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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 19/2/2013 ● Click 1468

Grillo e “le rodomontate da Capitan Fracassa”


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Beppe Grillo non mostra interesse per i faccia a faccia televisivi come quelli a cui abbiamo assistito tra Obama e Romney negli Stati Uniti. Di più: sbarra ai suoi aderenti i teleschermi. Si ricorderà come la consigliera comunale di Bologna Federica Salsi, dopo la sua partecipazione a Ballarò, sia stata fatta oggetto di attacchi e polemiche culminati nell’isolamento in Consiglio comunale a cui la consigliera ha reagito paragonando il Movimento 5 Stelle a Scientology. Se lo schema del faccia a faccia tra due candidati che si confrontano in televisione non piace, andrebbe bene la modalità che ha funzionato su Sky con i cinque candidati alle primarie del PD e che consente di far emergere sul campo le distanze fra i protagonisti. Quindi, Grillo non se ne chiami fuori.

Premesso quanto sopra, mi sembra opportuno fare alcune puntualizzazioni: in un sistema politico democratico si pratica l’arte del dibattito; la democrazia del Movimento 5 Stelle vuole essere, attraverso l’uso della rete, una forma di democrazia diretta. “Ma si dovrebbe sapere che la democrazia diretta come regola è solo la via per il plebiscito… La rete informatica può facilmente essere una rete nelle mani di uno o di pochissimi (…). Qui, il controllo dall’alto, a onta dei bagni di folla puramente spettacolari, si prospetta come un algido collegamento – nemmeno definibile rapporto telematico” (così Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte Costituzionale). Poiché una democrazia diretta – secondo il prof. Giovanni Sartori – può funzionare soltanto in comunità piccole, di qualche migliaia di unità al più, e non in un paese di circa 60 milioni di abitanti, nella modernità l’unica democrazia possibile – o, più precisamente, l’unica democrazia che è stata finora concepita come realizzabile e non utopistica – è la democrazia rappresentativa. La ‘democrazia diretta’ tanto vagheggiata da Grillo altro non è che un capo che comanda, trascina le masse che lo applaudono e non rende conto né alla magistratura o ai partiti avversi che possano contestarlo. Questa è stata l’esperienza del fascismo. La democrazia deve rimanere rappresentativa in quanto deve esistere quella mediazione che noi chiamiamo parlamento e contro cui si scatenano coloro che vogliono l’anarchia, il non governo, l’assenza di regole. Certo, i partiti devono assumere una veste riformata (secondo i crismi stabiliti dalla nostra Costituzione, art. 49, ossia rispettando il principio della pluralità dei partiti, il principio dell’adozione del metodo democratico nella propria organizzazione interna e il principio del libero concorso di ciascun partito alla formazione della politica nazionale), pur nella consapevolezza che essi, come sottolinea Piero Ignazi (professore di Politica comparata all’Università di Bologna) “non incarnano più quegli ideali di passione e di dedizione, di impegno e di convinzioni che sbandieravano come connaturati alla loro esistenza”. Occorre, quindi, ripartire dall’impegno di recuperare le relazioni con la società civile effettuando una selezione severa dei gruppi dirigenti, diminuendo il numero dei parlamentari e rispedendo a casa gli opportunisti mediocri animati solo dal proprio ‘particulare’. Inoltre, come hanno evidenziato i risultati delle ultime elezioni in Sicilia, occorre prendere atto di un forte astensionismo da parte dell’elettorato e ciò rappresenta un sintomo preoccupante. C’è molta rabbia e rigetto per la corruzione dilagante che ha assunto un carattere sistemico (come denunciato dalla Corte dei Conti). Bisogna, però, andare oltre le reazioni istintive. L’antipolitica è una facile scorciatoia, un sentimento che deresponsabilizza il cittadino. Beppe Grillo parrebbe rappresentare, in qualità di nuovo tribuno, tutti coloro che non si sentono più rappresentati. “Grillo urla alle piazze stracolme tutto il loro umore nero verso i politici… - scrive Piero Ignazi su Repubblica - e questa furia iconoclasta travolge la ‘pars construens’ del Movimento 5 Stelle, quello indicato nei cinque punti fondamentali del programma… ispirati ad un riformismo ecologista e post-materialista. (…) Grillo mette tra parentesi la serietà e il pragmatismo riconosciuti a tanti suoi consiglieri comunali. Sembra si stia aprendo una distanza tra lo stile adattativo e non provocatorio dei rappresentanti Cinque Stelle (anche in Sicilia) e le rodomontate da Capitan Fracassa del leader. Quindi il vero interrogativo… riguarda il post-elezioni, il comportamento dei parlamentari”. Auguriamoci che i candidati M5S eletti non pongano in essere una opposizione irresponsabile e “populista” ma bensì adottino un approccio non pregiudiziale nei confronti del governo, alternando critiche a consensi sulla base delle proposte in agenda. Naturalmente, “questa evoluzione ‘ottimistica’ – aggiunge Ignazi - contrasta con le invettive demagogiche e i furori antieuropei e anti-istituzionali del leader”.

Concludendo, speriamo che nel prossimo Parlamento non diventino troppo forti gli elementi “populisti e anti-europei” (definizione che ormai abbraccia il PDL berlusconiano, la Lega, il Movimento 5 stelle). E che gli indecisi non si lascino catturare dall’abilità istrionica di certi personaggi. La gente si compiace delle sensazioni, che l’istrionismo e l’emotività le danno. Al populismo si può contrapporre la buona politica al servizio del bene comune.


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