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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 29/3/2013 ● Click 1455

Una rondine non fa... ammesso che lo fosse


Mario Vaccaro © FUORI PORTA WEB

Spero di non pentirmi di questo intervento, data la nube di sospetti che, come quella fantozziana, aleggia sul capo di chi s’avventura in argomenti, come la politica, in cui esprimere un’opinione è gesto per definizione mai disinteressato o, se davvero un interesse di parte non c’è, è il risultato di un prurito qualunquista: insomma, o lofaiperchètiril’acquaalmulinodi oppure èlasolitachiacchieradapiovegovernoladro.

La trasparenza impone di rispondere a due elementari domande, per potermi idoneamente qualificare. In primis “chi sono?”, ovvero il paesanamente – che in questo caso è più pertinente - “a chi appartieni?”. Sin da prima del conseguimento della maggiore età sono di sinistra (allora c’era il PCI), in particolare di quel gruppo dei “nessuno più di noi vorrebbe una sinistra – e qui una pausa tattica ci sta tutta, chè da D’Alema in poi ad averla una sinistra già sarebbe grasso che cola – che, interprete dei tempi, esprima in veste moderna quei valori che dall’origine hanno contraddistinto l’appartenenza a quella parte di società portatrice di una visione della stessa fondata sulla nota dottrina marxista, la cui realizzazione rappresenta una sorta di sogno, un ideale cui tendere che presuppone in noi il possesso di una fede salda”. Come nella gag di Benigni nel “Papocchio”, ho sempre pensato che Marx avesse espresso, in forma laica e non confessionale, gli stessi principi e valori di cui si era fatto interprete Gesù. Purtroppo entrambe le dottrine, la laica e la religiosa, hanno fallito sul piano delle istituzioni umane che si sono fatte carico di interpretarle.

La seconda questione attiene al motivo di questo mio scritto, che muove da intenti di cultura politica, dacché di politica in senso tecnico poco m’intendo, non essendo nelle mie corde (perché in questi tempi di “caccia ai politici” va doverosamente sottolineata la difficoltà insita in tale ruolo). D’altronde vengo dalla lettura dell’articolo di Luigi, che meglio non poteva esprimere l’urgenza, per il bene della nostra comunità, di cercare soluzioni politiche che interpretino puntualmente le contingenze economiche del momento, suggerendo nel contempo soluzioni che implicano l’abbandono delle buone intenzioni (e, aggiungo io, dei programmi politici commissionati ad hoc a ben pagati esperti della “retorica del fare”) per l’assunzione di precise responsabilità civiche.
La politica, nonostante il suo far leva sulla dialettica, è stranamente disattenta al significato, dunque al valore delle parole. Ad esempio, basterebbe ricordare a Berlu la contrapposizione tra (magis)ter-(mini)ster per ristabilire la preminenza morale nel rapporto magistrato-amministratore. Anzi, prima ancora occorrerebbe informarlo dell’origine della parola amministrare … minestra: la figura dell’amministratore richiama l’immagine di colui che serve a tavola, come le nostre mamme … magari, ci si potrebbe quasi fidare.

Orbene, faccio appello a tutto il coraggio di cui dispongo per vincere l’imbarazzo dettato in primo luogo dai rispettivi ruoli – ché è ad un prof che mi rivolgo – nonché dall’autorevolezza del consenso che gli fa seguito, che ho ben presente, per esternare qualche dubbio in me insorto dopo la lettura de “La primavera guglionesana”.
Poiché il consenso noi elettori lo esprimiamo dopo aver soppesato le parole dei politici, perché il popolo solo di quelle si nutre – “o questa minestra o …”, e questa ce la servono davvero – e su quelle deve confidare, rivendico il mio sacrosanto diritto a soppesare e ad interpretare.
Premesso che la sua speculazione culturale al fine di interpretare questo presente fatto di cambiamenti radicali è, da parte di un politico professionista come lui, opera meritevole già di per sé, fin dal titolo mi verrebbe da muovere un appunto.
La primavera è, in politica, metafora che indica un risveglio della coscienza d’una massa (… di Praga, … araba), che in maniera pressoché unanime manifesta contro il potere: con le dovute distanze, una rondine che potrebbe non far primavera l’ho vista in quei circa 1000 voti al M5S, mentre il nostro – se ho ben capito - l’avrebbe individuata nella dissociazione dei 4 consiglieri. Le motivazioni di costoro, per quanto nobili, non mi risultano attenere ad un farsi interpreti d’una petizione popolare, tanto più che a due mesi dal voto magari sono più i fastidi arrecati alla cittadinanza che i pretesi benefici .

