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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 29/5/2013 ● Click 1666

Il Re è nudo


Mario Vaccaro © FUORI PORTA WEB

L’espressione, divenuta famosa, è tratta da una fiaba di Andersen che famosa lo è un po’ meno.
- Brevemente - narra d’un imperatore la cui proverbiale vanità è da tutto il popolo conosciuta. E’ un vizio che esterna in particolar modo mediante l’abbigliamento, su cui è “fissato”. Qualche imbroglione pensa bene di trarne profitto, spargendo in giro la voce di essere in grado di tessere indumenti così leggeri da apparire invisibili soltanto a chi è indegno. L’imperatore commissiona uno di questi vestiti dal particolare tessuto e, non appena consegnatogli, chiede ai suoi cortigiani di fornirgli un parere. Costoro, non vedendo alcunché e tuttavia preoccupati d’esser tacciati quali indegni, tessono le loro lodi del meraviglioso tessuto. Ovviamente lo stesso imperatore non vede nulla e dissimula il suo apprezzamento. Alla prima occasione indosserà il vestito, ricevendo gli applausi della folla; solo un bimbo, facendo sfoggio della sua innocenza, griderà: “Il re è nudo!” … ma la sfilata prosegue come se nulla fosse accaduto.

In questi ultimi tempi m’è parso più volte d’udire questa frase, pronunciata dalla redazione o da singoli redattori del blog … ignorati come il bambino. Le votazioni, invece, hanno fornito un crudele ritratto d’un imperatore in mutande.
Credetemi, non è nella mia indole assestare calci a chi, inciampando, s’è ritrovato riverso a terra … d’altronde nella favola sono cortigiani e lacché a fare una figura barbina.
Neppure è mia intenzione avventurarmi in un’analisi politica del voto, tanto più che l’istantanea scattata da questa redazione ha ritratto la politica locale in una posa genuina, che molto ci rivela su espressioni e tendenze non espresse verbalmente, ma presenti nella sottotraccia d’un mondo ancora abitato da alieni, incapaci di comunicare con noi poveri mortali.

Nel diario della politica guglionesana la foto scattata è rubricata al 27 maggio … una pagina già sfogliata.
Nella dimensione di noi mortali è un evento già trascorso, in quella in cui “si puote ciò che si vuole” è considerato un avvenimento da mettere alle proprie spalle?
Il dilemma, sarò più chiaro, concerne l’eventuale occasione d’interloquire tra persone civili, in possesso di quelle virtù che la qualificazione data ad entrambe le liste suggerirebbe quali civiche: il mondo politico la vuole cogliere?
Dopo aver tracciato già una volta un parallelismo tra sport e politica, vorrei tracciare nuovamente un confronto tra due mondi che molti aspetti hanno … ehm, dovrebbero avere in comune (l’agonismo, l’essere gioco di squadra, l’osservanza di relative regole scritte e non, ecc …).
Nel linguaggio calcistico si ricorre spesso all’uso di metafore – coniate da innovatori come Brera, Viola, intellettuali prestati alla cronaca sportiva – quale ad esempio “aprire le ostilità”: è quel che fa un attaccante che, coadiuvato dalla squadra, imbastisce un’azione pericolosa per gli avversari. Dunque è un’azione propositiva. Nella politica ad una tale locuzione, anziché valore di metafora, non potrebbe che assegnarsi un significato letterale.

Non è forse questo il tenore d’una ordinaria campagna elettorale?
Un termine che dovrebbe evocare il clima d’una festa … la festa della politica, come avviene per la scampagnata, anch’essa periodica e a partecipazione popolare … ma l’aria non è affatto simile, non è un invito ad unirci ma a dividerci, nessuno che t’inviti al proprio barbecue per addentare una coscia d’agnello.
La coincidenza dei termini, stavolta letterale, è invece un richiamo a quelle militari … la campagna d’Africa, di Russia … ché anche in politica di guerra pare trattarsi.
Un’analogia che prosegue con il ricorso a ricette simili, una su tutte: la propaganda. Avete presente? Quel piano di comunicazione che prevede l’utilizzo smodato d’un particolare ingrediente, la retorica. D’una potenza tale che anche la logica, e con essa la scienza tutta, deve cederle il passo. E’ quella che in guerra – che non è altro che l’arte della politica applicata in situazioni estreme – consente ad un picchetto militare di presentarsi a casa d’una donna per dirle “gioisca, signora, suo figlio è morto per la patria”, oppure di demonizzare il nemico fino a disumanizzarlo e cavare dall’impaccio delle pastoie della morale il soldato a cui si comanda d’uccidere un proprio simile … pardon, dissimile. La propaganda, grazie alla retorica, consente di dissimulare la realtà al punto di rendere credibile il volo del proverbiale elefante.
Con le dovute distanze – sebbene anche nell’ordinario conflitto politico si è giunti addirittura a definire antropofagi gli avversari, riferendo di una loro spiccata predilezione verso la carne dei bambini – sono gli stessi tasti su cui insiste una certa propaganda politica, quella becera che dipinge l’avversario come incapace laddove non giunga a definirlo disonesto.

Ho preso la curva larga per arrivare a dire nientepopodimenoche: terminata la campagna politica, in cui qualcuno ha condotto le ostilità con spirito nient’affatto sportivo – all’insegna del seiunladro o seipiùladrotu – credo che sia giunto il momento di consentire al cittadino di assistere a contraddittori che vertano su un autentico spirito agonistico.
Insomma – userò il dialetto a mò di stampella – perché non dare un taglio con i soliti confronti al ribasso … alla “chi so’ ghe e chi si tu”, e scegliere un terreno di scontro/incontro in cui omaggiare chi “l tè chiù long”?
Finita la gita in campagna, fuoriporta – in cui qualcuno ha creduto di poter ricorrere impunemente all’arte della dissimulazione – possiamo noi cittadini assistere ad un lavoro propositivo da parte dell’opposizione?
Dopo la recente prova di forza dell’antipolitica, è stato registrato un netto calo delle percentuali di votanti in tutto il Paese … non avete il sospetto che i cittadini si siano un po’ rotti le palle del tradizionale modo di fare politica?

L’ elettorato, a dispetto dei coach dei partiti, ha dimostrato che non occorre l’imposizione delle relative quote per tributare il giusto valore e – aggiungo io – il riconoscimento dell’estetica de “la vie en rose”: le quattro donne presiederanno in consiglio anche quali rappresentanti del buon senso d’un elettorato che – in Italia accade spesso – ha dato prova d’essere migliore di tanti suoi sedicenti rappresentanti.
A voler offendere questi ultimi, tacciandoli quali imbonitori, si cade a volte in equivoco.
L’imbonitore, o ciarlatano, carpisce la buona fede altrui tentando di vendere un prodotto che descrive quale miracoloso. Si limita a fare false promesse, inventando qualità che il prodotto che commercializza non possiede … tuttavia non arriva a screditare il prodotto della concorrenza.
Io, che pur pessimista non ho mai smesso di credere nell’uomo, penso che questi politici potrebbero regalarci positive sorprese se solo smettessero di reputarci degli idioti. Ultimamente da parte di noi elettori sono giunti dei chiari segnali, sta a loro recepirli e mettere a frutto quelle capacità di cui senz’altro sono in possesso: come gli allenatori delle squadre con una rosa importante, vorremmo essere messi in difficoltà nell’effettuare la scelta di chi è il migliore, anziché far giocare i soliti perché i soli capaci … se non è chiedere troppo.


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