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Solitudini d'autoreGuglionesi
Pubblicato in data 5/1/2013 ● Click 1552

Il buon governo


Redazione FPW © FUORI PORTA WEB

Ritorno all’etica e buone riforme

Il presidente Napolitano ha messo al centro del suo discorso di Assisi la questione morale. Lo ha fatto in un momento in cui questo problema pesa come un macigno sulla nostra immagine nel mondo e sul nostro futuro politico, economico e sociale. La corruzione sta infatti erodendo le basi stesse della nostra democrazia.

Non è purtroppo un fatto nuovo ma, rispetto alla stagione di Mani pulite, non vi è solo un’ulteriore diffusione del fenomeno da un punto di vista quantitativo ma una differenza qualitativa: prima si rubava soprattutto per il partito, ora si ruba soprattutto per se stessi. E’sconcertante che, di fronte al giustificato risentimento dell’opinione pubblica, la legge anticorruzione sia da più di tre anni ferma in parlamento e, ancora in queste ore, essa sia oggetto di più o meno aperto ostruzionismo.

Questa legge va approvata subito e va accompagnata da provvedimenti atti a limitare decisamente i costi della politica, agendo in tre direzioni: una drastica riduzione delle esorbitanti risorse destinate a partiti, istituzioni e apparati pubblici; l’attivazione di controlli efficaci affidati ad autorità esterne ed indipendenti e l’obbligo di trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche. Di fronte a tutti gli italiani la politica si presenta infatti sempre più vorace di risorse e sempre più scarsa di idee, mentre il paese domanda una politica povera di risorse e ricca di idee.

Il messaggio che si riceve quotidianamente è che i dibattiti sui contenuti diminuiscono e aumentano i festini, vengono a meno i buoni esempi e sono abbandonati i principi fondamentali della Costituzione. Tornare alla Costituzione è quindi condizione necessaria per la buona politica. Non parlo solo dell’applicazione dei principi generali ma degli obblighi che nascono dagli articoli 39 e 49, secondo i quali i partiti e i sindacati hanno l’esplicito dovere di fondare la loro azione su precise e trasparenti regole democratiche.

Tutte queste misure, seppure necessarie, non sono tuttavia sufficienti se non sono accompagnate da una riforma della mentalità, della cultura e del costume, proprio come ha sottolineato il presidente Napolitano ad Assisi. A cui io aggiungo la necessità che la politica sia interpretata come una funzione che può essere esercitata in un periodo più o meno lungo dalla propria vita e non un mestiere senza il quale non si riesce a campare. Per questo motivo ripeto pedantemente a tutti i giovani desiderosi di entrare in politica che si costruiscano prima una professione. Se non possiedono un mestiere, essi saranno fatalmente obbligati ad accettare qualsiasi compromesso che permetta loro di vivere.

Si tratta quindi di rovesciare la cultura e l’etica pubblica che hanno dominato negli ultimi anni, corrodendo la vita civile: il mito del successo facile, il ricorso alle scorciatoie per fare carriera, l’idea che con il denaro si possa comprare tutto, tutti e tutte. Un veleno per le nuove generazioni, nelle quali si è installata l’illusione che non sia necessario studiare, applicarsi e sacrificarsi.

Riguardo a tutti questi problemi, senza volere indulgere a processi sommari, si dovrà prima o poi tracciare un bilancio delle responsabilità che fanno capo anche alle agenzie educative che avrebbero dovuto reagire con più energia di fronte a un degrado morale di cui erano da tempo ben chiare le manifestazioni. Per non parlare delle responsabilità di tutti noi che, come cittadini elettori, ci siamo troppo spesso voltati dall’altra parte, facendo finta che la politica non abbia nulla a che fare con la morale.

Vi è però un ultimo punto che merita un’attenta riflessione. E’ infatti doveroso sottolineare come l’etica non sia da sola sufficiente a riformare nel modo corretto la società in cui viviamo. Essa deve essere tradotta in efficienti misure di buon governo. Vedo infatti che, fronte a questo evidente degrado, anche quando le istituzioni si preoccupano di dare un messaggio di riconquistato rigore etico, lo fanno spesso con strumenti e decisioni che, pur perseguendo un obiettivo lodevolmente moralizzatore, male si prestano ad affrontare i problemi del funzionamento della nostra economia e delle nostre istituzioni.

Stiamo ben attenti a non cadere in quest’errore, anche se tutto ciò può fare contento il popolo sovrano. Non si può ad esempio buttare a mare il concetto stesso di autonomia regionale perché tanti assessori o consiglieri hanno rubato o hanno sbagliato. Non si possono fare le riforme solo con lo scopo di rincorrere i lazzaroni.

Romano Prodi (Il Messaggero del 7 ottobre 2012 | cfr. www.romanoprodi.it)


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