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LibroGuglionesi
Pubblicato in data 29/5/2012 ● Click 1419

Inediti dell'identità culturale di Guglionesi sul libro di Domenico Aceto


Redazione FPW © FUORI PORTA WEB

Il patrimonio documentale di Guglionesi offre periodicamente inedite annotazioni per gli storici. In particolare l'archivio storico parrocchiale di Santa Maria Maggiore conserva alcuni volumi manoscritti del XVI secolo, per esempio gli atti del Notaio De Manfrondino da Lanciano, che rappresentano l'orgoglio culturale non solo della comunità di Guglionesi.

Il rinascimento cinquecentesco a Guglionesi ha vissuto fermenti di slancio culturale che costituiscono ancora oggi il fondamento patrimoniale dell'identità stessa guglionesana, tra opere d'arte di esclusiva originalità (i capolavori del "crivellesco" Michele Greco di Valona, il rinnovo stilistico e strutturale di molti conventi francescani, gli affreschi della cripta medioevale di Santa Maria Maggiore e la dedicazione della nuova cappella per il Santo Patrono, etc.) con sviluppi urbanistici ancora stratificati nel tessuto del centro storico, documentabili e da tempo storicizzati.

Il secondo volume (della serie di quattro) degli “Atti del Notaio G. Leonardo De Manfrodinis (1548)” a cura del prof. Domenico Aceto, come il precedente, è ricco di coordinate documentali anche per la ricostruzione storica del patrimonio culturale di Guglionesi.

"A distanza di dieci anni - scrive nella sua presentazione l'autore del libro - dalla pubblicazione del primo volume, finalmente è stato possibile pubblicare e far così conoscere anche il contenuto del secondo volume degli atti del notaio G. Leonardo De Manfrodino di Lanciano che visse e operò nella “terra di Guglionesi”, nel Molise, nel XVI secolo. Questo volume raccoglie 71 atti stipulati da questo notaio nel 1548. Essi sono piuttosto ben conservati e, con l’eccezione di poche parole, nel complesso sono sufficientemente comprensibili.(...) Spero che questo 2° volume venga accolto con lo stesso interesse del primo e che ad esso segua la pubblicazione degli altri due che si trovano nell’archivio parrocchiale. (...) Devo infine esprimere e rinnovare un sentito ringraziamento al dott. Antonio Gizzi e a Luigi Sorella per la disponibilità mostratami e al ragioniere Aldo Aceto che ha finanziato la pubblicazione dell’opera".

Pubblichiamo in esclusiva sul blog di Fuoriportaweb, come annuncio della presentazione che si terrà venerdì 1° giugno alle ore 17 presso la sala convegni della "Casa del fanciullo" della Parrocchia di Santa Maria Maggiore di Guglionesi, il documento datato al 23 settembre 1548 e che riguarda il monastero francescano in località S. Eremo (ormai in parte distrutto e del quale i resti architettonici sono conservati nel cimitero di Guglionesi), in merito alle spese per i lavori della cisterna del convento.

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DOC. N° 42 del  23 settembre 1548 (pag. 74)
NEL MONASTERO DI S.EREMO - COMPRAVENDITA

Il reverendo padre Paolo di Altamura e gli altri frati del monastero di S. Eremo, per pagare le spese per i lavori della cisterna del convento, decidono di vendere metà di una casa del monastero, sita a Guglionesi, nella parrocchia di S. Giovanni, confinante da un lato con Francesco De Martino, dall’altro lato con Morapauli, davanti con strada pubblica e da piedi con altri beni del monastero. Tale metà casa, apprezzata da Ferdinando Cacchione e Cico Chiappino per ducati 25, viene venduta a Matteo De Gers, longobardo.

Il giorno 23 del mese di settembre 1548. Nel venerabile monastero e convento di Sant’Eremo della terra di Guglionesi, correndo la VII indizione. Presenti Leonardo De Marucia di Antonio, per il presente anno giudice annuale, illetterato; e io notar Giovanni Leonardo e i testi sottoscritti, letterati e illetterati, cioè: il magnifico Felice De Roveris, Fabio De Geriso di Silvestro, Antonio Iannoli e Berardino De Torre di Giulio della detta terra di Guglionesi.
Il predetto giorno e luogo, in nostra presenza si sono personalmente costituiti i reverendi padri: fra Paolo di Altamura, guardiano del monastero di Sant’Eremo, fra Geronimo De Vetta di Guglionesi, fra Giovanni Simone di (Mulignazio), longobardo; fra Giovanni Bonaventura di Celenza; fra Giuliano di Cercepiccola, tutti frati del detto monastero, congregati e riuniti al suono della campanella, nel luogo dove dall’antichità sogliono riunirsi per gestire gli affari a nome e per parte del detto monastero, con espresso consenso, autorità e presenza del nobile Giovanni De Benedictis, procuratore del detto monastero, ivi stesso presente davanti a noi, asserirono che il detto monastero ha alcuni debiti e precisamente ducati venti e tarì due che il detto monastero è tenuto a pagare per i lavori della cisterna.
E poiché lo stesso monastero non ha oro né argento per poter e voler estinguere il detto debito se non con la vendita della metà di una certa casa dello stesso monastero, sita nella terra di Guglionesi, nella parrocchia di S. Giovanni confinante da un lato con il bene di Francesco De Martino, dall’altro lato con la casa di Morapaolo, davanti con la strada pubblica e da piedi con i beni del detto monastero e altri confini, franca.
E poiché più e più volte fecero bandire con alta e intelligibile voce, come è solito, secondo il costume del banditore; e poiché nessuno si presentò che volesse comprare la detta mezza casa, per il detto monastero fu apprezzata dai nobili Ferdinando Cacchione e Cico Chiappino per ducati 25 di carlini d’argento, allora si presentò mastro Matteo De Gers, longobardo, il quale si dichiarò pronto a comprare la detta mezza casa per il detto prezzo di ducati 25. E, fatta la detta asserzione, i predetti padre guardiano e frati, a nome del detto monastero, con questo atto, vennero alla sottoscritta convenzione col predetto mastro Matteo ivi presente, perciò, oggi predetto giorno, senza costrizione, vendettero e con strumento, in modo legittimo, assegnarono al predetto mastro Matteo, ivi presente, la detta mezza casa, cioè: la mità de la casa quale ei partuta con Morapaulo cioè tutta la parte compete alla ecclesia per il prezzo e a nome di prezzo definitivo di ducati 25, il quale totale e integro prezzo i detti venditori sopra nominati, davanti a noi, confessarono di avere avuto e ricevuto dallo stesso compratore in questo modo, cioè: per factura della citerna ducati vinti e tarì duj, et reliquo dicto compratore ne fa opera ad ipso monastero. E se per caso valesse di più, lo donarono ad esso compratore per i molti servizi graditi e accettati che la detta chiesa ebbe dallo stesso compratore, da aversi franca e con questo patto: che nullo (…apparato allo) muro verso lo casarino se no Matheo paga ad ipso monastero lo muro ad ragione de carlenis quinici la canna assì como lo ipso lo have comprato, e si costituirono in tutto per lo stesso di tenere e dare quanto col presente strumento davanti a noi diedero e costituirono, salvo e con riserva in tutto dell’assenso e consenso del reverendo ministro del detto ordine; e promisero i detti venditori, i nomi di cui sopra, con l’autorità di cui sopra di ratificare con l’impegno di tutti i beni del detto monastero e sotto pena del raddoppio.
Quindi si toccarono il petto e giurarono il vero.


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