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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 5/7/2010 ● Click 1914

Salviamo il Molise Adriatico e il territorio di Guglionesi


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Le minacce che incombono su territori e paesaggi non possono sfuggire a chi ha a cuore le sorti della nostra piccola regione e di Guglionesi in particolare il cui agro estesissimo ne faceva il comune più agricolo (anzi, il granaio) del Molise. E’ ora di levare la voce tutti insieme.
In una mia precedente riflessione sul paesaggio come bene culturale osservavo che la campagna non è soltanto un dato geografico, ma costituisce un elemento fondamentale della vita e della cultura di Guglionesi. La bellezza della campagna guglionesana non è solo una cosa degna di contemplazione e basta. Rappresenta altresì il volano di gran parte dell’economia cittadina. Concludevo quelle brevi annotazioni dicendo sì ad un approccio più dinamico con il paesaggio, disponibile ad accogliere e orientare le trasformazioni con uno sguardo proiettato verso il futuro, ma sempre in una logica di equilibrata ecosostenibilità. No, dunque, all’autolesionismo ambientale. Nella realtà odierna, per contrastare la frenetica “corsa all’oro” delle energie cosiddette rinnovabili coi progetti regionali di mega-eolico e mega-fotovoltaico incompatibili con l’ambiente, ritengo occorra rendere edotta l’intera cittadinanza con una capillare campagna di informazione circa i rischi che si corrono in termini di perdita delle bellezze paesaggistiche e culturali in zone pregiate e ancora incontaminate del territorio guglionesano, nonché del rischio di probabili infiltrazioni criminali interessati a facili guadagni connessi alla corsa selvaggia alle ‘rinnovabili industriali’. E’ augurabile quindi che vengano illustrate chiare e distinte proposte per incentivare fonti rinnovabili di energia sviluppate in forme ecosostenibili di autogenerazione diffusa (come l’eolico di piccola taglia che può essere inserito in una determinata tipologia di territorio, il fotovoltaico integrato, il solare termodinamico e la geotermia). Pertanto, il Comitato bipartisan che si è recentemente costituito a Guglionesi per la salvaguardia e la tutela del territorio contro l’eolico selvaggio valuti l’opportunità di presentare eventuali ricorsi nelle sedi giurisdizionali regionali e nazionali (nonché in sede internazionale) contro quei progetti ritenuti lesivi e/o incompatibili con l’ambiente e il paesaggio. Si tengano presenti al riguardo i contenuti della ‘Convenzione europea del Paesaggio’ promossa dal Consiglio d’Europa, ratificata con legge 9 gennaio 2006. Tale atto solenne riconosce alle comunità locali un ruolo centrale nell’identificazione, nella tutela e nella valorizzazione del paesaggio. Dunque le minacce inconbono, ma siamo ancora in tempo per salvare il salvabile.
Per quanto riguarda poi il piano di localizzazione delle centrali nucleari, il Molise non ci deve stare sia perché tale scelta è incompatibile con il suo modello di sviluppo (Green Economy, Turismo, Cultura) sia come gesto risarcitorio dopo lo scempio subito per l’eolico selvaggio e per la turbogas. Insomma, il Molise non può essere visto come terra di conquista. Purtroppo, la sua attuale classe dirigente viene portata alla gloria dei tg nazionali unicamente per le inchieste sui suoi sprechi. A proposito dei quali, leggo su ‘Europa’(2 luglio 2010) questa prelibatezza: “Esattamente due anni fa, Repubblica calcolava che su 550 milioni erogati dallo stato per il terremoto di San Giuliano, il governatore-commissario al terremoto ne aveva investiti per la ricostruzione solo 248. Molto meno della metà. E gli altri? Itinerari sentimentali, centri di equitazione, officine del gusto, museo della zampogna, rete sentieristica nel bosco, finanziamento del reality di Mediaset On The Road, valorizzazione della patata turchesca, trasferimento di api, tappa del concorso Miss Italia, e altre necessità primarie. Chi ha detto qualcosa su questi sprechi? I governanti, gli elettori, i magistrati? E allora perché meravigliarci se uno stato ridotto a spendere più del doppio per ricostruire una zona terremotata, poi ci terremoti tutti, cambiando nomi a vecchie tasse (vedi Ici) o mettendo nuovi caselli autostradali”.
E’ irreversibile questa situazione più incline alla rassegnazione che al riscatto etico? Dobbiamo rimpiangere l’Ottocento quando i demografi borbonici definivano abruzzesi e molisani “non i più buoni ma i più seri del reame”?
Credo siano queste le domande che vanno al cuore del problema: la necessaria alleanza tra politica ed etica della responsabilità.


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