblica.

O Alberto tedesco ch’abbandoni... [continua su Nuovi orizzonti]

Resa in italiano moderno da Carlo Rocchi


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