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LibroGuglionesi
Pubblicato in data 11/1/2007 ● Click 3948

“Canti popolari” di Guglionesi nel libro di Adele Terzano


Redazione FPW © FUORI PORTA WEB

Adele Terzano, autrice di diverse ricerche a carattere antropologico sulle tradizioni locali, ha pubblicato, per le edizioni Romanelli di Guglionesi, il libro “Canti popolari, dalla raccolta di Luigi Lemme nel Molise”. “La presente raccolta di canti del folklore di Guglionesi nel Molise, fanno parte della memoria orale di una collettività residente sia in Italia sia nei vari paesi raggiunti dall’emigrazione e dalla diaspora paesana. La raccolta dei componimenti è stata curata dal maestro e grande cultore del folklore nostrano, Luigi Lemme, ed è grazie alla sua solerzia e alla sua lungimiranza che è passata da patrimonio che si tramanda in forma orale da innumerevoli generazioni, alla semplice forma scritta. A lui, quindi, va il merito di aver saputo conservare parte dell’identità della nostra collettività. Certo, la Guglionesi di oggi è molto diversa da quella presente ed espressa nei testi: Guglionesi oggi rimane una società in cui l’agricoltura svolge ancora un ruolo fondamentale ma la coltivazione dei campi è fatta ormai per mezzo di macchine. In altre parole negli ultimi trent’anni il mondo rurale tradizionale nel quale l’uso degli animali era fondamentale, è ormai un ricordo... Antropologicamente Guglionesi e il Basso Molise, come tutta la fascia costiera della penisola italiana, è passata dall’età del pane a quella dei consumi per dirla con le parole di Pier Paolo Pasolini. Ecco, la prima considerazione che salta subito agli occhi di chi legge questi canti o li ascolta è lo scarto precisamente di natura antropologica che intercorre tra la realtà guglionesana odierna e quella contenuta in essa. Mi limiterò in questa sede ad esprimere delle impressioni sul merito artistico della raccolta che può essere divisa tematicamente. Tre sono i temi principali: la bellezza del paesaggio; lo smaliziato rapporto tra maschio e femmina e i conseguenti e frequenti ammiccamenti erotici; le attività legate alla coltivazione dei campi. In “Nostalgia Guglionesana”, in “Guglionesi nostra” o in “Sopra il colle di Castellara” si esprime, per l’appunto, la bellezza del magnifico paesaggio che circonda la collina su cui sorge il paese, spettacolo mirabile che abbraccia lo sguardo dall’Appennino alle Diomedee (Isole Tremiti) la bellezza del paesaggio viene abbinata al ricordo di chi, vivendo lontano, pensa alla sua terra d’origine. La vita colta nella sua realtà quotidiana in cui il sentimento amoroso svolge un ruolo fondamentale è il tema principale di questi canti. Colpisce, soprattutto, una smaliziata psicologia che intercorre tra gli eventi e tutta la fenomenologia dell’arte della seduzione. Contrariamente a quanto si possa credere il desiderio erotico viene visto come un elemento in piena sincronia con la vita e non come un tabù morale. Ancora più interessante è il modo smaliziato con cui la donna si pone nei confronti dell’uomo come per esempio in “La moglie dell’americano”, il “Frenatore”, il “Vola vola”, “Il pecoraio” o negli “Stornelli a dispetto”, nel secolare e sempiterno conflitto tra i sessi è la femmina che emerge come figura forte. È lei che stabilisce le condizioni e crea le occasioni per il soddisfacimento delle pulsioni erotiche. Più che ad una tradizione morale cristiana queste canzoni fanno pensare ad una adesione pagana alla vita. Natura, campagna, eros, vita, morte sono forze a cui non si può resistere e che vanno accettate senza remore moralistiche come una certa forma di cattolicesimo sottolinea. Nel canto “Il pecoraio”, per esempio, la moglie, dopo aver invano messo in guardia il marito, si lascia sedurre da “don Ciccille” e sottolinea con un pizzico di soddisfazione: “E vedi quant’è fesso il pecoraio, è buono solo a fare