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Caro DirettoreGuglionesi
Pubblicato in data 5/5/2012 ● Click 2014

Fuori gioco


Luigi Sorella © FUORI PORTA WEB

Caro Direttore,
comprendo la responsabilità della Sua linea editoriale, audace e innovativa da circa 13 anni. Un equilibrio intellettuale che si espone ad opinioni oltre l’approccio culturale, osando talvolta la deriva di un sereno confronto dentro i confini di una ragionevolezza costruttiva.
Da lettore del Suo blog provo a sostenere un’argomentazione che troverà, magari, una certa (con)divisione culturale tra qualche lettore di Fuoriportaweb, ma credo che poi resti obliata all’occorrenza.

Rischiando l’abilitazione a “demagogo dell’antipolitica” – un elogio che si distribuisce sfogliando il capitolo “etica e rinnovamento in Politica” al paragrafo “candidatura” – credo che in democrazia (narrata come partecipazione, alternanza, solidarietà, rinnovamento, opportunità, etc.) la porta della Politica debba sempre rimanere aperta per entrare, e possibilmente spalancata per uscire: la porta della Politica, in una sintesi grafica, potrebbe ridursi a simbolo culturale per rappresentare l’etica del rinnovamento.
A picture says a thousand words” (un’immagine vale mille parole), insegnano gli inglesi.

Durante gli ultimi vent’anni di profonda crisi sociale, economica, culturale – in sintesi “finanziaria” – nell’approccio alla gestione del “bene comune” penso che non si sia vissuto affatto un tangibile rinnovamento della politica in Italia anche perché, è la mia modesta opinione, si è reso in passato e si rende ancora oggi impraticabile il (ri)cambio della sua classe dirigente nelle amministrazioni pubbliche.
Probabilmente la mia impressione oggi non è così isolata.

Certo, c’è stato il fenomeno del “nuovismo decadente”: nuovi nomi per partiti ormai vecchi e abbandonati; nuovi simboli partitici per mascherare una svolta verso la “seconda Repubblica”, addirittura nei simboli grafici con caratteri cubitali è richiamato il nome di un “proprietario-garante”, spesso reclinato alla “prima Repubblica”; formule alternative di auto-finanziamento a pioggia, aggirando referendum e volontà popolari; scelte blindate dei “candidati dei capi”, per illudere gli elettori alle urne.

Ma le facce? Quelle restano rinnovate – per (s)fortuna! – dal tempo, ma sono più o meno le stesse. Cioè negli ultimi vent’anni abbiamo vissuto un “nuovismo” con fin troppi tarli, appunto “decadente”.
Eppure scopriamo, grazie al dibattere nel web, che “logorare” è un verbo in “remissio peccatorum” tra i postulanti della “buona Politica”, pur nell’astrazione del sua nozione pratica. All’occorrenza il “nuovismo decadente” minaccia con argomenti dell’antipolitica mentre cerchiamo di spiegarci – perlomeno nei blog, caro Direttore! – se sia “antipolitica” quella subita dai cittadini durante gli ultimi trent’anni di disastri amministrativi a più livelli.

Tra i miei ricordi – facendo riferimento agli ultimi trent’anni – sono vivi i candidati o i (futuri?) candidabili che, nella morale più che nell’etica di una Comunità innovativa, pur essendo ormai adulti non hanno (ancora) maturato una certa onestà intellettuale verso il senso del “fuori gioco”, trascinando così le prospettive e le potenzialità culturali delle nuove generazioni verso un loro “nuovismo decadente” e dall’orizzonte ormai alle spalle del divenire.

Quale anima esprime una democrazia partecipata così (in)coerente nel rappresentare l’etica del rinnovamento in politica? Per i politici privi della visione del “fuori gioco” il rappresentare l’etica del rinnovamento trattasi di una nozione populista di divergenza generazionale nella “politica del fare”, perciò astratta alla “politica del potere”. Una sorta di utopia che oggi appartiene all’abbaglio demagogico del web.

Proporsi oltre un numero inopportuno e imbarazzante di candidature, a prescindere dall’esito elettivo, è l’impegno civico che la coscienza rinnovatrice della “passione politica” dovrà pur limitare, prima o poi, nell’ottica della trasparenza alla partecipazione e – aggiungerei caro Direttore! – alla rigenerazione del “bene comune”.
Negli statuti alcuni movimenti partitici contemplano il principio del (ri)cambio generazionale della classe dirigente, ma all’atto della sostanza c’è sempre una via di fuga per rientrare in gioco (i talenti della fuga sono i “zompa fossi”).
È letteratura, non solo nel Molise, l’espediente configurato in materia di legge elettorale per rendere praticabile un terzo mandato consecutivo (circa 15 anni di “responsabilità istituzionale”, inconcepibile in altre democrazie moderne!) allo stesso governatore di una Regione italiana.

In un tempo di evidente crisi per le credibilità della politica, dei partiti politici e dei loro rappresentanti, nel segno dell’impegno a esplicare un’idea di sviluppo raggiungibile della propria Comunità (cioè una “idea di Paese” contagiosa!), ogni candidatura non si riduca all’ennesima (rin)corsa di una “passione” personale, fuori dall’etica nella rappresentanza di una collettività aperta ad ogni coscienza civica e culturale. Cioè, eticamente, non si (ri)costringa la Comunità alle esigenze politiche della propria candidatura spesso familistica e caricata di valori soggettivi. Anzi, la stessa “candidabilità” resti un’opportunità di rinnovamento generazionale e concreto per le aspettative di crescita dell’intera Comunità di appartenenza.
In una “cultura della politica” che punti all’interesse generale, il valore aggiunto della “candidatura” rappresenti l’etica del rinnovamento.

Infine un appello a coloro che hanno nei loro cassetti un’idea di Paese credibile e soprattutto contagiosa per la "buona Politica": per mettere in fuorigioco i tarli della politica occorre mettersi in gioco.

Con stima.
Luigi Sorella


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