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ScuolaCampobasso
Pubblicato in data 11/2/2013 ● Click 1204

Scuola e formazione grandi assenti nel dibattito elettorale regionale


Sergio Sorella © FUORI PORTA WEB

Il concetto di sviluppo implica la necessità di maggiori saperi in quanto il lavoro è sempre più caratterizzato da un’alta densità di conoscenza. Il valore dell’istruzione, della formazione, della ricerca e dell’innovazione, faranno la differenza per la crescita economica e sociale anche della nostra regione. Da tempo la FLC CGIL Molise denuncia i gravi ritardi del sistema formativo regionale. Numeri preoccupanti dovrebbero sollecitare proposte e riflessioni. Ma in questo scorcio di campagna elettorale regionale di tutto si parla fuorché di scuola e di formazione.

Nella scuola molisana, in seguito alle sciagurate politiche del governo Berlusconi, in pochi anni abbiamo perso oltre 1300 posti di lavoro, si è tolto il modulo nella scuola primaria -fiore all’occhiello della scuola italiana- si è abolito il tempo prolungato nelle scuole medie, si sono ridotte drasticamente le ore professionalizzanti nelle scuole superiori, sono diminuiti i collaboratori scolastici, gli assistenti amministrativi e tecnici. Una vera e propria devastazione passata nel silenzio e spesso nella rassegnazione. A questo si aggiunga il dato inquietante che in Molise continua a diminuire in maniera rilevante il numero degli alunni (- 562 il prossimo a.s.), con percentuali che ci collocano, in questa classifica, al primo posto in Italia. Significa che i giovani vanno via da queste terre perché non ci sono prospettive lavorative.

La campagna elettorale prosegue con le promesse miracolistiche di lavoro, sviluppo e prosperità. Qualcuno ritiene che la vera rivoluzione sia continuare in questo modo! La regione negli anni scorsi si è distinta per la sua inerzia: nessuna legge sul diritto allo studio, né interventi sulla legislazione concorrente quali l’istruzione e la formazione professionale, l’alternanza scuola - lavoro, il progetto delle qualifiche, ecc. Stiamo pagando le conseguenze nefaste del mancato piano di dimensionamento della rete scolastica e molti precari che hanno lavorato con i progetti regionali (frutto della nostra iniziativa e mobilitazione) devono, a distanza di oltre 9 mesi, ancora essere liquidati.

L’innalzamento dei livelli d’istruzione rappresenta il nodo strategico per lo sviluppo economico e democratico della nostra regione. Per realizzare gli obiettivi europei entro il 2020 (40% dei laureati, dispersione scolastica non oltre il 10%, almeno il 15% degli adulti in formazione) occorrerebbero azioni quali: l’ampliamento dei servizi educativi e la generalizzazione della scuola dell’infanzia; il potenziamento del percorso 3-18, la continuità, il curricolo verticale, la ricostruzione dei modelli organizzativi di qualità, il biennio unitario, gli ultimi anni orientati alle scelte successive, il potenziamento dei percorsi in alternanza in imprese, la valorizzazione della formazione professionale con l’integrazione tra i percorsi (poli tecnici e professionali, apprendistato con il superamento della concezione addestrativi), la riduzione della dispersione scolastica con una cabina di regia territoriale. Occorrerebbe innalzare la formazione di base della popolazione attiva agevolando percorsi di riconversione e riqualificazione della forza lavoro. Bisogna, nel campo delle risorse, razionalizzare/valorizzare i fondi europei esistenti, individuare le priorità per i nuovi investimenti, realizzare poli scolastici in sicurezza, riqualificare il personale. Gli enti locali devono farsi promotori nella costituzione di poli dell’istruzione e formazione tecnica e professionale dove si possono innescare virtuose sinergie tra scuole, enti di formazione, mondo dell’università e della ricerca, imprese in raccordo con i percorsi di IeFp, IFTS, ITS e apprendistato.

Su questi temi il confronto elettorale avrebbe un senso, perché guarderebbe al futuro dei giovani e, dunque, della nostra regione. Sul resto, si fa solo demagogia che, è dimostrato, non ha risolto mai un problema!


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