il cornuto!” L’ultima tematica presente nella raccolta è, come dicevo, quella legata alle attività agricole. Come in “Quant’è bello stare in campagna”, “La raccolta delle olive” o “La campagnola”. La semina, la mietitura, la raccolta delle olive, la vendemmia, sono momenti della realtà contadina ma è anche e soprattutto momento di aggregazione. Lavoro, canto, amore, ammiccamento erotico, critica sociale si fondono esprimendo una saggezza in cui la sete di giustizia sociale finisce con l’emergere in modo prepotente. Un’ultima considerazione: il tragico fenomeno dell’emigrazione, iniziato nella seconda metà dell’800 e durato per circa un secolo, ha lasciato una traccia nella memoria collettiva del paese. Questo spiega il riferimento frequente all’America, alla partenza, al ricordo, alla nostalgia presenti in alcuni canti. Concludo plaudendo all’iniziativa di voler reinserire nella memoria collettiva dei guglionesani questi componimenti che, mi auguro, sapranno costituire il cemento dell’identità, soprattutto per le nuove generazioni che non hanno conosciuto il mondo ivi descritto e cantato ma, al quale, inevitabilmente devono rifarsi se vogliono evitare l’omologazione consumistica della globalizzazione che ci sovrasta [L’Introduzione di Filippo Salvatore]”. “Il primo libro pubblicato a cura del maestro Luigi Lemme (Detti e proverbi Guglionesani, Tipografia Usconio, Guglionesi, 1975), mi è stato regalato dall’autore e per me ha costituito un costante e notevole stimolo alla conoscenza e rivalutazione del patrimonio culturale, di tradizione orale, del territorio nel quale vivo. Per Luigi Lemme ho avuto e ho ancora oggi una grande ammirazione, unitamente agli altri protagonisti della prima stagione di raccolta e valorizzazione del patrimonio culturale locale, quali il fotografo Tonino De Santis, il Maestro Fernando Gizzi e Ireneo Santangino. Del primo testo di Lemme ho sempre in mente di curare una nuova edizione che tenga conto di una trascrizione fonetica del dialetto condotta con strumenti maggiormente accessibili e attestati nella trascrizione fonetica delle varie lingue. Gli studi di glottologia e di fonetica, condotti durante il percorso della mia formazione universitaria, mi hanno indotto, negli anni, a sviluppare una diversa trascrizione del dialetto di Guglionesi capace di rendere la pronuncia quanto più aderente alla realtà della parola e, al contempo, accessibile alla lettura. Al riguardo la semplice introduzione accanto alle consonanti, delle vocali, incluse le mute, rende onore al dialetto, allo stesso modo di come siamo abituati ad imparare le lingue. Mi sono dunque interessata all’aspetto linguistico della trascrizione del dialetto come primo evento della conservazione scritta della pronuncia della parola, ad uso di chi il dialetto lo parla, di coloro che lo hanno dimenticato e vogliono rinfrescarlo e, anche, per coloro che non sono di Guglionesi e vogliono entrare in contatto con i prodotti culturali elaborati nella lingua locale. La trascrizione del dialetto cui sono pervenuta attualmente è stato anche frutto di confronto con altri scrittori molisani, in particolar modo ho preso come esempio il libro pubblicato da mio fratello Enzo N. Terzano, Nodi e legami del fanciullo dalle piccole corna (Guglionesi, Tip. Romanelli, 1990; ristampato recentemente in seconda edizione con il titolo Storie popolari sull’anima, Lanciano, Rocco Carabba Ed., 2006). Il testo di Enzo N. Terzano è stato seguito dal professore di Italiano del Dipartimento di Italianistica dell’Università di Bologna, Piero Camporesi, e per questo rappresenta un interessante momento di sviluppo della trascrizione del dialetto di Guglionesi. Nel 1991, l’anno successivo, un altro pregevole lavoro doveva attirare la mia attenzione ed era il Vocabolario ragionato del dialetto di Casacalenda redatto a cura di Antonio Vincelli (Campobasso, Ed. Enne). In seguito, mi