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Pubblicato in data 29/7/2011 ● Click 2562

Guglionesi antica: una ricchezza culturale da valorizzare


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

La vera ricchezza di un luogo è la sua ricchezza culturale. Non è pensabile lo sviluppo equilibrato di un territorio se non si parte dalla valorizzazione del suo patrimonio culturale” (così si legge nel sito scolastico dell’Istituto Tecnico Nautico Statale e per Geometri ‘Ugo Tiberio’ di Termoli in occasione della mostra inaugurata il 12 febbraio 2011 e intitolata: ‘I luoghi della memoria’).
Condivido pienamente. Guglionesi può e deve scommettere sulla valorizzazione della sua storia, sia per le scoperte archeologiche fatte fin qui, sia per eventuali nuovi reperti. Come già ho avuto modo di parlarne, credo che il recupero del rudere del ‘Castello da Capo’ sia necessario per la memoria storica della nostra cittadina. Tale fortezza fu a suo tempo espugnata dai Normanni che fecero prigioniero il longobardo Galterio, valoroso guerriero e signore del luogo. Tornando all’oggi, una volta restaurata la struttura nel suo insieme (il rudere del Castello, i resti della Torre e della cinta muraria), si potrebbe pensare ad un suo utilizzo concreto (visite guidate) immaginando uno scenario notturno dei ruderi illuminati come meta di un percorso turistico-culturale. Guglionesi dunque ha notevoli potenzialità non ancora accortamente sfruttate (penso altresì al turismo religioso con visite alla Chiesa di San Nicola di Bari, vero gioiello d’architettura romanica e monumento nazionale; alla Chiesa di S. Antonio di Padova, in stile gotico-pugliese e via elencando).
Viaggio nella ‘preistoria’ di Guglionesi” è il titolo di un articolo di Luigi Sorella su Fuoriportaweb, scritto nella circostanza della inaugurazione della mostra allestita a Palazzo Massa il 23 settembre 2006 per le “Giornate Europee del Patrimonio 2006”. L’autore invitava tutti i guglionesani a visitarla, in particolare coloro “che amano rileggere concretamente le antiche pagine dell’archeologia locale” . Veniva sottolineato che “la ricchezza culturale dei reperti di Guglionesi ha diverse trame” e che “gli elmi dei guerrieri conservano tutto il fascino delle battaglie mitologiche”. E poi i luoghi “che nel territorio guglionesano sono diversi: Santa Margherita, Fonticello… Monte Antico, Sinarca ed altri”. A parere dell’archeologa Di Niro, curatrice della mostra, “Guglionesi, con i suoi reperti, rappresenta un’eleganza ed un gusto certamente dominante nell’area frentana”. E come non ricordare, in questa riflessione sulla ricerca e valorizzazione della storia locale, Domenico Aceto, ricercatore archeologo per passione e sempre proteso – come sottolinea l’amico Luigi Sorella - “verso l’infaticabile ricerca di quella città che ancora riecheggia tra i boschi, le distese di grano e le variopinte colline di Guglionesi, e che le locali generazioni tramandano come l’urbe di Usconio”. A tal proposito, ci sono diverse fonti storiche che attestano l’esistenza di questa antica città, tutte riportate da Domenico Romanelli (“Antica Topografia Istorica del Regno di Napoli”), venendo Uscosium riportata nella Chronicum dei monasteri di Tremiti e di S. Stefano in rivo maris, e “nelle carte della Chiesa Larinense… col nome di Vicoso, e di Vicosio”. Secondo le ipotesi degli storici Uscosium veniva a trovarsi nel territorio di Guglionesi; il Romanelli ne delimita la zona, anche se non del tutto esaustiva ed esatta, e cioè, “…dalla parte del mare, presso il fiume Sinarco, ed un miglio distante dall’odierna Via di Puglia o propriamente tra la riva di questo fiume, e la piccola terra appellata S. Giacomo”. Come riferisce Gianfranco De Benedittis, docente di Topografia Urbanistica e Territorio del mondo antico presso l’Università del Molise, “questo centro è ricordato dall’Itinerarium Antoninianum come tappa intermedia tra Histonium e Larinum; Uscosium disterebbe XXX m. p. da Histonium e XX m. p. da Larinum. Queste distanze, riportate sul terreno, orienterebbero verso l’area compresa tra S. Giacomo degli Schiavoni e Guglionesi, ma nessun elemento a terra ci consente di ubicare il centro con precisione” (pag. 12 del volume ‘Il Porto Romano sul Biferno tra Storia e Archeologia’). Ebbene, questo viaggio nella storia antica di Guglionesi non può concludersi senza accennare al mito di Dioniso nel territorio frentano e alla mostra organizzata dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Molise, inaugurata il 13 luglio a Salonicco, denominata “Il dono di Dioniso, mitologia del vino nell’Italia centrale (Molise) e nella Grecia del Nord (Macedonia)”. La mostra vede esposti reperti archeologici suddivisi per aree tematiche (L’immagine del dio nel mito greco; Il dono di Dioniso e il sacrificio: il vino nel culto, sull’utilizzo del vino nei santuari sanniti e nel rituale funerario; L’ebrezza e la forza, che presenta le strette connessioni tra Dioniso ed Ercole; Tra banchetto e simposio che illustra l’adozione da parte delle élites italiche di un nuovo stile di vita desunto dal mondo greco ed evidenziato soprattutto nel convito). La figura del dio è il protagonista di questa esposizione che illustra l’arrivo del mito di Dioniso in ambito italico, mediato attraverso il mondo greco e romano. Dioniso è per Nietzsche “l’affermazione religiosa della vita totale, non rinnegata né frantumata”. E’ in altri termini il simbolo dell’accettazione integrale ed entusiastica della vita in tutti i suoi aspetti e della volontà di affermarla e di ripeterla. Ciò evidenziato, una tradizione asserisce che l’attuale Guglionesi era “un pagus o villaggio, dove i ricchi cittadini di Usconio possedevano villini e vigneti, e si chiamava, all’origine, Collisnysii (da Nysus abbreviazione di Dyonisus), perché sorge su di un colle consacrato in gran parte alla coltivazione della vite” (così Manfredi Caruso, Quaderno turistico del 1934, edizione Stamperia Carunchio). Certo, quanto precede viene attestato da una tradizione ovvero da memorie delle generazioni passate; come dire: un fatto noto per antica tradizione. Ben venga dunque un gruppo di ricerca, opportunamente finanziato, sotto l’egida della Soprintendenza archeologica del Molise. Una mappatura dei luoghi, colti nella loro evoluzione, potrebbe portare a nuove scoperte.
Insomma, per governare una città, un borgo, una comunità, non basta tenere stretti i cordoni della borsa e tantomeno allargarli senza giudizio. Occorre, invece, una visione d’insieme, una prospettiva di sviluppo che comprenda anche la valorizzazione dell’identità e del patrimonio culturale del territorio.


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