Sul termine “populismo”, poi, usato erroneamente dall’intero mondo politico nell’accezione negativa, si è già pronunciato Dario Fo. A quanto espresso dal Nobel aggiungerei una banale constatazione: declinando negativamente il termine, ne viene fuori automaticamente l’immagine d’un popolo “cojone”, che abbocca a qualunque adulazione (quindi lo sconsiglierei ad ogni politico, soprattutto se di sinistra: meglio demagogia).
Per quel che concerne i dubbi di Bellocchio sull’equazione giovani=efficienza-onestà-competenza, sono fin troppo ovvi. Il problema da noi è troppo serio per accontentarsi di affermazioni di principio e altre considerazioni superficiali. Premesso che l’infelice scelta di termini (“rottamare”, qui concordo con il prof circa la disumanizzazione) riguarda un’istanza avanzata dalla stessa sinistra, per brevità e per intenderci il problema della classe politica non è quello di annoverare vecchi, ma “solo” vecchi. Per evitare una lunga disquisizione, evidenzio solo come in Europa non ci sono altri paesi in cui la politica è la professione d’una vita, che sorpassa pure la soglia pensionabile. La normalità, ad esempio, è quel Blair che dai 30 ai 40 è primo ministro – a quell’età da noi non t’affidano neppure la presidenza del locale circolo bocciofili – per poi ritirarsi dalla vita politica. Di questi tempi soprattutto, sottolineare la competenza dei politici professionisti va bene, ma giustificarne la permanenza ad libitum no.

La moda, qui il rilievo è puramente linguistico, non ha nulla da spartire con la novità: è termine che deriva da una funzione trigonometrica, la cui curva descrive l’andamento delle preferenze in relazione alla varietà di una classe di prodotti. Applicata nello specifico in campo politico, la moda/mediana rappresenta il punto più in alto della curva, ovvero quello in cui converge il maggior numero di preferenze rispetto ai vari partiti; tanto per intenderci, nella 1° repubblica la moda era la DC, nella 2° Berlu … dove sarebbe la novità? La richiesta di novità è il riflesso della circostanza di cui sopra; quel ricambio che nello sport è obiettivo perseguito mediante l’impiego di risorse e infrastrutture, in politica è addirittura avversato … “giovani” è una parola da spendere per riempire la lista del programma. Ora la finta benevolenza verso i giovani è mutata in astio … “gregari che scalano il potere”: sono stati i politici professionisti a relegarli in quel ruolo. Ora darebbero un occhio della testa per averne e sventolarli come bandiera: “ecco le facce nuove, ci siamo fatti trovare pronti”. Senza parole.

La speranza accostata al coraggio è roba da cattolici: 2000 anni fa non esisteva la SIAE, altrimenti su propaganda, retorica e derivati la Chiesa avrebbe incassato miliardi. Se anni fa non m’avesse aperto gli occhi PPP, assieme al Vate la coppia di intellettuali invidiataci da tutto il mondo, anch’io sarei caduto nella trappola della retorica della speranza. Coraggio e speranza sono concetti antitetici. Quando si è nella merda, si può realisticamente prendere atto di una situazione che incute paura e, superando questa, non arrendersi e affrontarla; nell’analoga situazione si può invece attendere l’avverarsi di un evento esterno, magari miracoloso, tipo che un manipolo di barbudos faccia la rivoluzione per noi. La saggezza popolare, che la retorica non conosce, si è pronunciata al riguardo con la consueta sapienza: “chi vive di speranza disperato muore” (frase efficace anche esteticamente, che ha una 2° versione meno fine: “… muore di cacarella”).

Per quel che riguarda il prologo, sono davvero … senza parole. Il fenomeno del grillismo merita analisi approfondite. Anche qui per brevità mi aggancio alla saggezza popolare: la politica tradizionale ha assistito al furto della statua del Santo e non ancora appronta la porta di ferro per custodirla. Questa considerazione, ovviamente, vale soprattutto per la parte politica a cui Grillo ha sottratto voti … uno per tutti quello di Fo. I gregari hanno fatto la scalata con i voti di gente libera, voti di opinione che per i partiti tradizionali sono mosche bianche, e molti vengono dalla si-ni-stra! Il potere pervasivo descritto da Orwell somiglia a quello attuale, internet è l’unico strumento democratico che ci dà il coraggio per affrontare il futuro: invertire le proposizioni è … senza parole! Il privilegio di avere una certa età risiede in questo: un paio di vaffanculo me li sono tenuti in tasca, se fosse stato un mio coetaneo li avrei tirati fuori.

P.S.:
Io un’idea ce l’ho, la butto lì: come nel calcio, perché non acquistare all’estero dei giovani già formati politicamente? Nel frattempo si inizia ad allestire un vivaio per il futuro.
Avviso per i portatori d’acqua del padre padrone della sinistra guglionesana: se avete per caso letto quanto sopra, affrettatevi a manifestargli il vostro dissenso sulle mie inopinate affermazioni, ci fate la vostra porca figura.


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