sono confrontata e ho cercato di seguire le stesse direttive di grandi esperti di parlate dialettali come, ad esempio, Mario Gramegna (Letteratura dialettale molisana, Campobasso, Ed. Cultura e sport, 1993, 2 voll. e Tradizioni popolari molisane, Campobasso, Ed. Lampo, 2002), e di nutrirmi della scrittura ispirata di molti poeti molisani, dei quali vorrei citare il compianto Giuseppe Iovine (Lu pavone, Campobasso, Ed. Enne, 1984). Sulla scorta dell’esperienza derivata dall’interesse coltivato per lunghi anni ho chiesto alla famiglia di Luigi Lemme, in particolare alla figlia Licia, di poter curare uno dei suoi libri, ancora inedito, dedicato ai canti popolari. Licia ha accolto con particolare favore la mia richiesta e con la fiducia e stima che ci hanno, da sempre, legate, mi ha affidato il prezioso materiale che qui ora vede, finalmente, la luce. Il mio primo lavoro, sul manoscritto di Lemme intitolato Guglionesi nel XX secolo: il canto popolare, è stato quello di curare la trascrizione fonetica dei canti e di fare quindi la traduzione in italiano, entrambi non presenti nella versione originale. Nel manoscritto i canti erano divisi per temi, allo stesso modo di come li potete trovare raggruppati nell’attuale indice. Tuttavia ho ritenuto di aggiungere un nuovo capitolo dedicato ai canti dell’emigrazione per i quali ho creato un gruppo a sé. Nei vari gruppi tematici, individuati nel manoscritto, ho aggiunto altri canti che ho raccolto personalmente registrandoli sul campo dalla viva voce di persone anziane. I canti sono poi stati inseriti nei vari gruppi secondo i criteri stabiliti da Lemme. I canti, che ho raccolto e inserito, vanno a completare ed arricchire il lavoro preesistente e sono: “Ninna nànne” a pagina 38, raccolta dalla voce di Luigina Vitantonio. Si tratta di una ninna nanna per me molto significativa poiché veniva cantata da mia nonna Bersabea Lattanzio, quand’ero bambina, e quindi attestata a Guglionesi, considerando l’età di mia nonna, da circa un secolo. “Mariandonie a cengenare” a pagina 27, una canzone scritta da Antonio De Socio. “A fundanèlle” e “U melenare” a pagina 87 e 99 cantate da Florinda Benedetto. Inoltre, ho aggiunto canti recenti, quali: “Tresenélle” a pagina 89, scritto da Nicolino Sorella nel 1980 e “U pezzecotte” a pagina 90, scritto da Antonio Sisto. Questo lavoro, che mi ha visto impegnata per circa due anni, lo dedico ai compaesani che vivono in tante parti del mondo, affinché, attraverso un canto, possano rivivere il ricordo del loro paese d’origine, delle loro radici, che sebbene non affondino nella terra come per le piante, non da meno lasciano legato per sempre il nostro cuore al posto dove siamo nati” [Premessa di Adele Terzano]. “49. Recurde | Guejenesce ghè nu paiase bbèlle assaie / chi c’è crescieute n’ze le scorde maie / sémbre na tèrrazze assaupre u mare / che guarde virze Trimete e u Gargane. / Ce sctà na casarèlle andò so’ nate / u traunghe de na chiènde sénza vete / che ma recorde angaure du passate / u timbe spenzerate de na vòte. / Ze sfrescèvene i marrocche / ca leuna chiare a mèzze all’are / ze vevave che na brocche / acqua frasche e vene chiare. / Z’abballave chi chianille / ze sendevene cande e sune ze faciave grande fèscta / che nu pède de cecòre. / Rit: Eh mò... / scti cosa bille nen ze fanne cchieu’ Guejenesce, / mò si’ recche, ma pe neu / mò te si’ cagnète peure teu. (bis) / E m’arecorde coma fusse aïre / i camenète abballe pa veja nòve / i ppundamènde arrète a nu pajère / pe je’ assautte a leune a faie amaure. / I caurze arrète i fratte e i mergiàte / pe je’ a rebbaie a freutte appena nate ce sctave a mesèrie, ma a vete / allaure ce tenave tutte agguenete.” Tutti canti presenti sul volume hanno la traduzione in italiano. Per informazioni contattare l’autrice: Adele Terzano, viale Margherita 25, 86034 Guglionesi CB.


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