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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 27/7/2012 ● Click 1371

La lirica che sa parlare ai ventenni


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Sono stato lo scorso fine settimana a Macerata in occasione della quarantottesima stagione lirica dell’Opera Festival – Arena Sferisterio e devo dire che il programma, nel confermare le linee guida delle stagioni precedenti, ha inserito operazioni registiche giovani e innovative.
Una Bohème capace di parlare ai ventenni di oggi mantenendo intatto il fervore con cui Puccini descriveva i giovani del suo tempo. Il regista Leo Muscato ha inserito questa regia d’opera in un suo personale “progetto riscrittura”. Si tratta, come ha spiegato egli stesso, di “restituire per quanto possibile la relazione originaria tra l’opera e lo spettatore cui era destinata”. Se il primo allestimento di Bohème, al Regio di Torino nel 1896, ambientava la vicenda nel 1830, cioè circa 60 anni prima, ha collocato il suo allestimento nel maggio parigino, tra il 1968 e il 1974.
E’ proprio vero: la gioventù non ha epoche. Puccini volle raccontare con musiche appassionate e tenerissime la stagione dei sogni e dell’amore di un gruppo di artisti in una fredda Parigi ottocentesca. E’ una stagione che appartiene a tutti. E se, come in Bohème, si può contare sull’adattabilità senza tempo della musica di Puccini, la collocazione temporale della vicenda può astrarsi dalle indicazioni ad hoc del libretto e trascorrere dal tradizionale primo ottocento ad età a noi più vicina, a quel sessantotto di lotta e di speranza nella versione più autentica del maggio parigino. Insomma, nella trasposizione all’oggi, ognuno dei riquadri di vita vissuta ideati da Puccini viene tenuto in debita considerazione dal regista con una identica felicità visiva: la soffitta trasformata in una sorta di “Comune” giovanile nel primo atto; nel secondo atto, l’ingresso al caffè Disco-Momus viene raffigurato con un tendone da circo; nel terzo atto, la Barriera d’Enfer trasformata in fonderia industriale, con la scritta della ‘rivoluzione’ sessantottina senza ‘padroni’. La parte vocale e strumentale si sono rivelate in simbiosi perfetta di musica e canto. Bellissime prove di Carmen Giannattasio (Mimì) e di Francesco Meli (Rodolfo).
Il giorno dopo (domenica 22 luglio) anche l’opera Carmen, per la regia di Serena Sinigaglia, si è rivelata fuori dalle convenzioni. Anche in questo caso la preoccupazione della regista è stata quella di “trovare il nucleo vitale dell’opera, mostrando il suo legame con la nostra vita”. Pure questa rappresentazione ha strappato consensi più che convinti, nonostante l’incombenza della pioggia fino a poche ore dall’inizio. Poi una schiarita ha riportato ottimismo e il pubblico ha preso posto nell’Arena, sempre con uno sguardo verso il cielo. Così, la Carmen ha preso quota.
Dunque, ben vengano le operazioni registiche innovative che sappiano trovare il gradimento anche dei più giovani spettatori.
“La regia d’opera deve viaggiare oltre i confini e gli stereotipi di un Paese. Non c’è nulla di sacro in teatro, bisogna mettersi in discussione, senza avere paura dei maestri che ci hanno preceduti e senza per forza pensare di dover piacere a qualcuno”. Parola di Damiano Michieletto, il giovane regista veneziano che, a 37 anni, debutterà il 1 agosto al Festival di Salisburgo con la regia della Bohème di Giacomo Puccini, segnando il record del più giovane regista italiano mai approdato alla prestigiosa rassegna austriaca.


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