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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 14/7/2012 ● Click 1770

"Il Manente" del Maestro Tiziano Albanese


Redazione FPW © FUORI PORTA WEB

Fuoriportaweb ha incontrato, per una breve intervista, il Maestro molisano Tiziano Albanese che martedì 17 luglio dirigerà, in piazza Municipio a Guglionesi, l'Orchestra di Sassofoni del Conservatorio "Perosi" di Campobasso, nell'ambito della Rassegna Musicale Alpigiano-Manente, giunta alla III edizione.

Maestro Albanese, come è stato l'incontro , musicalmente parlando, con il Maestro Manente?

Senz’altro piacevole. Lavorando alle sue partiture ho avuto la conferma di trovarmi difronte a un autore di grande spessore. D’altronde è stato tra i maggiori compositori e direttori di bande italiane, con una formazione musicale, per l’epoca, molto raffinata sbocciata poi in una carriera altrettanto di alto livello. Ricordiamo anche le sue collaborazioni, oltre che con bande in tutta Italia e all’estero, anche il suo impegno con teatri, riviste musicali e infine con il grande Pietro Mascagni, da cui fu incaricato di ridurre per banda la Cavalleria rusticana.

Quali difficoltà, ammesso che ce ne siano state, ha incontrato nell'arrangiare brani del maestro Manente, per un'organico, come quello dei sassofoni, completamente diverso dall'idea originale?
I tre brani che ho arrangiato sono stati pubblicati originariamente per pianoforte, anche se fanno chiaramente riferimento a un repertorio bandistico.
Dunque, premesso che arrangiare non è mai facile poiché pur conservando le stesse note e tutti gli altri simboli musicali dell’autore, quindi la stessa “materia prima”, bisogna comunque ricostruire un impianto, e quindi affidare ad altri strumenti, alle volte lontani dall’idea originale, lo stesso messaggio e lo stesso significato originario dell’autore.
Paragonandoci al linguaggio parlato, è un po’ come il lavoro degli interpreti, è come se un pensiero o una frase venisse tradotta da una lingua a un’altra cercando di lasciare immutato il più possibile il significato e l’intensità delle parole. Diventa quindi un compito importante, non è un semplice “tradurre” ma bisogna entrare nel significato.
Nel caso della musica, entrare nel significato vuol dire sforzarsi di capire appieno la “materia prima” e restituirla il meglio possibile al nuovo organico.
Nel caso del maestro Manente, la “materia prima” che ho incontrato era già di alto artigianato, e dovendo arrangiare per strumenti, come i sassofoni, familiari alla banda, è stato sì faticoso, ma molto bello e coinvolgente. E’ un tipo di musica, ricco di trame e ricongiungimenti, che lascia spazio anche alla creatività altrui e che permette di ottenere ottimi risultati sonori anche ad organici come il nostro composto da dodici sassofoni, che pur avendo la stessa timbrica raccoglie comunque tutte le varie estensioni partendo dal sopranino e dai 2 soprani, passando ai 3 contralti, 3 tenori, 2 baritoni e un basso.

Può la musica del maestro Manente aprire nuovi orizzonti nei diversi generi musicali?
Se sapientemente utilizzata sì. Ci sono, per fortuna, le cosiddette sperimentazioni e contaminazioni nei diversi generi musicali dalla musica jazz alla musica classica contemporanea, includendo world music, elettronica e tanto altro. Il problema di fondo rimane la conoscenza e la divulgazione di qualsiasi musica, e in particolare nel caso del maestro Manente. Sapere che la sua opera, composta da oltre 800 composizioni è in gran parte sconosciuta in Italia, mentre le sue le composizioni per mandolino sono ampiamente note in Giappone, dove addirittura sono stati pubblicati tre compact disc, ci riconduce a un discorso molto più ampio e profondo e probabilmente pieno di tutte le problematiche e contraddizioni musicali italiane.

In piena epoca techno, si può ancora parlare di romanticismo in cui il maestro Manente è espressione musicale?
Certamente. L’importante è conservare la natura delle cose, anche se le epoche cambiano e si evolvono, o molto spesso ritornano con vesti diverse. Dobbiamo insegnare bene ai nostri ragazzi che non per forza quello che è successo ieri è già vecchio. Che dire della Divina Commedia continuamente citata da noi contemporanei e che ci sorprende sempre per la sua straordinaria attualità?
Da compositore posso dire che la stessa cosa accade in musica; il fattore romantico, che sia gradito o meno, utilizzato con coscienza o meno, è comunque un elemento dell’uomo, e se si vuole può trovare spazio in qualsiasi genere musicale, magari camuffato sotto altri nomi o altre sonorità.

Maestro Albanese, in un prossimo futuro si può ancora parlare, ma soprattutto suonare il maestro Manente?
Il compito può essere arduo e difficile quanto semplice e lineare. Dipende sempre tutto dalle generazioni future? Non credo; dipende soprattutto dai noi che viviamo in questo momento.
Sono abbastanza ottimista in questo. Se rimaniamo propositivi in prima persona, se continuano ad esserci associazioni come le vostre che offrono questa musica, permettendo a tutti di suonarla, ascoltarla senza nessun obbligo e costrizioni, con il solo fine di offrire alle generazioni presenti e future, un cibo così essenziale come la cultura e la conoscenza allora sì che si potrà continuare a parlare di Manente, come di Alpigiano e di tanti altri autori, locali e non, che dedicano o che hanno dedicato l’intera esistenza all’arte della Musica.


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